Campanella!
di Claudia Carta.
Davanti alla scuola tanta gente. Otto e venti, prima campana e migliaia di gambe e di occhiali di corsa sulle scale. Così Antonello Venditti nel 1975, quando i compagni di scuola erano anche compagni di vita, dei primi amori, di passioni politiche rigogliose e di ideali.Le otto e mezza, tutti in piedi. Il presidente, la croce e il professore che ti legge sempre la stessa storia nello stesso modo, sullo stesso libro, con le stesse parole da quarant’anni di onesta professione. Ma le domande non hanno mai avuto una risposta chiara.
Vecchie istantanee della scuola di ieri. Sprazzi della scuola di oggi. Scuola come tempo prezioso condiviso, come palestra dove cerchi di capire quello che succederà fuori, oltre l’aula, oltre i banchi, oltre la lavagna. Gesso e cimosa sono cimeli appesi al muro della nostalgia struggente, rimpiazzati prima dalla Lim, la lavagna interattiva multimediale, e ora dal monitor touch. Che ne sapete voi dei nativi digitali?
Ma le domande, quelle sì, che ancora non hanno risposta chiara. Su tante cose. E quel famoso 50% di studenti “che non capisce quello che legge”? Fesserie, è stato detto. Oggi sarebbe meglio dire fake news, su cui sono state gettate tonnellate di inchiostro nero e cattivo.
Al netto della querelle fra pedagogisti, politici, professori e genitori di fronte ai risultati dei test Invalsi, è scaturito comunque che il 49,3% degli alunni dell’ultimo anno delle scuole superiori non ha raggiunto il livello 3 su cinque livelli, che secondo il sistema Invalsi «rappresenta la soglia minima di adeguatezza, mentre i livelli 1 e 2 indicano livelli di risultato non adeguati». Cioè a dire che uno studente che si ferma al livello 2 non sa leggere e comprendere un testo per come dovrebbe farlo dopo 13 anni di scuola, non che “non sa comprendere un testo”. Eh! È diverso. Elogio della mediocrità.
Da qui in poi, frasi fatte e fuoco a volontà contro tutto e tutti si sono sprecati: i test non servono a nulla; i professori sono stressati; i ragazzi non hanno voglia né interesse; i genitori non esistono più; basta con i compiti a casa; i voti rovinano gli studenti, la scuola italiana è un disastro…
Eppure la campanella suona. Ma suona per noi. I compagni di scuola si ritrovano. Entrano in un mondo che li dovrebbe appassionare e far innamorare, non leggere sempre la stessa storia nello stesso modo. Hanno sete di autenticità. Di chi non si ferma al loro nome. Perché a scuola si incontrano vite. Si impara la vita. Perché educare è “trarre fuori”. Buona scuola, ragazzi.
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