Cari catechisti, fate conoscere la bellezza della Chiesa
di Mons. Antonello Mura.
Nelle parrocchie riprendono le attività e tra esse quella della catechesi che prepara ai sacramenti dell’Eucaristia e della Confermazione è una delle prime preoccupazioni dei sacerdoti e dei catechisti.Non nego che verso i catechisti ho un’ammirazione enorme, un apprezzamento sincero, anche pensando alla fatica non sempre riconosciuta che portano avanti. Come non posso negare il senso di delusione che spesso li accompagna e che emerge senza fatica in colloqui personali e incontri comunitari. Una demoralizzazione dovuta a diversi motivi, uno dei quali – come ho scritto nella Lettera pastorale – dovuto alla sensazione di “lavorare inutilmente, o addirittura di prestarsi a un gioco”, di questo tipo: i genitori delegano alla parrocchia il cammino di fede dei figli e quest’ultimi (come gli stessi genitori) non hanno nessuna intenzione di lasciarsi coinvolgere nella vita cristiana, se non in vista dei sacramenti da ricevere. Capisco la delusione dei catechisti, come anche quella dei sacerdoti (e del vescovo) nel rendersi conto di questi passaggi, unita quasi sempre a un senso di impotenza. Proprio per questo, oggi più che mai, il ripensamento della catechesi è urgente (e più tardi arriviamo a capirlo e meno potremo incidere sulle nuove generazioni) e fin da ora non dobbiamo smettere di mettere in campo nuove creatività pastorali.
Intanto, cari catechisti, abbandonate definitivamente l’espressione “classe di catechismo”. Come detto più volte, essa continua a conservare l’idea che si fa catechismo come a scuola, dove si entra… e si esce, dove si fa lezione, dove c’è un orario e una campanella, dove c’è un insegnante. Le parole migliori sono gruppo, cammino, animatore, comunità. Impariamo a esprimerle con gioia, e a viverle con fede. La Chiesa accoglie ragazzi, giovani e famiglie perché ha un solo tesoro da offrire, Gesù e il suo Vangelo, e le sta a cuore il cammino di ciascuno: un percorso in cui i sacramenti manifestano l’amore di Dio, che è permanente, oltre che gratuito e necessario.
Ma questo cammino di fede è anche un appello alla libertà e non appartiene alla categoria delle costrizioni. Non ha bisogno di “tessere fedeltà”, come è avvenuto in una parrocchia del nord Italia, non è quindi costrittivo per nessuno, piuttosto è libero, secondo quel “Se vuoi” che Gesù spesso proponeva ai suoi interlocutori. E se è vero che la Chiesa è missionaria, cioè non può non annunciare il Vangelo, è altrettanto vero che lo fa invitando, coinvolgendo, proponendo il suo messaggio. La responsabilità di chi accoglie questa proposta, aumenta quanto più viene accolta liberamente. E comporta anche l’esigenza della partecipazione e, soprattutto, l’accoglienza degli impegni di una vita cristiana.
Quindi, cari catechisti, siate lieti nel sentirvi partecipi di questa Chiesa. Non sentitevi titolari semplicemente di una dottrina che trasferisce da una generazione all’altra le verità di fede, ma presentate Gesù e la sua importanza per capire e interpretare la vita che stiamo vivendo oggi. E voi stessi, siate immagine di una Chiesa che accoglie, consola, incoraggia, stimola a vivere la vita autenticamente. E se, come crediamo, la Chiesa è anche comunità, proponete ai ragazzi e agli adulti esperienze belle di vita comunitaria, non solo nella liturgia, nelle quali condividere la gioia di essere credenti.
+ Antonello Mura
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