In breve:

Domenica 27 settembre l’ordinazione di don Marco Congiu

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di mons. Antonello Mura

L’ordinazione presbiterale di don Marco Congiu è chiaramente una bella notizia per la nostra Chiesa. Ne abbiamo bisogno. Non solo numericamente, ma soprattutto per gioire della bellezza di questa vocazione, riscoprendone il senso e il servizio.

In occasione inoltre del nostro convegno ecclesiale, è anche un’opportunità per riflettere quanto sia importante per ogni presbitero – e vescovo… – acquisire lo stile di Gesù nel proprio ministero.
Per farlo riprendo alcune affermazioni di papa Francesco nell’omelia dell’11 gennaio 2014 a santa Marta. Il Papa dice che c’è una “pietra di paragone” decisiva per capire il nostro stile: “Se andiamo o non andiamo a trovare Gesù”. La domanda diventa: “Qual è il posto di Gesù Cristo nella vita sacerdotale? Un rapporto vivo, da discepolo a Maestro, da fratello a fratello, da pover’uomo a Dio, o è un rapporto un po’ artificiale… che non viene dal cuore?”.
Il segreto secondo il Papa è “Andare e venire da Gesù Cristo. Continuamente”. Imitandolo in particolare nei momenti di “popolarità”, quando andava a ritirarsi nella montagna, in luoghi deserti, per pregare il Padre che l’aveva chiamato alla missione.
Sono parole che ci interpellano sul nostro stile. Domandandoci ad esempio come possiamo migliorare le nostre relazioni nella comunità, dove è importante che emerga la fonte del nostro operare e del nostro servire: Gesù stesso. Non sempre i parrocchiani percepiscono quale sia la forza che ci guida e l’energia che ci sorregge. Per questo dobbiamo imparare di più e meglio a far comprendere che c’è Lui dietro quello che facciamo e che pensiamo; che quando preghiamo “non stiamo perdendo tempo” – né semplicemente ci stiamo preparando a far pregare gli altri – ma stiamo abbeverandoci a quella Fonte di vita e di vocazione che ci ha chiamati. E che continua a chiamare.
E’ vero. Ci sentiamo osservati speciali dai parrocchiani. Come dice il Papa, essi “hanno fiuto” e capiscono di che pasta siamo fatti. Mentre noi quante energie consumiamo per apparire quello che non siamo! Accettiamo infatti facilmente mondanità e popolarità per non perdere posizioni, e abbiamo paura di mostrare i nostri limiti invece di “consegnarli” al Signore, perché sia lui a trasformarli in dono. Crediamo sia meglio rimanere distanti e distinti, e adottiamo per difenderci lo stile del burocrate e dell’impiegato. Papa Francesco ci dice che non dobbiamo aver paura neanche dei nostri difetti, e riferisce per questo le parole – più consolanti che giudicanti – della gente: “Ma, sì, ha un caratteraccio, ha questo, ha quello … ma è un prete!”. Cioè vive da prete, ama da prete, muore da prete.
Il segreto è sempre e comunque quello di Gesù: dare la vita. Darla liberamente. Perdere sé per guadagnare gli altri a Gesù. Non potremo farlo se non avessimo come punto di riferimento lo stesso Gesù Cristo. “Volete andarvene anche voi?”, disse un giorno provocatoriamente Gesù ai suoi nel racconto di Giovanni, e Pietro: “Da chi potremo andare? Noi abbiamo creduto e conosciuto Te!”. E’ il papa con queste parole ce lo conferma: “Se ci allontaniamo da Gesù Cristo, dobbiamo compensare questo con altri atteggiamenti … mondani. … Ma il prete che adora Gesù Cristo, il prete che parla con Gesù Cristo, il prete che cerca Gesù Cristo e che si lascia cercare da Gesù Cristo: questo è il centro della nostra vita. Se non c’è questo, perdiamo tutto. E cosa daremo alla gente?”.
Buon cammino don Marco. Insieme a noi.

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