In breve:

L’evoluzione della paternità

Padri

di Augusta Cabras.

I ruoli di madre e padre, oggi, sono senza dubbio mutati. Nonostante questo, però, è evidente in tante situazioni quanto il padre sia più defilato (se non assente) rispetto alla madre

L’antropologa americana Margaret Mead, (1901-1978) nel suo studio del 1949, Maschio e femmina, sostiene e afferma che «la paternità è un’invenzione sociale». Per cui «gli uomini devono imparare a desiderare di provvedere agli altri e questo comportamento, essendo acquisito, non ha basi solide e può sparire facilmente se le condizioni sociali non continuano a insegnarlo». La paternità quindi, secondo Mead è un’invenzione culturale, mentre di naturale c’è e rimane solo la maternità.

In questi ultimi tempi il ruolo del padre all’interno della famiglia è però cambiato profondamente. In generale il padre autoritario – poco presente, dedito più al sostentamento che all’educazione dei figli – sta cedendo il passo a un padre più presente, accogliente, affettuoso, più dentro la relazione, in un ambito storicamente solo materno.
Prima il padre conosceva il figlio dopo la nascita, quasi che il periodo dell’attesa riguardasse solamente la madre. Ora, anche grazie alla possibilità di vedere e sentire il bambino attraverso l’ecografia, i padri sono (forse) più consapevoli di quanto accade nei nove mesi e si creano interiormente un’immagine del nascituro. Sempre di più sono presenti anche al momento del parto seguendo ogni istante della nascita del proprio figlio (a parte chi sviene prima dall’emozione o dalla paura!).

I ruoli di madre e padre sono senza dubbio mutati; probabilmente perché è mutata anche la tipologia di relazione nella coppia. Il rapporto è divenuto paritario; e anche il fatto che la donna abbia maggiori possibilità di inserirsi in ambito lavorativo rispetto al passato ha determinato delle trasformazioni nella gestione del tempo con i figli.
Nonostante questo, però, è evidente in tante situazioni quanto il padre sia più defilato (se non assente) rispetto alla madre.
In percentuale, quante madri e quanti padri accompagnano il figlio a scuola, dal medico, al compleanno dei compagni, a fare sport, a parlare con gli insegnanti, a Messa la domenica?
Possiamo ricondurre la percentuale più alta che pende per le madri al fatto che i papà lavorino di più in generale e mediamente per più ore al giorno? Quanto c’è invece di culturalmente radicato per cui la cura dei figli è considerata una prerogativa femminile? E quanto invece il legame madre-figlia, madre-figlio, per sua natura, sostanza ed essenza richiede una presenza, una vicinanza, uno stile, una modalità, un esserci, che è insostituibile?
Possiamo pensare che forse la situazione attuale rifletta la compresenza di questi tre elementi, e a seconda delle esperienze, della cultura o della sensibilità, uno di questi può prevalere sull’altro.

È certo che la genitorialità materna e paterna, rimane la condizione più sfidante, con un elevatissima percentuale di imprevedibilità; la più impegnativa oggi, ma può esserlo stata in ogni epoca; la più umanamente coinvolgente, perché in quella relazione pulsa (o dovrebbe pulsare, per essere una relazione sana ed equilibrata) l’amore puro.

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