In breve:

Alla memoria

Giovani Ebrei

di Claudia Carta.
Leggo in questi giorni – scadenza delle candidature fissata per il 25 novembre – di un bel progetto di «educazione alla cittadinanza» dedicato ai nostri ragazzi. L’obiettivo: «accompagnare le giovani generazioni alla scoperta e alla comprensione della complessità del reale a partire dal passato e dalle suerappresentazioni, affinché possano acquisire lo spirito critico necessario a un protagonismo nel presente». Facile? Neanche un po’. Se poi il titolo del progetto suona “Promemoria Auschwitz”, il discorso si complica per davvero.

No, non ho sbagliato editoriale e, sì, so bene che la giornata della memoria è il 27 gennaio. Eppure, è sufficiente guardarsi attorno – leggi prendere in mano uno smartphone, ancor prima che accendere la Tv, ascoltare la radio e leggere i giornali – per cogliere rigurgiti affatto velati di intolleranza, o venir assaliti da insulti sessisti o razzisti, o assistere a riesumazioni di personaggi e ideologie del passato che hanno sì, avuto un seguito senza precedenti, ma di morti ammazzati e non solo.

Ebbene, in uno scenario internazionale affatto sicuro, dove la terza guerra mondiale è davvero quella “a pezzetti” descritta dall’unico uomo – e uomo di stato, oltre che uomo di Dio – rimasto oggi a parlare di pace, Papa Francesco, spudoratamente ignorato; dove un po’ ovunque si disegnano svastiche e croci celtiche accanto alla Stella di David del popolo ebreo; dove non si riconosce pari dignità e pari valore alla vita di un bambino palestinese, della sua mamma e del suo papà; e dove, in definitiva, ce la raccontano come vogliono, la storia, a seconda di quanto grande sia l’interesse da tutelare, da raggiungere o da nascondere, ebbene, davanti a tutto questo, forse, educare e ripartire dai più piccoli e dalla scuola non è poi così tanto sbagliato.

«Vedere Auschwitz, oggi, e tentare di coglierne il senso profondo – spiega il progetto – comporta l’adozione di una prospettiva che non si limiti alla storia nazionale. Guardare alla Seconda guerra mondiale e alla storia della Shoah significa, infatti, costruire la consapevolezza che i processi che ne furono alla base sono parte di un passato comune, così come lo sono le conseguenze sociali, politiche, culturali che quella storia ha prodotto». Ricordare per sapere. Sapere per conoscere. Conoscere per capire. Cosa? Le conseguenze. Protagonisti nel presente e, dunque, costruttori di futuro. Attenti, però: «Ad Auschwitz non si fa la gita. Si va in silenzio, come il 2 novembre qualche famiglia affezionata ai suoi morti va al cimitero. Si va a testa bassa, cercando di ricordare per non dimenticare». (Liliana Segre)

 

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