Un errore lungo 30 anni. Zuncheddu finalmente libero
di Roberto Comparetti.
È tornato a Burcei, nel cagliaritano. Beniamino Zuncheddu, assolto dalle accuse che lo hanno tenuto in carcere per oltre 30 anni, sta riassaporando il gusto della libertà. È ancora frastornato per le ultime settimane segnate da viaggi a Roma, interviste e incontri pubblici che, forse, mal si conciliano con il suo carattere schivo poco avvezzo alle ribalte.
La sua vicenda però non poteva non essere raccontata e resa pubblica, perché per una persona finire ingiustamente in carcere è una delle peggiori iatture.
La Corte d’Assise d’Appello di Roma lo ha assolto, dopo il processo di revisione per la strage di Cuili is Coccus, a Sinnai, in cui nel 1991 furono uccisi tre pastori: Zuncheddu, a febbraio dello stesso anno fu arrestato perché il supertestimone Luigi Pinna, quarta vittima sopravvissuta all’aggressione nonostante le ferite, lo accusò di aver ucciso tre pastori. Basandosi in gran parte su questa testimonianza, Zuncheddu fu condannato all’ergastolo nel giugno 1992, nonostante le sue ripetute affermazioni di non avere nulla a che fare con tutto ciò.
Nel 2017 l’avvocato Mauro Trogu ha preso in carico la revisione del processo che è stato avviato a novembre. I difensori con i consulenti hanno consultato tutte le carte che parlavano di prove a carico contraddittorie, mentre le indagini difensive hanno dimostrato la falsità di quelle prove a carico. Da qui l’iter fino alla sentenza di venerdì 26 gennaio, che ha decretato la scarcerazione dell’uomo. Uno degli errori giudiziari forse più clamorosi della giustizia italiana.
Al suo rientro a casa Beniamino per prima cosa si è recato in chiesa, nella parrocchia di Nostra Signora di Monserrat, dove il parroco, don Giuseppe Pisano, era intento a celebrare l’adorazione eucaristica. «Ero inginocchiato in preghiera – racconta – e all’improvviso ho sentito Luigia, la nipote di Beniamino, starmi accanto, segnalandomi la presenza dello zio. Lui era inginocchiato, su mia indicazione l’ho fatto avvicinare all’altare e lo ho abbracciato. Non potevo non commuovermi, perché credo che dietro a questa liberazione ci sia anche il dito di Dio».
L’arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi, Segretario generale della CEI, ha consegnato al Papa la lettera con la quale il parroco, il sindaco di Burcei, Simone Monni, e lo stesso Zuncheddu chiedono al Santo Padre che sia ricevuto in udienza privata insieme alla famiglia. «Il Pontefice – dice ancora il parroco – ha chiesto del nostro compaesano e si è mostrato felice per l’esito della vicenda».
Anche in paese le persone si dicono felici per la fine di un incubo che ha preoccupato tanti burceresi. Il sentimento dominante è di sollievo e di vicinanza a un uomo che ora dovrà ripensare la propria vita, dopo gli oltre tre decenni dietro le sbarre da innocente.
In molti si dicono meravigliati per la sua flemma nelle brevissime risposte ai cronisti che lo incalzano. Anche il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, a Cagliari per un convegno, si è detto meravigliato per come Zuncheddu non sia «incattivito» dall’ingiusta detenzione.
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