In breve:

Abusi sui minori. Il dovere di parlarne

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di Alessandro Zaccuri.

La prima parola spetta a una vittima, com’è giusto che sia. Inquadrata di spalle, la giovane donna è la protagonista del breve filmato con il quale si apre una serata inattesa e sorprendente. «Sono stata abusata da un sacerdote – racconta –. Grazie a un altro sacerdote ho ritrovato la fiducia nella Chiesa».

Accade il 24 agosto a Tortolì, nello spazio dell’Anfiteatro Caritas affollato da un pubblico silenzioso e attento. L’incontro sugli “Abusi sessuali, psicologici e di potere” si inserisce nel cartellone degli appuntamenti organizzati dalla Pastorale del Turismo delle Diocesi di Lanusei e di Nuoro. “Fascino del dubbio, desiderio di certezze”, recita il titolo complessivo del programma. Nel caso specifico, però, l’attenzione si sposta sulla “paura di parlarne”, che per troppo tempo ha portato alla sottovalutazione o addirittura alla negazione di un dramma sul quale solo di recente, anche all’interno della comunità ecclesiale, si è deciso di fare chiarezza. Quello degli abusi resta, in ogni caso, un tema doloroso e difficile, sempre esposto al rischio di fraintendimenti e giudizi sommari. Lo conferma Chiara Griffini, che con don Fortunato Di Noto si alterna nel dibattito: «Un drastico cambio d’umore e la tendenza all’isolamento possono essere indizi di un abuso – spiega la psicologa –. Sono campanelli d’allarme e come tali vanno considerati, senza saltare a conclusioni affrettate».

Coordinatrice generale del Progetto Safe, concepito per diffondere la cultura della sicurezza negli ambienti educativi, Griffini fa parte del Consiglio di Presidenza del Servizio nazionale per la Tutela dei minori e degli adulti vulnerabili della Chiesa Italiana. La sua è una lunga esperienza, di studio e di pratica clinica: «Il trauma dell’abuso può essere superato – dice –, ma quello che troppo spesso rimane insoddisfatto è il desiderio di giustizia che la vittima porta dentro di sé, non solo dal punto di vista processuale. L’esigenza più profonda è semmai di una richiesta di perdono e quindi di un’ammissione di colpevolezza che venga dall’autore dell’abuso. Ma questo, purtroppo, ancora non accade».

«Anche nella Chiesa si parla ormai di tolleranza zero – aggiunge don Di Noto, fondatore e presidente dell’associazione Meter, attiva fin dal 1989 nel contrasto della pedopornografia on-line. Il principio è

indiscutibile: chi commette un abuso non può godere in alcun modo di connivenze o complicità. Questo non esclude che, sotto il profilo umano e spirituale, si possa intraprendere un percorso di consapevolezza e di rinascita. Ma è un cammino accidentato, che richiede particolare prudenza».

In primo piano resta sempre la cura per le vittime. «Meter ne ha incontrate e ascoltate migliaia – ricorda don Di Noto –. In maggioranza, hanno subito l’abuso durante l’infanzia, prima ancora della pubertà. La speranza non viene mai meno, ma è innegabile l’orrore davanti a soprusi tanto feroci». Tra gli strumenti di prevenzione, viene frequentemente indicata la formazione, in particolare per quanto riguarda i sacerdoti. «In realtà – ribatte don Di Noto –, basterebbe domandarsi se certi comportamenti siano degni di un cristiano. E poi regolarsi di conseguenza».

 

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