In breve:

Verifichiamo ora lo stile delle nostre comunità

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di Mons. Antonello Mura
Il convegno ecclesiale del 19 settembre non può essere archiviato semplicemente come un evento. Il tema: Con lo stile di Gesù per una Chiesa accogliente e solidale, non si esaurisce infatti nella positiva constatazione dei numeri – oltre 700 presenze – né con la certezza che sia stata una bella occasione per riflettere e dialogare tra noi.
E’ importante ora verificare sul campo lo stile delle nostre comunità cristiane, chiedendoci come stiano educando, con quale stile di vita e con quali proposte.
Tutti concordiamo che la struttura portante di ogni comunità sia la Parola, la liturgia e la carità, ma tutti sappiamo che essa non è sufficiente per creare un’autentica appartenenza ecclesiale, la quale va ben oltre l’assemblea liturgica domenicale e festiva.
Come parlare di comunità cristiana in un tempo in cui tutte le appartenenze – a parte quelle dei movimenti – sembrano essersi allentate e frammentate, fino a portare i credenti a ricondurre tutto alla loro valutazione personale? Dobbiamo accontentarci di attribuire un’immagine comunitaria solo a coloro che svolgono qualche attività o dei compiti in parrocchia?
Ammettiamo intanto che stiamo facendo fatica a recuperare la distanza tra coloro che sono impegnati nella pastorale e tutti gli altri che vivono negli ambiti più ampi della comunità. Penso in particolare ai giovani e agli adulti. Non si tratta di una distanza riferibile alla mancanza di conoscenza reciproca, piuttosto è una distanza di giudizio, di non comprensione delle ragioni che stanno dietro modi di pensare, di valutare, di sentire e di scegliere.
Se è vero che anche in questo tempo siamo chiamati ad evangelizzare, è necessario assumere allora nuovi stili che sappiano generare alla vita e alla fede. Come si potrebbe infatti evangelizzare senza capire, senza accogliere, senza lasciarsi interrogare, senza entrare in una relazione dialogica con le diverse sensibilità presenti nel territorio? Per questo è necessario ridirci quali sono gli elementi fondamentali che costruiscono la comunità cristiana, evitando di dare per scontato appartenenze e sintonie che sono invece tutte da costruire.
Il primo elemento essenziale per costruire una comunità che non vuole essere anonima e fredda è la valorizzazione dei doni che vi sono presenti: vocazioni – compresa quella matrimoniale -, carismi, doti personali, aggregazioni, esperienze umane e spirituali. Questo fa crescere il senso di responsabilità, evitando omologazioni – “o così o niente!” – aumentando la ricchezza delle differenze, la disponibilità a fare coro e ad entrare in dialogo. A questo primo elemento aggiungerei l’importanza nella comunità di fare delle esperienze di corresponsabilità, che va oltre la collaborazione e comporta condividere idee, progetti, iniziative, fatiche. Il terzo elemento è quello di riscoprire il senso dell’educare: genitori, catechisti, educatori chiedono di essere aiutati a vivere la bellezza dell’educazione, al di là della fatica e delle difficoltà che questo comporta. Anche nella fede, educare non è una scelta da affidare alla spontaneità e agli schemi ripetitivi, seppur consolidati. Per portare le persone a sorprendersi della bellezza del messaggio cristiano bisogna quindi ripensare il progetto catechistico e la stessa organizzazione pastorale. Quest’ultima va resa flessibile, capace di adattarsi alla pluralità delle situazioni esistenziali, alle quali proporre il metodo della vicinanza, del dialogo e della personalizzazione del cammino di fede.
L’impegno che chiedo a voi e al sottoscritto è quello di lavorare quest’anno per queste finalità. Buon anno pastorale.

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