In breve:

Buongiorno signor maestro!

Classe

di Maria Franca Campus.
La scuola di una volta vista attraverso gli occhi e i ricordi di una coppia di insegnanti della scuola elementare di Arzana che confrontano il loro vissuto con il presente dei loro cinque nipotini, alunni della scuola primaria.

Dario Lai, classe 1927, e sua moglie Maria Giannicchedda, di tre anni più giovane. Insegnanti negli anni sessanta e settanta. Di Arzana lui, orunese lei. Una lunga carriera. Tempi diversi. «C’era tanta povertà allora – raccontano – e molti bambini lavoravano nei campi o con il bestiame». Dario Lai ricorda un bambino che arrivava a scuola tutti i giorni oltre le dieci, dopo aver passato le prime ore del mattino in campagna. Benedetto grembiulino che rendeva tutti uguali e dignitosi, coprendo gli abiti vecchi e umili dei più. Il grembiule «fut unu coprimiseria», chiarisce il maestro che nei suoi racconti in italiano usa il sardo per rendere nitide certe immagini.
Non era la scuola del tempo pieno e tanto meno degli zaini pieni. Campanella di ingresso alle 8,30 e a mezzogiorno e mezza tutti a casa. Dentro la borsa l’indispensabile: il libro di lettura, il sussidiario, un quaderno a righe e uno a quadretti. «Oggi, scolari e insegnanti hanno molto materiale – osservano – allora tutto era ridotto al minimo. L’insegnante non aveva gli ausili tecnologici di oggi, doveva fare tutto da sé per coinvolgere gli alunni». La maggior parte dei bambini arrivava a scuola senza conoscere l’italiano perché la lingua materna era il sardo. «L’italiano era per loro un lingua nuova, una lingua straniera, mentre oggi – sottolinea il maestro con un po’ di amarezza – il sardo non lo conoscono per niente».
C’era l’intervallo, ma niente spuntino a metà mattinata. «Oggi hanno tutti il panino imbottito, fin troppo imbottito – sottolinea maestra Giannicchedda – ma allora nessuno aveva la merenda», racconta porgendo una fotografia dei suoi alunni di un tempo: una trentina per classe, con tanti, a volte la maggior parte, ripetenti. Oggi le definiamo volgarmente classi-pollaio, allora era la normalità e spesso un lusso. «Le famiglie erano numerose e la scuola elementare di Arzana contava 15 classi». Ma la vivacità era quella di tutti i bambini, ieri come oggi. Certo, con un vissuto completamente diverso rispetto a quello dei loro nipotini. «Allora avevamo davanti dei piccoli uomini, che già nei primi anni delle elementari avevano importanti esperienze di vita vissuta».
Le cronache di questi tempi, che riferiscono di attacchi violenti e sfiducia verso la classe docente, loro non le hanno conosciute. Allora «l’insegnante era un’autorità e godeva di piena fiducia da parte delle famiglie che mai venivano a lamentarsi. Il rapporto con i genitori era bellissimo». Operato dell’insegnante e professionalità non erano messi in discussione dalla società. Ma a scuola la loro attività era monitorata, controllata e anche valutata dal Direttore didattico. Una figura che il maestro Lai e la maestra Giannicchedda ricordano con molta stima. «Entrava in classe, ci chiedeva a che punto fossimo con il programma e interrogava gli alunni. Poi alla fine dell’anno esprimeva un giudizio sull’operato di ciascuno di noi», spiega Maestra Giannicchedda, ricordando i preziosi consigli che le aveva dato il direttore di Siniscola durante la sua prima supplenza, insistendo sul fatto che ciò che contava non era la quantità di programma svolto, ma ciò che apprendevano gli alunni. «Se per spiegare Garibaldi c’è bisogno di un mese, lei dedichi un mese a Garibaldi, mi disse».
Uno spaccato della scuola di ieri, denso di storia, ricco di spunti, di differenze e somiglianze con i tempi di oggi. Una passione, soprattutto, che si coglie non solo in ciò che raccontano, ma nei loro sguardi e nei loro sorrisi.

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