di Claudia Carta.
Bagna.
Ricopre.
Riempie.
Allaga.
Avvolge.
Inonda.
Sommerge.
Scorre.
Illumina.
Acceca.
Preoccupa.
Scuote.
Spaventa.
Interroga.
Indigna.
Sdegna.
Grida.
Addolora.
Eppure il bianco è luce!
Ma non c’è luce nelle strade, sui ponti, nelle piazze, fra le case, sui muri, sulle porte. Bianchi, sì, ma pesanti come il nero.
Eppure il latte è vita!
Ma non c’è vita senza dignità. Non c’è dignità senza opportunità. Non c’è opportunità senza giustizia.
Latte come sangue. Il dolore è lo stesso.
Latte come lacrime.
No. Non è la terra fertile e spaziosa dove scorre latte e miele.
Non così.
Non c’è miele e latte sotto la lingua della sposa. Non c’è profumo. C’è solo l’odore della rabbia, la nausea dell’insoddisfazione, la spina della disperazione.
Il prezzo. Alto. Altissimo. Quello che un comparto intero sta pagando a fronte di una situazione generale fuori controllo, fatta di ritardi, burocrazia, leggi di mercato che poco margine lasciano alle manovre del settore e dove il “dentro o fuori” sembra farla da padrone. Crisi di liquidità fortissima che impedisce anche solo di immaginare un futuro sereno per agricoltura e zootecnia isolana, motori portanti dell’economia sarda.
Dal sassarese al cagliaritano, passando per la Barbagia, l’Ogliastra, l’oristanese e la Gallura.
Tutti sotto la stessa bandiera.
Bianca, ma non di resa.
Bianca come il latte versato.
In mezzo, sessanta centesimi.
Eppure quell’oro bianco buttato via grida vendetta al cielo.
Il latte come vita ricevuta. Ricevere e dare vita.
Il monito è arrivato. Il segnale, forte, fortissimo, è tracciato. Chi deve ascoltare, ascolti. Chi si deve muovere, si alzi. A chi spetta un passo avanti o uno indietro, non indugi oltre. Perché l’esasperazione crea disordine, il disordine origina violenza e nella violenza non c’è amore. Non c’è vita. E la vita, come il latte, non si butta via mai.