In breve:

Editoriale

nikon-d3200-018

Chiuso il Giubileo: tutta la Diocesi attorno al suo Vescovo

Si chiude con un forte messaggio di speranza e un richiamo a rinvigorire gli animi, il giubileo della Misericordia, nella diocesi di Lanusei. A pronunciarlo, il vescovo Antonello Mura che, partendo dalle parole del vangelo domenicale parla ai numerosissimi fedeli giunti da ogni parte nel capoluogo diocesano.
È gremito il Santuario della Madonna d’Ogliastra. Come nelle occasioni più belle. Sono le 17 quando la processione di sacerdoti e diaconi delle 34 parrocchie, insieme al loro pastore, fanno il loro ingresso solenne nella chiesa che dall’alto abbraccia l’intera cittadina e guarda fino al mare. Animata dal coro “Divinae Gratiae” guidato dal direttore Tonino Loddo, la Santa Messa è stata ancora una volta il culmine dei tanti momenti di condivisione e ringraziamento vissuti nell’Anno Santo appena concluso.
«Ogni fine segna sempre un nuovo inizio – ha detto il presule ogliastrino nella sua omelia – l’ottica ideale per cogliere un appello importante per la nostra vita presente e futura, e insieme un’occasione per rinnovare il nostro sguardo sul tempo che stiamo vivendo e rinvigorire lo slancio».
Parole, quelle del vescovo di Bortigali, che hanno incoraggiato in più di un’occasione l’assemblea di fedeli, invitandola a lasciare da parte “il pessimismo di chi non vede nessuna luce nel futuro”, ad essere “levatrice dell’aurora”, a saper scorgere “la gemma che spunta nell’albero che secca”. Ma che, al tempo stesso, non ha risparmiato un richiamo deciso alle cattive abitudini di tanti “cristiani della domenica, che insistono su atteggiamenti che poco o nulla hanno di cristiano, tutti tesi all’essere e all’avere, a cercare “letture di sé per altre strade”, incapaci di vedere ciò che unisce, ma sempre pronti a sottolineare ciò che divide”.
Nessuna porta chiusa, dunque. O meglio: «Una porta santa che fa capire come Cristo apra tutte le porte – ha proseguito Mura – sempre e comunque, oltre tutte le violenze che caratterizzano spesso anche le nostre realtà. Non lasciamoci ingannare, recuperiamo tutta un’altra sapienza, aggrappiamoci alla perseveranza, che è anche costanza, resistenza, fermezza».
Accorato il ringraziamento al termine della celebrazione verso tutti i sacerdoti, per il lavoro costantemente svolto nelle comunità parrocchiali, alle autorità civili e militari che con non poca fatica sono presenti e lavorano per il bene comune, ai frati Cappuccini, “realtà importante della nostra diocesi”: «Che questo sia per tutti un nuovo inizio, come comunità, come cristiani».

concorso-presepi

VIII° CONCORSO DIOCESANO PRESEPI

Quale immagine di parrocchia ci arriva dal presepio?
E’ il tema dell’edizione 2016 del Concorso diocesano.

Regolamento. Il tema proposto si colloca all’interno della riflessione sulla parrocchia che vuole interpellare la diocesi nell’anno pastorale 2016-2017.
Ai partecipanti è chiesto di manifestare creativamente almeno un’immagine attuale della parrocchia che si può cogliere osservando i personaggi presenti nel presepio. I criteri che verranno adottati per le premiazioni terranno quindi conto della tecnica di realizzazione, del valore estetico, ma soprattutto dell’attinenza al tema.
È necessario comunicare l’adesione entro il 18 dicembre 2016, segnalando la propria iscrizione a una delle seguenti sezioni:

  • Parrocchie, comprendente i presepi delle chiese, quelli delle famiglie e dei rioni.
  • Scuole di ogni ordine e grado.

L’iscrizione comprende:

  • Dati personali e numero telefonico del referente;
  • Sezione in cui ci si iscrive;
  • L’indicazione del luogo, con indirizzo, in cui si trova il presepe che è stato realizzato.

Occorrerà inoltre allegare alcune foto del presepe, una con vista completa, le altre con alcuni dettagli significativi. Una Commissione diocesana visiterà i presepi e stilerà le graduatorie per la premiazione, assegnando un premio di euro 400,00 al miglior presepe di ciascuna delle due sezione, e un premio di euro 100,00, sempre per ogni sezione, quando venga riconosciuto un particolare valore dell’opera realizzata. La premiazione avverrà nel corso di una manifestazione pubblica.
Le adesioni dovranno pervenire alla Segreteria della Commissione diocesana comunicando all’indirizzo di posta elettronica: segreteria.curialanusei@gmail.com oppure tramite l’indirizzo postale: Curia Vescovile, Via Roma 102, 08045 Lanusei.

logo-anno-santo

Si chiude l’Anno Santo della Misericordia. Domenica la S. Messa al Santuario

Si conclude l’Anno Santo straordinario della Misericordia.
Domenica 13 Novembre, alle ore 17.00, nel Santuario

battesimo

Padrini e madrine nella pratica dell’iniziazione cristiana

In un documento approvato ad experimentum per tre anni dai vescovi della Sardegna, le nuove linee-guida sul ruolo dei padrini e delle madrine nei sacramenti dell’iniziazione cristiana e sulle modalità della loro scelta. Nasce la figura del testimone.

I vescovi della Sardegna, nella seduta della Conferenza Episcopale Sarda del 17-18 ottobre scorso, hanno offerto ai presbiteri e ai fedeli alcune innovative linee di orientamento sul tema dei padrini e delle madrine nella pratica dell’iniziazione cristiana. Dopo aver ribadito che la comunità ecclesiale si deve adoperare per formare dei cristiani autentici e non solo dei “battezzati”, i vescovi hanno riaffermato «che tutta la comunità ecclesiale e, in concreto, tutta la comunità parrocchiale, si deve sentire responsabile dell’iniziazione cristiana dei fanciulli, dei ragazzi e degli adulti», chiamata – com’è – «a vivere questa responsabilità come vera e primaria missione evangelizzatrice». In particolare, nell’esaminare il percorso dell’iniziazione cristiana, dal Battesimo alla Confermazione, passando attraverso la partecipazione piena e consapevole all’Eucaristia, hanno richiamato il ruolo insostituibile dei genitori, quello dei catechisti, dei padrini, degli altri familiari e degli amici, e, ovviamente, quello del parroco.
Per quanto riguarda, in modo specifico, il ruolo dei padrini e delle madrine, oltre a sottolineare che, alla luce della normativa generale della Chiesa, deve essere previsto un solo padrino e una sola madrina per il Battesimo e un solo padrino o una sola madrina per la Confermazione, hanno anche invitato le comunità a riflettere sul «grande valore che il padrinato ha assunto lungo i secoli nella Chiesa, quale segno efficace della partecipazione del popolo di Dio alla crescita spirituale dei fedeli», e ammonito a sfuggire alla «tentazione di vedere nella richiesta della presenza dei padrini una sorta di adempimento formale o di consuetudine sociale in cui rimane ben poco visibile la dimensione di fede», richiamando nel contempo alla necessità di pensare «percorsi essenziali di preparazione insieme ai genitori, affinché i candidati a essere padrini riflettano sull’assunzione di responsabilità connessa con questo ruolo e sulla loro testimonianza di fede».
I vescovi, con attenzione pastorale hanno anche esaminato il caso in cui la persona che si desidera designare come padrino o madrina manchi di qualcuno dei requisiti necessari; in tale circostanza, si concede che tale persona possa essere designata come testimone del sacramento, giacché esprime una positiva vicinanza parentale, affettiva ed educativa. Resta ovviamente inteso che anche per il testimone è da prevedere un percorso di formazione al sacramento che si celebra; i padrini e gli eventuali testimoni, infatti, «non devono essere figure isolate ma vanno inseriti nel cammino che la comunità parrocchiale compie in vista dell’iniziazione cristiana dei candidati», compiendo «un percorso di preparazione personale, per approfondire il significato del sacramento che sarà celebrato e per saper offrire al neo battezzato e al neo cresimato un serio aiuto spirituale per la sua vita cristiana».
A tutti, infine, genitori e familiari, catechisti, padrini e testimoni, i vescovi affidano «il compito di continuare l’impegno dell’accompagnamento educativo cristiano anche dopo la celebrazione del sacramento», in collaborazione con il parroco, come pastore che rappresenta il vescovo in ciascuna comunità parrocchiale. A questo riguardo, nel documento si ricorda anche che il sacerdote abilitato a rilasciare il certificato d’idoneità per il padrino o la madrina è il parroco dove si ha il domicilio o il quasi domicilio.

bus

I balenti del pullmann

di Augusta Cabras
La notizia rimbalza velocemente. Il passaparola ha inizio e il web fa la sua parte. Ancora una volta si racconta di un atto di vandalismo sul pullman dell’Arst che riaccompagna gli studenti a casa dopo una mattinata passata a scuola. Il cuore della notizia è che alcuni ragazzi delle scuole superiori, nel tempo del tragitto scuola-casa distruggono un pullman. Sedili divelti, strappati, segni di un atto vandalico la cui origine non è chiara. Perché la domanda è solo una ma le risposte possono essere tante.
Perché un gruppo di ragazzi sente la necessità di distruggere qualcosa che, se anche non gli appartiene personalmente, dovrebbe considerare, per quel senso civico che dovremmo possedere, cosa di tutti e quindi anche cosa propria? Da dove nasce un gesto come questo? Dalla rabbia? Dalla noia? Dalla voglia di infrangere le regole e spostare il limite delle proprie azioni? O dalla necessità di affermare Io ci sono e questo è il mio modo di farvelo sapere? O è forse voglia e desiderio di far vedere a se stessi e agli altri di cosa si è capaci e fino a dove si riesce ad arrivare? O nasce da quella cosa che localmente chiamiamo balentia? Difficile dare una risposta certa e univoca quando si parla di ragazzi che attraversano anni di continua evoluzione. L’input al gesto è forse solo una delle cose sopra scritte, o forse tutte o forse nessuna.
Franco Tegas, sindaco di Talana, paese dei ragazzi protagonisti del pessimo gesto, amareggiato e addolorato per quanto accaduto non lascia correre l’episodio e chiama a raccolta genitori e figli in un’assemblea partecipata. Il fatto che in tantissimi abbiano risposto al mio appello lo considero il segnale di un interesse verso i ragazzi e la loro educazione e il segno di una sensibilità che condanna gesti e comportamenti inaccettabili. Il Sindaco Tegas è determinato. È consapevole delle difficoltà oggettive legate all’età dei ragazzi ma non vuole cedere terreno alla possibilità che attorno a loro ci sia quel vuoto su cui si possono sviluppare e sedimentare comportamenti, stili, atteggiamenti negativi che si ripercuotono sulla vita dei ragazzi, delle loro famiglie e di tutta la comunità. Lo ha fatto in questa occasione ma molto il suo Comune fa e continuerà a fare per l’educazione, attuando progetti specifici per bambini e ragazzi, mettendo in campo professionisti in ambito sociale, educativo, culturale, investendo importanti risorse economiche in un momento in cui i tagli indiscriminati ai fondi per gli Enti Locali non lasciano molto margine d’azione.
La tendenza è quella di costruire o almeno di provare a costruire e rafforzare la cultura del rispetto, dell’accoglienza, del riconoscimento del bello negli altri, nella natura, nelle cose. Il cammino da fare è lungo e impervio ma l’educazione dei bambini e dei ragazzi rappresenta la sfida più importante e impegnativa a cui le istituzioni insieme alle famiglie sono chiamate, in un lavoro di rete, supporto e condivisione di metodi, strategie, azioni e obiettivi. Famiglia, scuola, parrocchia, associazioni per il tempo libero devono lavorare compatti, disponendo tutte le energie possibili per far crescere bambini e ragazzi rispettosi di sé stessi, del prossimo, delle cose, delle regole per il vivere civile. Sembrerebbe facile negli intenti e nella volontà di ogni soggetto che educa ma le difficoltà sono immense. E forse lo sono sempre state. Perché quando si parla di umanità non abbiamo ricette valide a priori o bacchette magiche che agevolano il lavoro. La complessità di ciascuno rende il lavoro educativo altrettanto complesso.
Di fronte a episodi come quello più recente viene da chiedersi dove si stia sbagliando con i bambini e con i ragazzi. Il senso di fallimento degli adulti e soprattutto delle famiglie dei ragazzi protagonisti di gesti vili è grande quando ci si rende conto di non essere riusciti a trasmettere valori basilari come il rispetto. Ma si sa, i bambini e i ragazzi imparano molto dagli adulti. Non ci resta che chiederci che esempi siamo capaci di dare, che linguaggio usiamo, che pensieri esprimiamo, che atteggiamenti abbiamo e quanto di tutto questo trasferiamo ai nostri figli in maniera volontaria e involontaria. Non ci resta che chiederci quando siamo credibili agli occhi dei nostri ragazzi quando parliamo loro di rispetto delle regole, di onestà, di bene. Loro ci guardano, ci osservano, forse ci imitano e colgono l’aderenza o lo scollamento tra il nostro dire e il nostro essere. Avere questa consapevolezza può spaventare ma costituisce di fatto il grande potere che abbiamo in mano, perché siamo noi a poter offrire ai nostri figli una linea da seguire, i valori positivi su cui potranno costruire la loro vita e gli appigli a cui sostenersi nei momenti di debolezza e incertezza. In ogni caso di fronte al male generato da azioni negative non ci si può abbattere e fermare. E’ necessario che i genitori per i loro figli e le comunità per tutti i cittadini agiscano e reagiscano al di là dell’indignazione e lontane dal rischio di giustificare comportamenti ingiustificabili. I ragazzi non possono essere protetti e spalleggiati. I ragazzi vanno messi di fronte alle proprie responsabilità, ripresi con forza e senza sconto alcuno e aiutati nel riconoscimento dell’errore e delle sue conseguenze. Ma questo non può bastare. Chi commette un errore va aiutato e sostenuto nel riconoscimento costante di una strada retta da seguire. Perché in ogni ragazzo c’è un terreno da cui può nascere il bene. E questa è la nostra speranza.

ciotti-2

Se la legalità non è un valore ma un prerequisito

di Augusta Cabras

Parla anche di politica, don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, nell’ultima delle serate organizzate dalla diocesi nel contesto delle iniziative della Pastorale del turismo.