In breve:

Adolescenti nel tempo di WhatsApp

smartphone

di Gemma Demuro.
Stai facendo un video? Bravo!”. Questa frase è diventata un incubo per Tiziana Cantone. I video, i fotomontaggi, le parodie, le prese in giro anche di alcuni noti giocatori di calcio hanno lentamente ma inesorabilmente ucciso una ragazza di 31 anni. Non ha retto alla vergogna, Tiziana. Si è suicidata dopo aver lasciato città, lavoro e famiglia nel tentativo di sfuggire alla gogna mediatica di cui è stata protagonista per oltre un anno. Ormai il video hot girato e postato in rete da colui che diceva di amarla aveva totalizzato oltre un milione di visualizzazioni. Neppure la sua morte ha fermato la nascita di gruppi Facebook dai nomi osceni e volgari che hanno continuato ad insultarla per giorni. Perché, come ha dichiarato la criminologa Roberta Bruzzone, Dio perdona e dimentica, la rete no. Purtroppo.
Secondo una ricerca di Altroconsumo, soltanto 4 italiani su 10 sono realmente consapevoli di quello che accade quando sono on line. Se è sbagliato creare allarmismo, non possiamo tacere come il web sia una risorsa preziosissima da usare con intelligenza. Ogni immagine postata in rete rimane lì per sempre ed esce dal nostro controllo. Il diritto all’oblio, cioè di chiedere al web la rimozione del materiale che ci riguarda, ci aiuta solo per i motori di ricerca. Sui siti dove le nostre foto o i nostri video sono già comparsi, nulla può essere cancellato. Pensiamo alla acquisizione di WhatsApp da parte di Facebook. Aggiornando l’app, ci viene richiesto di condividere i dati con il profilo FB. Ma tenere i due profili separati è più sicuro per evitare che i nostri dati, i nostri gusti vengano conosciuti da sempre più numerosi e in quanto tali ingestibili soggetti.
La Società Italiana di Pediatria ha esaminato un campione rappresentativo degli adolescenti del nostro Paese. 8 ragazzi su 10 chattano su WhatsApp nella più assoluta ignoranza dei rischi che corrono. Oltre a passare parte delle ore notturne su almeno tre social, il 15% degli intervistati ha dichiarato di aver postato almeno un selfie ammiccante. Dato non veritiero, giacché il 48% afferma dice di avere amici che postano selfie provocanti. Ma non solo. Il 19% dei ragazzi che hanno risposto all’intervista ha dichiarato di aver dato il proprio numero di telefono ad uno sconosciuto, il 16% di avergli inviato una foto, l’11% di averlo incontrato e ben il 5,2% di aver accettato proposte di sesso on line. È di fatto impossibile – e ingiusto – controllare la vita social dei ragazzi. La battaglia dell’uso consapevole della tecnologia si combatte con l’ascolto e il dialogo e, se mai fosse necessario ricordarlo, con l’esempio. Il genitore che trascorre il dopo cena su Fb anziché parlare con il proprio figlio, non può poi dolersi che il figlio faccia lo stesso.
Gli adolescenti sono grandi conoscitori della tecnologia, meno della vita. Gli strumenti di cui dispongono consentono loro di entrare in contatto con il mondo ma con il bagaglio di vita reale proprio della loro età. I social, se non gestiti con intelligenza, danno l’illusione di essere ciò che non si è. Falsano il rapporto con se stessi e con il prossimo. Anestetizzano dal fallimento. Ecco perché il confronto con gli altri nel mondo reale continua ad essere insostituibile anche nella società 2.0.

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