Chiesa universale, Corpo mistico
di Augusta Cabras.
Anche la nostra Chiesa diocesana respira il soffio dello Spirito Santo e grazie a sette sacerdoti (e a numerose religiose) provenienti da diverse parti del mondo, contribuisce a diffondere la Notizia Bella del Vangelo. Una ricchezza inestimabile
«Segno evidente della cattolicità della Chiesa – dice Papa Francesco – è che essa parla tutte le lingue. E questo non è altro che l’effetto della Pentecoste: è lo Spirito Santo, infatti, che ha messo in grado gli Apostoli e la Chiesa intera di far risuonare a tutti, fino ai confini della terra, la Bella Notizia della salvezza e dell’amore di Dio. La Chiesa così è nata cattolica, cioè “sinfonica” fin dalle origini, e non può che essere cattolica, proiettata all’evangelizzazione e all’incontro con tutti».
Anche la nostra Chiesa diocesana parla tante lingue del mondo, riflesso di questa universalità, grazie alla presenza di sacerdoti e suore provenienti da diversi continenti: Africa, America, Asia.
Una ricchezza di storie, sguardi, anime giunte fino a qui per evangelizzare, per portare l’abbraccio cattolico di una Chiesa che come ama dire il papa è in uscita.
In uscita da territori e terreni conosciuti, battuti e noti per andare verso zone nuove, nella prospettiva dell’incontro, dell’accoglienza reciproca, dello scambio compassionevole.
Oggi in Italia i sacerdoti diocesani provenienti da altre nazioni sono 1476: sono 790 quelli in servizio pastorale, 686 sono studenti. A questi si aggiungono 1336 religiosi che lavorano in impegni diocesani, per un totale di 2812. Per ogni prete diocesano italiano che va in missione all’estero, (fidei donum), ce ne sono cinque che arrivano in Italia, dove coloro che accolgono la vocazione al sacerdozio sono sempre meno. L’Italia è ora terra da evangelizzare.
Nella nostra diocesi i sacerdoti sono 7, Padre Joe Eassy Matamal proveniente dall’Asia (India), religioso, non ancora incardinato;dall’Africa arrivano don Claudio Auge’, don Damiano Celeste Randrianandrianina e don Ernest Giustino Beroby, tutti e tre del Madagascar e don EgidioBula Milung del Congo. Don Joilson Macedo Oliveira arriva dal Brasile e don Alfredo Diaz dal Venezuela.
Non possiamo considerare la presenza dei sacerdoti che arrivano da altri Paesi come un rimedio alla mancanza di sacerdoti locali, ma possiamo cogliere in questa novità – per l’Italia e la Sardegna ma non per la Chiesa – il soffio dello Spirito che ci invita ad aprire il cuore, la mente, a conoscere e a sentire la vicinanza fraterna con tutte le persone della terra e a essere grati per l’apporto spirituale e di conoscenze (teologiche e non solo).
In questo modo le distanze, le diffidenze, i pregiudizi, il rischio di sentirsi in una posizione di superiorità, sono ricapitolate nel messaggio di Cristo. Come dice San Paolo: «Non c’è Giudeo né Greco, non c’è schiavo né libero, non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù». Chiesa, Corpo mistico. Da avere le vertigini.
Eppure spesso questa grandezza che commuove, si perde tra le miserie della nostra umanità, si sporca, a volte, nei pensieri e nelle parole che esprimono superiorità e peggio ancora disprezzo, verso chi arriva da terre lontane e porta una cultura diversa.
«Sono arrivato nella Diocesi di Lanusei in punta di piedi con il desiderio di incontrare i miei fratelli e le mie sorelle, di conoscere una nuova cultura e di portare il Vangelo tra la gente – racconta un sacerdote –. Qui imparo anche le tante espressioni della spiritualità popolare, così diverse dalle nostre, e le guardo con profondo rispetto. Ho conosciuto tantissime persone accoglienti e gentili, altre con un atteggiamento diffidente e razzista, ma nonostante le difficoltà, evangelizzare rimane la missione principale del sacerdote». In ogni angolo della terra e in qualunque lingua.
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