In breve:

Editoriale

125

La lunga storia dell’Orientale Sarda

di Augusta Cabras
Avere notizie sui nuovi e imminenti lavori per il completamento della nuova 125 è un’ardua impresa. Anzi è un’impresa impossibile.

handicap

Gina e Andrea. L’amore in uno sguardo

di Augusta Cabras
Una mamma e il suo figlio disabile. La storia di un amore vero, forte, grande. E di un lungo dispiacere: dover prendere atto che nel nostro territorio manca una struttura non ghettizzante, ma aperta alla comunità, dove i ragazzi con disabilità possano svolgere attività diverse, manuali, sportive, creative, seguiti da personale specializzato.

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Giubileo dei giovani a Lanusei

Sono stati tantissimi i ragazzi della nostra diocesi che il 24 aprile hanno risposto alla chiamata “per nome” a partecipare alla giornata giubilare che il vescovo Antonello Mura ha voluto dedicare loro, nell’incontro di riflessione a Lanusei sulla loro fede. L’ufficio diocesano di Pastorale Giovanile ha accolto e gestito l’evento, primo passo verso una maggiore responsabilità nei confronti delle tematiche della fede e in direzione della propria crescita personale. Un incontro fatto anche di riconciliazione che si è concretizzata nella visita al luogo diocesano della misericordia, e che si è aperto con un intenso incontro che ha significativamente avuto luogo nel salone del centro Caritas. Il primo a parlare è stato proprio il vescovo che nella lectio divina, traendo spunto dal brano evangelico del giovane ricco, ha ricordato ai presenti come «seguire Cristo non è un affastellarsi di rinunce, ma un susseguirsi di moltiplicazioni di vita»; come allora, Gesù chiede ancora oggi a tutti i giovani di «lasciare tutto per avere tutto», e li riconosce e ama singolarmente («non siamo solo guardati, ma siamo visti»).
È stata poi la volta di un dibattito-intervista che il vescovo Antonello ha voluto personalmente condurre di cui sono stati protagonisti Silvia Melis, suo figlio Luca Usai e Carlo Cabras: oltre un’ora intensa e coinvolgente che ha tenuto tutti col fiato sospeso. Inizialmente sono state le parole di Silvia Melis, nel 1997 (all’epoca aveva 28 anni) ostaggio dei banditi, che ha narrato il cammino di perdono dei suoi sequestratori: un’esperienza di riconciliazione con chi l’ha rapita e con la sua stessa vita che le è stata rubata per 265 giorni. «Non puoi riuscire a superare le tue esperienze di dolore – ha detto la donna – se non ti riconcili con gli altri e con te stessa: solo il perdono per il male che ti è stato fatto, può consentirti di ricominciare una vita serena». A farle il controcanto è stato suo figlio Luca, che all’epoca del sequestro aveva 5 anni, e che era stato abbandonato dai banditi nell’auto della madre: «Non ho mai pensato di rimproverare nessuno, ma penso sempre che sia necessario ripartire: mi sento sempre in debito con Dio perché mi ha restituito viva mia madre». Cosa ti è costato di più?, ha insistito il vescovo con Silvia. «Certo, durante il sequestro a volte mi è venuto di chiedermi dove fosse Dio e perché mai permettesse quella cosa orribile che stavo vivendo. Ma in quelle lunghe giornate e, soprattutto, in quelle lunghe notti mi ha sempre soccorso la preghiera che mi ha consentito di trovare la forza per andare avanti». Disperata? «Mai. Ho considerato quei giorni, mentre li vivevo, un’occasione straordinaria che mi era donata per far crescere la mia fede, e sperare senza riserve in Colui che tutto può era tutto quello che mi restava da fare». Hai mai incontrato chi ti ha sequestrato? «No. Quelle persone erano e sono rimaste anonime, anche se durante il sequestro ha perfino cercato di dialogare con loro per provare a capire il senso del loro gesto».
È stata, quindi, la volta di Carlo Cabras, 32 anni, originario di Sorso, con alle spalle una lunga esperienza di volontariato in Kosovo, Uganda e Iraq, sempre in situazioni di frontiera. È stato uno svago il tuo andare in giro? «No – ha risposto il giovane alla provocazione del vescovo -. È stata una felice scelta di vita: sono stato papà, amico, fratello di tanti sofferenti … Dal di fuori può perfino sembrare un macello, la mia vita; ma per me è un capolavoro. Quei volti sfasciati, quei corpi mutilati dalla guerra mi accompagnano sempre: è la vetrata in cui mi si manifesta Dio». Carlo ha, quindi, narrato i due incontri più straordinari della sua vita, quello con un coetaneo portatore di handicap («non sono io l’handicappato – gli aveva detto quello -, sei tu») e quello con don Benzi, incontrato una notte quasi di sfuggita: «il suo sguardo mi ha dato la docilità e la forza di vivere integralmente il vangelo. Dovunque mi mandi io vado, mi sono detto quella notte». Poi il racconto della guerra vista in presa diretta, il terrore per le autobombe scoppiate appena fuori casa e gli interrogatori e le ispezioni della polizia che poco si fidava di lui. La cosa più bella che ti sia capitata? «Il sorriso dei feriti quando li chiamavo per nome e il sentirmi, a mia volta, chiamare baba (papà) da tanti bambini resi orfani dalla guerra».
Al termine, dopo un fuoco di fila di domande da parte di tanti che volevano saperne di più, tutti a compiere il pellegrinaggio penitenziale alla porta santa, con un’attenzione e una partecipazione che il vescovo ha voluto personalmente sottolineare.

GIOVEDì

Nuove nomine in diocesi

Al termine della Messa Crismale in Cattedrale che ha visto riuniti attorno al Vescovo, presente anche mons. Antioco Piseddu, i presbiteri e i diaconi, oltre alle religiose e religiosi, seminaristi e una significativa presenza proveniente dalle comunità parrocchiali, mons. Antonello ha comunicato alcune nomine:

Don Michele Loi, finora parroco della parrocchia di Santa Marta in Talana, viene nominato parroco di S. Erasmo a Jerzu;
Don Vincenzo Pirarba, finora parroco della parrocchia San Giovanni Battista in Arzana, viene nominato parroco della parrocchia di Santa Marta in Talana;
Don Michele Congiu, finora parroco di San Valentino in Sadali e Amministratore della B.V. Immacolata in Seulo, viene nominato parroco della parrocchia di San Giovanni Battista in Arzana;
Don Giuseppe Sanna, finora parroco della parrocchia di santa Maria Maddalena in Seui, viene nominato parroco della parrocchia della B.V. Immacolata in Seulo e Amministratore della parrocchia di san Valentino in Sadali;
Don Joilson Macedo, finora Vicario parrocchiale della parrocchia di San Giorgio Martire in Villaputzu, viene nominato parroco della parrocchia di Santa Maria Maddalena in Seui;
Don Filippo Corrias, finora collaboratore della parrocchia Cattedrale di Santa Maria Maddalena, viene nominato parroco della parrocchia di Sant’Elena in Gairo.

Gli ingressi dei nuovi parroci avverranno durante l’estate e saranno comunicati prossimamente.
Il Vescovo ha ringraziato i presbiteri chiamati a nuovi compiti, anche a nome di tutta la comunità diocesana, perché hanno accolto con disponibilità e sollecitudine pastorale gli avvicendamenti indicati, manifestando ancora una volta atteggiamenti di autentica comunione presbiterale ed ecclesiale. Un particolare ringraziamento è stato rivolto a don Tito Pilia, attualmente parroco di Gairo, che lascerà l’impegno parrocchiale dopo un servizio ministeriale sempre ricco di passione e di amore alla Chiesa.
L’Ogliastra – Marzo 2016
www.ogliastraweb.it
Video
Requiem contemporanei
Fotosintesi
Celebrazioni delle Cresime ad Arbatax – 28.02.2016

ADOZIONI

Adozioni. Una scelta d’amore

di Augusta Cabras

La scelta dell’adozione è complessa e segnata da un circuito d’amore che viene donato e ricevuto.

SUORE

La vita consacrata. Donne e uomini dell’incontro

Il 2 febbraio, il giorno della presentazione di Gesù al tempio, i religiosi della diocesi di Lanusei si sono incontrati nel Santuario della Madonna d’Ogliastra insieme a tanti laici, per pregare con la celebrazione della messa per il dono che i consacrati rappresentano per tutta la Chiesa.

di p. Enrico Mascia

La santa Messa è stata presieduta dal vescovo Antonello. La ricorrenza di quest’anno è stata particolarmente sentita perché si poneva a conclusione di un intero anno indetto da Papa Francesco, a partire dal 30 novembre 2014, per meditare e pregare sul valore per la Chiesa e la società della vita consacrata.
Nella sua Lettera apostolica papa Francesco aveva chiesto ai religiosi di ritornare con gratitudine alle origini del carisma del proprio istituto religioso, così da rinsaldare l’identità e coglierne la scintilla ispiratrice; di vivere il presente con passione, in ascolto dello Spirito e delle esigenze della Chiesa a partire dal Vangelo, lasciandosi interpellare dall’affermazione paolina «Per me vivere è Cristo» (Fil. 1, 21) e, inoltre si era augurato che i religiosi abbracciassero il futuro su una speranza non fondata sui numeri né sulle opere.
Durante l’omelia il vescovo ha ricordato il motivo per cui il giorno della presentazione di Gesù al tempio ricorra anche la giornata della vita consacrata. Giuseppe e Maria quando portarono Gesù al tempio rispettavano la tradizione ebraica secondo cui la consacrazione dei primogeniti al tempio aveva il significato di sottomissione a Dio così come lo avevano fatto i padri nei giorni dell’Alleanza. Il profeta Simeone che accolse il piccolo Gesù disse di Lui: «Luce per illuminare le genti». Gesù, infatti, ha ricordato il nostro vescovo, diviene la luce per tutto il mondo nel suo atto di consacrazione che si compirà poi nella sua Passione, morte e resurrezione. Così anche coloro che si consacrano a Lui e sono decisi a seguirlo nella sua passione e morte, per seguirlo nella Sua resurrezione saranno luce per illuminare le genti.
La Chiesa diocesana ha bisogno e guarda ai consacrati come a coloro che seguono in prima linea Gesù, e che lo seguono di più. Il vescovo ha invitato i presenti a lodare il Signore per il dono della vita consacrata nella Diocesi. «Una presenza – ha detto – non numericamente elevata, ma significativa perché pone a servizio della Chiesa locale doni e servizi che raggiungono i bambini e i genitori nelle scuole materne, gli anziani nella casa di riposo, i bisognosi non solo di pane nella sede Caritas, oltre al servizio di guida di una comunità parrocchiale. Siate tutte e tutti – ha aggiunto -come dei profeti di quella luce che è Cristo per noi; fatevi apprezzare non tanto per le opere ma per l’opera che Dio costruisce in ciascuno di voi, chiamandovi ad amare e a servire nella Chiesa».
Il vescovo anche voluto ribadire che il dono dei religiosi e delle religiose non consiste nelle loro opere ma nel dono della loro persona, sono essi stessi, infatti, opera della misericordia di Dio; essi, infatti, sono luce perché sono memoria vivente della sequela a Cristo come unica ragione essenziale dell’esistenza di tutti. Il popolo faticherebbe di più a vivere la propria vita di fede se non ci fossero i religiosi che lo aiutano nella memoria di Cristo: «Il popolo di Dio vedendovi – ha detto -, comprenda quanto sia bello seguire il Signore nelle vie di una consacrazione definitiva e totale. A nome della Chiesa locale vi chiedo di accettare come Maria le prove che appartengono a chi segue Gesù e vi auguro che non vi manchi fantasia e forza per testimoniare la misericordia di Dio, senza la quale perderemo i bambini e i genitori, gli anziani e le nostre comunità, che invece ci stanno a cuore come la nostra stessa vita».
Il vescovo ha concluso invitando i presenti a prendere esempio da Simeone che fu profeta nel riconoscere la divinità di Gesù e dalla fede e dallo sguardo misericordioso di Maria, modello di tutti i consacrati. Le opere degli ordini religiosi non sono altro,infatti, che il tentativo di comunicare la misericordia di Dio, come ha anche augurato papa Francesco dedicando un anno alla vita consacrata, non a caso legato all’anno giubilare della misericordia, così investendo i religiosi del compito di svegliare il mondo, quali esperti di comunione, perché sempre pronti a uscire da se stessi per andare nelle periferie esistenziali dell’uomo di oggi.