Editoriale
Politiche del lavoro al passo coi tempi e risposte concrete
di Mario Girau.
Una mattinata di dialogo e ascolto con protagonisti i giovani, con le loro aspettative, i loro sogni, ma anche le richieste per uscire da una marginalità decisionale che troppo viene subita.
Su questo rovesciamento di prospettiva si è sviluppato il primo convegno di Pastorale sociale e del lavoro, organizzato dall’Ufficio regionale, svoltosi a Cagliari lo scorso 23 novembre.
Il tema del lavoro è stato analizzato sotto diversi aspetti. Un concetto, quello del lavoro, che negli ultimi 30 anni si è notevolmente modificato. Le testimonianze hanno visto protagonisti ragazze e ragazzi nati alla fine dello scorso secolo, e che oggi si ritrovano in mano un titolo di studio con che con fatica riescono a spendere, alla luce di aspirazioni decisamente mutate: il lavoro non più solo un mezzo di sostentamento economico, ma uno strumento capace di realizzare la persona nella sua integrità. Una richiesta indirizzata al mondo degli adulti, a chi ha potere decisionale.
Si è trattato, insomma, di una conferenza sul lavoro organizzata in stile Papa Francesco: «Solo quando incontriamo le persone possiamo dire di cominciare a comprendere le situazioni e i problemi che vivono. È il valore riconoscitivo della testimonianza, che ci permette di conoscere le situazioni».
Sono stati i giovani protagonisti dell’incontro tra realtà diocesane, operatori economici e interlocutori politici su “Le sfide epocali del nostro tempo”. Scelta voluta per dare voce alle vere “vittime” di un asfittico mercato del lavoro locale, di una regione “pessimista” dove non si ha il coraggio di mettere al mondo figli (4,6 per mille i bambini nati nel 2023, record nazionale di denatalità) perché il lavoro è precario, i servizi in alcuni settori montagne da scalare, istruzione e formazione sempre sottodimensionate rispetto alle esigenze della rivoluzione digitale e del mercato globale.
Gli under 30 interpellati hanno messo sul tavolo non ricette per risolvere l’emergenza occupazione, ma attese e condizioni per non fare le valigie e cercare fortuna in altre regioni se non all’estero. Un viaggio di sola andata verso altri stati e regioni, fatto l’anno scorso da diverse migliaia di persone.
Francesca (27 anni, psicologa, residente a Villacidro): «I giovani – dice – non cercano soltanto il posto, ma anche la possibilità di un tempo per la vita privata, un lavoro agile, competenze flessibili, con le donne non più svantaggiate».
Emanuele (25 anni) fresco laureato in economia manageriale: «Il lavoro è anche il modo di lasciare un’impronta nella mia comunità d’origine, deve consentirmi di realizzarmi nella vita privata e un salario per costruire una famiglia. È arrivato il tempo – sostiene il giovane – di parlare del lavoro fin dai primi anni della scuola superiore e attrezzare, con percorsi di orientamento, gli studenti per le sfide post-diploma».
Carla Cossu (20 anni, dorgalese, studia scienze politiche): «Il mio paese non vive la piaga dello spopolamento, il binomio turismo-agropastorizia sostiene la demografia locale e la coesione comunitaria ha permesso numerose iniziative di solidarietà durante il Covid. Il rischio emigrazione è dietro l’angolo tutte le volte che si cerca quello che un piccolo centro abitato non può dare: lavoro, servizi, quando ci si accorge di essere periferie della società, senza prospettive di vita».
Alla ricerca di quello che non c’è in Sardegna gli oltre 7 mila studenti universitari sardi iscritti in Atenei italiani o stranieri. Molti non torneranno, trattenuti da maggiori opportunità di lavoro e buste paga più pesanti oltre Tirreno, a volte rinforzati anche da “affetti continentali”. È, invece, riuscito a conciliare sogni e realtà Piero (imprenditore calangianese, 41 anni, laureato) che ha preferito far impresa a Olbia nella rigenerazione urbana piuttosto che mettersi in fila per raggiungere una cattedra universitaria: «Terra, lavoro, casa, nonostante tutto – dice – rimangono le aspirazioni di ogni giovane».
Gilberto Marras, direttore generale di Confcooperative Sardegna nonché delegato regionale della Pastorale sociale e del lavoro – intervistatore dei giovani davanti all’arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi e alla presidente regionale Anci, Daniela Falconi – spiega il fiato corto del mercato del lavoro sardo: «Nel 2023 la popolazione attiva ha raggiunto quota 636mila, tasso di disoccupazione in calo soprattutto per le donne. Ma il valore aggiunto generato dal lavoro rappresenta solo un terzo del totale, il resto è andato a favore della rendita patrimoniale. Inoltre il 20-22% del valore aggiunto è gestito dall’economia informale. È necessario intervenire sulle politiche del lavoro, spostando l’attenzione sul potenziamento delle competenze dei lavoratori, attraverso una formazione professionale che deve ritornare a essere una priorità, realizzando corsi in collaborazione con le imprese locali. Creando incentivi per percorsi ingresso e uscita dal mondo del lavoro per far sì che i costi di assunzione siano ridotti».
L’arcivescovo cagliaritano, delegato dell’episcopato sardo per i problemi sociali e il lavoro, ha voluto un convegno pastorale laboratorio: problemi concreti sul tavolo e i giovani protagonisti. «Compito della Chiesa – dice il presule – è incontrare e accompagnare uomini e donne nella loro vita quotidiana. Per Papa Francesco amare le persone significa amarle dentro il loro cammino. Concretezza vuole anche il Concilio, quando chiede di presentare il Vangelo in modo adeguato al tempo in cui viviamo». E sottolinea: «I giovani combinano due aspetti: il primo è l’attesa futura, il secondo è il loro presente». Così mons. Baturi ha sintetizzato la condizione di ragazzi e ragazze, alle prese con i due elementi capaci di generare una scintilla, «come si insegna a scuola», ha ricordato l’Arcivescovo, «una potentissima immagine – ha evidenziato – di cosa sia la dignità dell’uomo, che deve desiderare un di più per sé e per i suoi cari, in termini di dignità, di qualità di vita, un di più, come è stato detto più volte, di senso, di scopo, di ragione per cui vivere e faticare».
Letture moderne della realtà sarda sollecita, infine, alle istituzioni Daniela Falconi, presidente Anci Sardegna: «Quando in un paese una scuola chiude è una grave perdita sociale, culturale, educativa. Lo spopolamento – dice la sindaca di Fonni – richiede una nuova organizzazione scolastica, che nasce, come in altri campi, da processi legislativi rinnovati in grado di generare politiche adeguate al cambiamento d’epoca. Se vogliamo invertire la tendenza allo spopolamento delle zone interne sarebbe opportuno che le amministrazioni locali ricevessero i fondi in dotazione, lasciando libera scelta sulla destinazione, in modo da realizzare progetti effettivamente necessari alle nostre comunità».
Giustizia. I dati sull’attività del TEINO nell’anno 2023
di Ernest Justin Beroby
vicario giudiziale
Il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Nuoro – Lanusei (TEINO), nato per volontà dei Vescovi monsignor Mosè Marcia e monsignor Antonello Mura, ufficialmente attivo dal 2017 col Decreto della Segnatura Apostolica, in questi anni si è mostrato molto attento a dare sollecita risposta ai bisogni dei fedeli delle due Diocesi segnati dalla ferita di un amore spezzato.
Proprio riguardo il processo di nullità matrimoniale, in forma sintetica, si espongono alcuni dati sull’attività del Tribunale nell’anno 2023.
Al 1° gennaio 2023 risultavano pendenti 13 cause, e nel corso del 2023, sono stati introdotti 15 libelli di cui undici cause sono per il processo ordinario, due cause per il processo più breve, e altre due cause “super rato”. Pertanto, il totale di cause trattate nell’anno 2023 è di 28, di cui quelle terminate risultano 14.
Tra le cause terminate, ci sono 11 cause del procedimento ordinario con sentenze affermative e 1 causa con giudizio negativo; altre 2 cause sono state trattate con il processo più breve che ha come giudice monocratico il Vescovo con l’assistenza di due assessori.
Al 31 dicembre 2023, rimangono pendenti 14 cause di cui alcune sono ormai vicine alla decisione, altre sono invece in fase di trattazione.
Riguardo alle tipologie di cause presentate nel nostro Tribunale: come ogni anno, il capo di nullità dominante è il difetto di discrezione di giudizio, seguono il difetto di libertà interna, l’esclusione della sacramentalità, l’esclusione della prole, l’esclusione della fedeltà e il dolo.
Facendo riflessioni e considerazioni pratiche sui questi capi di nullità, in particolare riguardo il capo che si riferisce al can. 1095 n. 2 e n. 3 – mancanza di discrezione di giudizio e di libertà interna, incapacità ad assumere gli obblighi del matrimonio – viene spontaneo dire che molti si sposano inconsapevoli degli impegni che assumono nel matrimonio. Comunque la verifica della maturità psico-affettiva delle parti in causa, tranne nei casi di evidente patologia, è garantita dall’accertamento medico forense, dalla perizia, che è un elemento probante di cui il Giudice si serve per la valutazione della validità o meno di un matrimonio. Al riguardo, i tre periti accreditati al nostro Tribunale sono tecnicamente e canonicamente molto validi e celeri.
Per quanto riguarda la durata delle cause, nella sua attività il Tribunale si sta impegnando affinché vengono accorciati i tempi del giudizio perché i fedeli possano avere l’opportunità di riavvicinarsi alla Chiesa e ai sacramenti.
Si afferma in tale senso il carattere pastorale di questo Tribunale e del ruolo che ricopre nel territorio delle due Diocesi: quello di aiutare i fedeli affinché trovino l’accesso alla verità e alla giustizia, restituendo loro la serenità.
Purtroppo, per falsa informazione in merito ai costi, tante persone rinunciano a iniziare il procedimento canonico per verificare la validità o meno del loro matrimonio fallito. Invece ogni persona, in caso di tale fallimento, ha il diritto di conoscere la verità per cui la mancanza di disponibilità economiche non deve mai costituire una limitazione nell’esercizio di un tale diritto. Quindi, per favorire la prossimità tra i fedeli e l’accesso più facile al servizio di questo Tribunale, si è disposto di tenere attive le due sedi, quella di Nuoro in piazza Santa Maria della Neve, 1, e quella istruttoria di Lanusei in via Roma, 102, con i seguenti contatti: cell. 327.8165956 e 339.4211211 – email: teino2016@gmail.com.
Siamo una terra di rughe e saggezza
di Augusta Cabras.
Sardegna, Ogliastra, terra di centenari. Terra di rughe e saggezza, di sapienza antica e passi claudicanti. Di anni regalati alla vita che spesso prosegue con serenità, mentre altre volte ha il segno della malattia e della sofferenza.
Oltre 50 sono i centenari nella blue zone sarda, e Perdasdefogu è il paese che ne ospita il numero più alto al mondo. Un record. Viviamo in una terra di longevi e con una popolazione che diventa sempre più anziana. Ma non siamo gli unici.
In una ricerca di Openpolis si legge: «L’invecchiamento della popolazione rappresenta un fenomeno che sta vivendo l’intero continente europeo, ma si stima che gli effetti saranno particolarmente importanti per l’Italia. Secondo le recenti analisi di Eurostat, nel 2100 il 32,5% della popolazione avrà più di 65 anni, contro il 21,1% registrato nel 2022. L’Italia però sarà tra gli stati con la maggiore incidenza, seconda solo a Malta. Il 35,1% della popolazione italiana nel 2100 avrà almeno 65 anni, con un incremento rispetto al 2022 di circa 11 punti percentuali.
L’Italia, al pari della Spagna, sarà invece al primo posto per quel che riguarda i residenti con più di 80 anni. Comporranno il 17,4% della popolazione del paese, circa 10 punti percentuali in più del valore registrato nel 2022. Al di là delle proiezioni, già oggi l’Italia è uno dei paesi più anziani al mondo, con 187,9 persone con almeno 65 anni ogni 100 persone con 15 anni».
Di fronte a uno scenario di questo tipo che pare non poter cambiare direzione, c’è da chiedersi quali sono e quali saranno le scelte politiche che potranno determinare il livello assistenziale adeguato alle esigenze crescenti e in continuo mutamento: parliamo di assistenza alla persona nel proprio domicilio; di assistenza attraverso la presenza diffusa di strutture accoglienti e rispondenti alle diverse tipologie di bisogno; di attività diurne di socializzazione che permettano all’anziano/a di trascorrere del tempo fuori dalla propria casa mantenendosi dentro al tessuto comunitario; di servizi sanitari diffusi nel territorio con interventi da offrire anche nel domicilio; di servizi di supporto ai familiari caregiver.
Quando l’anziano diventa non autosufficiente, non sempre le famiglie riescono a sostenere l’impegno dell’assistenza e della cura e devono chiedere aiuto all’esterno. E questo non è mai facile.
Nel territorio della nostra diocesi sono presenti diversi servizi garantiti dal pubblico e dal privato sociale, ma ancora non sono sufficienti a coprire l’intero fabbisogno. Ci chiediamo allora: quanto c’è ancora da investire? Quando questo tema diventerà prioritario nel marasma delle periodiche urgenze-emergenze?
Ci basta Avere cuore!
di Mons. Antonello Mura.
Dieci anni fa la pastorale del turismo appariva una velleità. Per questo suscitava spontaneamente diffidenza e sospetti. Che non sono scomparsi del tutto.
In Ogliastra, in quella fase, mettere insieme turismo e pastorale era un’operazione azzardata, è la Chiesa fu l’unica, allora, ad avviare un dialogo con le organizzazioni locali e con gli enti turistici, ottenendo almeno un plauso di circostanza ma nessun atto concreto.
Per questo, dopo dieci anni, sono (siamo) riconoscenti a coloro che quasi clandestinamente offrirono incoraggiamento e appoggio, anche partecipando ai primi incontri a Tortolì nell’estate 2015, nei locali dell’ex blocchiera. Tra i primi artisti ricordo con grande simpatia due persone che non ci sono più, sempre indimenticabili: Paolo Pillonca e Pinuccio Sciola. Da loro e da altri quante parole di incoraggiamento, e quanta passione in quelle prime serate! Grazie perché ci hanno aiutato a continuare.
Dopo dieci anni dire pastorale del turismo non è più un tabù. Risuona come una musica dolce e gradevole, che ha arricchito tante serate estive a Tortolì e almeno una volta l’anno anche Lanusei.
Da cinque anni inoltre, dopo l’unione in persona episcopi di Lanuseicon Nuoro, la pastorale ha trovato spazio prima nel capoluogo e poi a La Caletta di Siniscola. Sempre con scenari adatti, temi attuali e ospiti che si mettono in gioco con le loro storie artistiche e di vita.
Il decimo anno ha un titolo che sembra una promessa, un compito: Avere cuore. L’anno è quello giusto per dirci che senza passione non si costruisce nulla, nella Chiesa come nella società. Avere cuore diventa un dovere per chi evita di rimanere alla finestra e sceglie invece di scendere in campo. Per questo tanti temi dell’edizione 2024 inviteranno a rendersi conto della realtà e a coinvolgersi direttamente per cambiarla in meglio.
Mi sta a cuore, faceva dire e scrivere Don Lorenzo Milani – che tra l’altro ricorderemo con gioia in questa edizione – ed è una scelta ancora una volta da condividere, perché l’umanità sappia prendersi cura di se stessa e del suo futuro.
Anche i turisti ci stanno a cuore, e non poco. Per questo – non solo per loro – abbiamo preparato un programma che unisce spiritualità, cultura e sguardi ampi, grandi quanto il mondo. Un viaggio da fare insieme, in compagnia di molti interpreti attivi del nostro tempo, amici dell’umanità. E che hanno un cuore. Buona estate a noi tutti!
+ Antonello Mura
Lavoro: istruzione, politiche attive e formazione professionale per le sfide del futuro
di Michele Muggianu.
Le sfide dei prossimi decenni, con l’ingresso in scena dell’intelligenza artificiale e la concorrenza del lavoro a basso costo nei paesi emergenti, non saranno affatto semplici. Per vincerle, ci vorranno dedizione e creatività, fatica e vocazione al lavoro, serviranno politiche nuove, inclusive e generative a livello locale, nazionale ed europeo. Le nuove sfide che ci attendono ci porranno di fronte ad alcune emergenze da affrontare, prima tra tutte quella educativa e formativa. Per creare nuovi posti di lavoro è necessario, infatti, attrarre imprese innovative che necessitano di dipendenti molto qualificati. La nuova geografia del lavoro sarà disegnata dall’istruzione media di un Paese e quindi dal capitale umano.
Occorre, dunque, investire in formazione continua per aumentare l’occupabilità delle persone perché, per dirla con le parole di Don Milani «gettare nel mondo di oggi un giovane senza istruzione è come gettare dalla finestra un passerotto senza ali».
Come siamo messi in Sardegna e nel nostro territorio ogliastrino? Abbiamo un colossale problema di capitale umano adeguato ai cambiamenti in corso, tecnologici e di mercato, vi è un disallineamento formativo importante e una distanza abissale dell’Isola dalle regioni più sviluppate d’Europa. La Sardegna infatti è al numero 210 su 231 regioni d’Europa in termini di giovani laureati: è nostro il primato in Europa per la minor incidenza di ingegneri e scienziati sul totale della popolazione attiva. L’ultimo rapporto Invalsi, presentato di recente alla Camera dei deputati, evidenzia il divario enorme tra Nord e Sud, con il dato pessimo delle Isole: il 45 % degli alunni delle terze medie in Sardegna ha un livello insufficiente di comprensione in italiano, in matematica siamo al 60 %. Lacune che si trascinano anche alle superiori. La dispersione scolastica è al 15,9 %, i nostri studenti che hanno superato con eccellenza i test Invalsi sono meno del 9 %.
Senza un capitale umano adeguato, non c’è politica che tenga e la povertà educativa si trasforma poi in povertà economica. Ci distinguiamo infatti per la triste posizione di 182esima regione in termini di PIL (con un PIL per abitante che raggiunge appena il 68 % della media Ue). Abbiamo scogli strutturali noti che vanno levigati, penso ad esempio alle difficoltà delle aziende nell’accesso al credito, al costo della burocrazia e della tassazione sul lavoro, alla lentezza giudiziaria, al costo delle materie prime, alle infrastrutture inadeguate, all’alto costo dell’energia e alla mancata continuità territoriale.
Ci sono però grandi opportunità. Il nostro è un territorio vocato al turismo, all’agroalimentare, all’artigianato di qualità e all’industria compatibile con l’ambiente: il rinnovato interesse di Saipem per gli investimenti ad Arbatax, lo sbarco dei colossi della nautica Ferretti e San Lorenzo, i fondi per il potenziamento delle infrastrutture portuali, la Zes. Temi importanti e prospettive interessanti.
Dobbiamo essere incisivi nel favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, indirizzando i nostri disoccupati, inoccupati, sotto-occupati verso i settori economici che offrono possibilità di impiego e crescita professionale. In buona sostanza, dobbiamo porci l’obbiettivo di aumentare il tasso di occupazione attraverso il potenziamento delle politiche attive del lavoro.
L’incremento dell’occupazione femminile è dirimente per il raggiungimento degli obbiettivi: occorrono politiche adeguate per la conciliazione famiglia-lavoro e per implementare tutta la rete dei servizi per l’infanzia. Allo stesso modo, il territorio dovrà predisporsi, se vuole crescere economicamente e socialmente, a politiche di accoglienza e integrazione di lavoratori che arriveranno in numero sempre maggiore da altri Paesi, con le famiglie al seguito. Un apporto indispensabile, considerata anche la drammatica crisi demografica che stiamo attraversando.
Temi sensibili, in quanto persino il settore turistico negli ultimi anni è stato investito da criticità legate alla carenza di manodopera che oggi sono di fatto comuni a diversi settori economici.
Tornando alle opportunità, il rilancio di Saipem che chiede ulteriori aree ad Arbatax per investire è un fatto molto positivo. Saipem è al momento concentrata sulle attività legate alle rinnovabili e sulle tecnologie più vicine al suo business, vale a dire l’eolico offshore, pannelli solari, bioraffinerie integrate, energia geotermica e progetti waste-to-energy (ovvero produrre energia elettrica, calore o carburanti utilizzando ciò che non serve più, in sintesi la valorizzazione dei rifiuti). Ci sarà necessità di tanti nuovi professionisti in questi settori, dagli ingegneri agli operai specializzati, a partire dai saldatori.
Allo stesso modo, l’industria della nautica di lusso rappresenterà un pezzo importante dell’economia di questo territorio. Non risente di crisi economiche e le nostre eccellenze sono richiestissime in giro per il mondo. Oggi occorrono resinatori e carrozzieri – siamo, infatti, ancora nella fase in cui realizziamo scafi e coperte –. Nel medio termine, però, dobbiamo farci trovare pronti a realizzare per intero le imbarcazioni e occorreranno più ingegneri, architetti, artigiani specializzati, in grado di rispondere all’interesse di questi importanti player dell’industria nazionale con serietà e competenza.
Per questa ragione la Cisl ha investito nel corso dell’ultimo anno per il potenziamento delle offerte formative della nostra agenzia dei servizi per il lavoro, lo IAL, e così come noi altri enti e associazioni stanno seguendo la stessa strada. Le ingenti risorse economiche messe a disposizione, in modo particolare attraverso i fondi PNRR, dovranno essere spese al meglio per garantire alle tante donne e uomini, oggi fuori dal mercato del lavoro, di poter entrare a farne parte con ruoli da protagonisti, con i loro sogni e le loro speranze per il futuro. In questo modo si daranno anche le necessarie risposte alle aziende che cercano forza lavoro qualificata, spesso senza successo.
La Cisl è in campo da protagonista, con la certezza che l’impegno di tutti gli attori istituzionali e sociali coinvolti produrrà risultati importanti per i nostri concittadini e le nostre comunità.
La vera politica parte dall’ascolto
di Claudia Carta.
Come una farfalla che si posa su un fiore. Così la politica dovrebbe entrare nella nostra realtà: con delicatezza e sobrietà, capace di essere una cosa bella. È stato questo l’invito e l’auspicio alla base della conversazione del vescovo di Lanusei e di Nuoro, Antonello Mura, con i candidati alla carica di Presidente della Regione Sardegna nell’incontro del 7 febbraio scorso, a Nuoro, in un teatro San Giuseppe gremito all’inverosimile.
“Rendete sempre ragione della speranza che è in voi”. Eccolo il taglio. Perché lo sguardo va rivolto al futuro – lo sottolinea a più riprese Mura, moderatore dalla precisione “maniacale” –, perché occorre incoraggiare al bene comune e non al bene di pochi, perché è importante – anche e soprattutto in momenti come questi – far emergere le idee, le visioni, le proposte. «La politica ci è necessaria ed è sempre decisiva – prosegue nella sua introduzione – ed è da recuperare nei suoi aspetti migliori».
Lucia Chessa, Renato Soru, Alessandra Todde, Paolo Truzzu. Da sinistra a destra sul palco del teatro. Alternati e alternativi. Per scelte e per posizioni. A loro il vescovo chiede «le motivazioni che vi guidano» e ancora «quali speranze volete coltivare e costruire». Infine l’invito ad ascoltare e ascoltarsi: «Non siete marziani».
Anche la platea è invitata ad ascoltare, a non prorompere in un tifo da stadio. E alla fine la platea ha accolto. Un “brava” urlato alla Chessa e un fischio a Soru quando propone di «richiamare su base volontaria i medici in pensione» sono le uniche concessioni disobbedienti a una serata di grande spessore, di incontro schietto e pacato, di ragionamento su temi e problemi della terra sarda, in cui la Chiesa si è presa l’onere (e a fine serata forse anche l’onore) di aver riunito tutti per capire e ridare alla politica quella veste bella troppo spesso insudiciata.
Politica e motivazioni.
«Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico pensa al successo del suo partito; lo statista a quello del suo paese». Il vescovo parte dalle parole di James Freeman Clarke, teologo statunitense dell’Ottocento. Lucia Chessa – segretaria nazionale dei Rossomori, alla guida di Sardigna R-esiste, nata e cresciuta a Bitti – risponde che «è necessaria una offerta politica differente, perché il resto sappiamo cosa è stato». Renato Soru, candidato della Coalizione Sarda (Rif. Comunista, Sinistra Europea, Vota Sardigna, +Europa-Azione-Upc, Liberu, Progetto Sardegna), davanti alla «frase eccessiva» dichiara che «la politica è un popolo in cammino. Avanti e insieme. Devi avere in mente un traguardo, senza lasciare indietro nessuno». Cita De Gasperi Alessandra Todde, interprete delle dieci anime del Campo largo-Centrosinistra (5Stelle, PD, Psi-Sardi in Europa, Sinistra Futura, Demos, Alleanza Verdi Sinistra, Progressisti, Fortza Paris, Orizzonte Comune, Civica per Todde): «Politica è fare. Occorre mettere la propria morale al centro per far crescere la buona politica, quella con la P maiuscola». Il portabandiera del Centro destra (Fratelli d’Italia, Lega, Sardegna al Centro 2020, Riformatori, Forza Italia, Psd’Az, Udc, Dcr con Rotondi, Alleanza Sardegna Pli), Paolo Truzzu, sostiene l’idea di «una prospettiva di impegno politico che ci impegni a diventare ciò che vogliamo essere tra dieci anni, facendo gli interessi di tutti i sardi».
I temi del dibattito.
Spazio poi ai temi di più stretta attualità: dal disincanto e la disaffezione alla politica, con la percentuale dei votanti che in Sardegna si attesta al 53,7%, come dire un sardo su due non va più a votare, ai giovani che hanno ormai «sottratto dal loro vocabolario i concetti di speranza, possibilità, rivoluzione»; dalle leggi di mercato che tutto controllano a discapito spesso di equità e valorizzazione di beni e comunità, al ruolo della leadership e del gioco di squadra; fino ad arrivare allo spopolamento, al tema spinoso della sanità, specie di quella oncologica, dei livelli essenziali di assistenza sanitaria e infine al nodo trasporti.
I giovani.
Ecco, dunque, Todde che sui giovani rimarca l’importanza di «coinvolgerli, dando loro gli strumenti e la possibilità di studiare anche quando non ne hanno i mezzi. Non si può ricevere la borsa di studio sette mesi dopo l’inizio dei corsi». Truzzu sostiene che «c’è un errore di fondo, non solo nella politica, ma nell’intero sistema sociale: abbiamo fatto credere ai ragazzi che tutto sia a portata di mano, togliendo loro il desiderio e lo sforzo del sacrificio, non gli abbiamo fatto capire che si può anche perdere». E mentre Chessa fa autocritica «come insegnante, come politica e come esponente di una generazione altra», dichiara che «stiamo lasciando macerie a questi giovani in tutti i settori: la scuola, il lavoro, la sanità. Hanno ragione di puntare il dito». Soru risponde che «i giovani più che ascoltare, osservano. Delle nostre prediche se ne fanno davvero poco, mantengono però la voglia di cambiare il mondo, sono curiosi e interessati. Il politico deve investire sui giovani, come fa un padre di famiglia con i figli».
Politica e leggi del mercato.
Sulla politica chiamata a destreggiarsi tra le dinamiche dei mercati, l’esponente di centrodestra fa rilevare come «certe decisioni siano già prese da fuori, non solo a livello nazionale, ma a livello europeo, dove le lobby si muovono molto bene». La leader dei Rossomori insiste sulla necessità di «irrobustire la democrazia, non tanto la figura del presidente quanto gli organismi assembleari che rappresentano, quelli sì, i cittadini, e si appella al principio di sussidiarietà». Soru plaude alla domanda «bellissima e complicata», evidenziando non solo gli «abusi del mercato: il liberismo sfrenato, lo sfruttamento dei lavoratori, la tentazione delle aziende di conquistare posizioni di vantaggio», evidenziando però che «il mercato ha funzionato fino a oggi, ma ora tutto è cambiato: dalle tecnologie, ai numeri, alla creazione di nuovi monopoli. Al centro va messo il bene comune».
La candidata del Campo Largo insiste su una «classe dirigente europea forte e libera. La Sardegna non si è fatta sentire come avrebbe dovuto in Europa: avevamo gli uffici desolatamente vuoti. Occorre mettere insieme una classe dirigente che non abbia conflitti di interesse».
Spopolamento e gestione case vuote.
A Lucia Chessa l’apertura sul tema dello spopolamento: «È difficile vivere nei paesi piccoli in un’epoca dove è l’area urbana a farla da padrone, anche perché tutto ciò che era piccolo è stato soffocato, dal momento che non garantiva sicurezza e tornaconto. La gente non va a vivere nei borghi perché ci sono le case vuote, ma perché ci trova i servizi». Eppure – fa notare Renato Soru – «due terzi della popolazione sarda vive nei paesi. Il nodo è quello di dare una prospettiva. Credo che le tecnologie digitali possono invertire la tendenza di spostarsi nelle grandi aree, al pari di una nuova considerazione dell’ambiente. Sono ottimista». E strizza l’occhio a una «politica dell’accoglienza per chi viene da fuori». Alessandra Todde non la vede così semplice: «Se Area (l’Azienda Regionale per l’Edilizia Abitativa attraverso cui la Regione risponde alla domanda abitativa di soggetti in condizioni economiche e sociali disagiate, ndr) si occupasse davvero di manutenzione, se ci fossero i fondi per gli studenti fuori sede, se si lavorasse per recuperare il senso di coesione sociale, allora si renderebbe più semplice la vita a chi abita nelle piccole comunità». Ma Paolo Truzzu fa notare come «oltre il 90% delle abitazioni sono private. Le strade sono due: o si fanno più figli o si studiano strategie per portare le persone ad abitare quelle case. La vicende dell’Einstein Telescope è una sfida da non lasciarsi scappare».
Sanità e assistenza.
Su sanità e livelli sanitari essenziali il dibattito si fa ancora più corposo, con l’esponente della Coalizione Sarda ad aprire: «Giù le mani della politica dalla sanità: non può essere un luogo dove raccogliere consenso e potere, perdendo di vista la cura alle persone. Occorre entrare nella modernità, investendo sulla transizione digitale della sanità. La spesa sanitaria non è più bassa che nelle altre regioni. Paghiamo la disorganizzazione e un sistema che non funziona, pur avendo ottimi medici. Mancano anche gli infermieri. E non possono pagarne lo scotto i cittadini».
Dal centrosinistra emerge da un lato l’urgenza di mettere mano al «disastro delle infrastrutture stradali» e dall’altro l’importanza che «la sanità resti pubblica. Il privato serve ed è importante, ma non può sostituire il pubblico. Occorre allora rivedere i concorsi, proporre degli attrattori ai medici, ripartire dai distretti e dalla medicina territoriale, realizzare il registro dei tumori. Così come va ripristinato l’Oncologico di Cagliari e messa mano alla prevenzione, totalmente cancellata, e alla gestione del dopo intervento». L’allarme sale anche dal centrodestra: «Le previsioni per quest’anno dicono che un terzo degli ammalati non potrà fare radio terapia in Sardegna. Non serve una nuova riforma sanitaria, quella attuale ha luci e ombre. Piuttosto occorre intervenire sul coordinamento. E serve una nuova classe di medici: per questo sono state aumentate le borse di specializzazione. Così come è fondamentale investire sempre più su telemedicina e nuovi strumenti, sfruttando anche le risorse messe a disposizione dal Pnrr». Sulla riforma degli accessi alla professione interviene la candidata di Sardigna R-esiste, sottolineando le retribuzioni minime dei medici di guardia medica: «È necessario un vero piano di stabilizzazione e una revisione del rapporto tra pubblico e privato. Va anche ripensata la medicina territoriale per una popolazione che sta invecchiando sempre più, parlo dunque di assistenza domiciliare, perché la civiltà di un popolo si misura anche su questo: non lasciare i vecchi da soli a morire. Temo che nessuno stia facendo niente, visto anche le due precedenti riforme che hanno letteralmente asfaltato la sanità, imponendo decisioni solo dall’alto».
Trasporti e continuità territoriale.
Si chiude sui trasporti con la Todde che rileva quanto «la tariffa unica non funzioni: occorre un modello differente per il quale stanziare soldi sufficienti. Le compagnie non possono elaborare un bando di sei mesi in sei mesi, così come è necessario distinguere chi viaggia per motivi di salute o di studio. Non possiamo accettare i numeri dei flussi dettati dall’UE, ma dobbiamo presentare loro quelli che giustificano un nostro bisogno». Truzzu rimarca l’importanza di «andare a Bruxelles accompagnati dal governo e non in solitaria, utilizzare i fondi a disposizione per le regioni periferiche e ragionare sulla concorrenza dei nostri aeroporti», richiamando poi il modello in uso in Corsica e alle Baleari. Per la Chessa se è vero che «il diritto alla mobilità incrocia con le leggi europee», è altrettanto vero che «il diritto di ciascuno a spostarsi viene prima». Chiude Soru a ricordare i trascorsi da capo dell’esecutivo regionale: «Le leggi europee permettono di derogare per garantire il diritto ai residenti: ho avuto la possibilità di migliorare il servizio dei collegamenti, passando da due a otto città. Poi si è deciso di estenderlo a tutti e si è fatta avanti la tariffa unica. A quel punto l’Europa si è fatta sentire ed è riesploso il problema. Se io fossi Presidente, giustificherei il diritto dei sardi e andrei a Bruxelles. Questo lo si può fare».
Dopo oltre due ore la platea applaude a lungo tutti e tutto. Lo stile e il modo di argomentare. La Politica riparta da qui.