La vera politica parte dall’ascolto
di Claudia Carta.
Come una farfalla che si posa su un fiore. Così la politica dovrebbe entrare nella nostra realtà: con delicatezza e sobrietà, capace di essere una cosa bella. È stato questo l’invito e l’auspicio alla base della conversazione del vescovo di Lanusei e di Nuoro, Antonello Mura, con i candidati alla carica di Presidente della Regione Sardegna nell’incontro del 7 febbraio scorso, a Nuoro, in un teatro San Giuseppe gremito all’inverosimile.
“Rendete sempre ragione della speranza che è in voi”. Eccolo il taglio. Perché lo sguardo va rivolto al futuro – lo sottolinea a più riprese Mura, moderatore dalla precisione “maniacale” –, perché occorre incoraggiare al bene comune e non al bene di pochi, perché è importante – anche e soprattutto in momenti come questi – far emergere le idee, le visioni, le proposte. «La politica ci è necessaria ed è sempre decisiva – prosegue nella sua introduzione – ed è da recuperare nei suoi aspetti migliori».
Lucia Chessa, Renato Soru, Alessandra Todde, Paolo Truzzu. Da sinistra a destra sul palco del teatro. Alternati e alternativi. Per scelte e per posizioni. A loro il vescovo chiede «le motivazioni che vi guidano» e ancora «quali speranze volete coltivare e costruire». Infine l’invito ad ascoltare e ascoltarsi: «Non siete marziani».
Anche la platea è invitata ad ascoltare, a non prorompere in un tifo da stadio. E alla fine la platea ha accolto. Un “brava” urlato alla Chessa e un fischio a Soru quando propone di «richiamare su base volontaria i medici in pensione» sono le uniche concessioni disobbedienti a una serata di grande spessore, di incontro schietto e pacato, di ragionamento su temi e problemi della terra sarda, in cui la Chiesa si è presa l’onere (e a fine serata forse anche l’onore) di aver riunito tutti per capire e ridare alla politica quella veste bella troppo spesso insudiciata.
Politica e motivazioni.
«Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico pensa al successo del suo partito; lo statista a quello del suo paese». Il vescovo parte dalle parole di James Freeman Clarke, teologo statunitense dell’Ottocento. Lucia Chessa – segretaria nazionale dei Rossomori, alla guida di Sardigna R-esiste, nata e cresciuta a Bitti – risponde che «è necessaria una offerta politica differente, perché il resto sappiamo cosa è stato». Renato Soru, candidato della Coalizione Sarda (Rif. Comunista, Sinistra Europea, Vota Sardigna, +Europa-Azione-Upc, Liberu, Progetto Sardegna), davanti alla «frase eccessiva» dichiara che «la politica è un popolo in cammino. Avanti e insieme. Devi avere in mente un traguardo, senza lasciare indietro nessuno». Cita De Gasperi Alessandra Todde, interprete delle dieci anime del Campo largo-Centrosinistra (5Stelle, PD, Psi-Sardi in Europa, Sinistra Futura, Demos, Alleanza Verdi Sinistra, Progressisti, Fortza Paris, Orizzonte Comune, Civica per Todde): «Politica è fare. Occorre mettere la propria morale al centro per far crescere la buona politica, quella con la P maiuscola». Il portabandiera del Centro destra (Fratelli d’Italia, Lega, Sardegna al Centro 2020, Riformatori, Forza Italia, Psd’Az, Udc, Dcr con Rotondi, Alleanza Sardegna Pli), Paolo Truzzu, sostiene l’idea di «una prospettiva di impegno politico che ci impegni a diventare ciò che vogliamo essere tra dieci anni, facendo gli interessi di tutti i sardi».
I temi del dibattito.
Spazio poi ai temi di più stretta attualità: dal disincanto e la disaffezione alla politica, con la percentuale dei votanti che in Sardegna si attesta al 53,7%, come dire un sardo su due non va più a votare, ai giovani che hanno ormai «sottratto dal loro vocabolario i concetti di speranza, possibilità, rivoluzione»; dalle leggi di mercato che tutto controllano a discapito spesso di equità e valorizzazione di beni e comunità, al ruolo della leadership e del gioco di squadra; fino ad arrivare allo spopolamento, al tema spinoso della sanità, specie di quella oncologica, dei livelli essenziali di assistenza sanitaria e infine al nodo trasporti.
I giovani.
Ecco, dunque, Todde che sui giovani rimarca l’importanza di «coinvolgerli, dando loro gli strumenti e la possibilità di studiare anche quando non ne hanno i mezzi. Non si può ricevere la borsa di studio sette mesi dopo l’inizio dei corsi». Truzzu sostiene che «c’è un errore di fondo, non solo nella politica, ma nell’intero sistema sociale: abbiamo fatto credere ai ragazzi che tutto sia a portata di mano, togliendo loro il desiderio e lo sforzo del sacrificio, non gli abbiamo fatto capire che si può anche perdere». E mentre Chessa fa autocritica «come insegnante, come politica e come esponente di una generazione altra», dichiara che «stiamo lasciando macerie a questi giovani in tutti i settori: la scuola, il lavoro, la sanità. Hanno ragione di puntare il dito». Soru risponde che «i giovani più che ascoltare, osservano. Delle nostre prediche se ne fanno davvero poco, mantengono però la voglia di cambiare il mondo, sono curiosi e interessati. Il politico deve investire sui giovani, come fa un padre di famiglia con i figli».
Politica e leggi del mercato.
Sulla politica chiamata a destreggiarsi tra le dinamiche dei mercati, l’esponente di centrodestra fa rilevare come «certe decisioni siano già prese da fuori, non solo a livello nazionale, ma a livello europeo, dove le lobby si muovono molto bene». La leader dei Rossomori insiste sulla necessità di «irrobustire la democrazia, non tanto la figura del presidente quanto gli organismi assembleari che rappresentano, quelli sì, i cittadini, e si appella al principio di sussidiarietà». Soru plaude alla domanda «bellissima e complicata», evidenziando non solo gli «abusi del mercato: il liberismo sfrenato, lo sfruttamento dei lavoratori, la tentazione delle aziende di conquistare posizioni di vantaggio», evidenziando però che «il mercato ha funzionato fino a oggi, ma ora tutto è cambiato: dalle tecnologie, ai numeri, alla creazione di nuovi monopoli. Al centro va messo il bene comune».
La candidata del Campo Largo insiste su una «classe dirigente europea forte e libera. La Sardegna non si è fatta sentire come avrebbe dovuto in Europa: avevamo gli uffici desolatamente vuoti. Occorre mettere insieme una classe dirigente che non abbia conflitti di interesse».
Spopolamento e gestione case vuote.
A Lucia Chessa l’apertura sul tema dello spopolamento: «È difficile vivere nei paesi piccoli in un’epoca dove è l’area urbana a farla da padrone, anche perché tutto ciò che era piccolo è stato soffocato, dal momento che non garantiva sicurezza e tornaconto. La gente non va a vivere nei borghi perché ci sono le case vuote, ma perché ci trova i servizi». Eppure – fa notare Renato Soru – «due terzi della popolazione sarda vive nei paesi. Il nodo è quello di dare una prospettiva. Credo che le tecnologie digitali possono invertire la tendenza di spostarsi nelle grandi aree, al pari di una nuova considerazione dell’ambiente. Sono ottimista». E strizza l’occhio a una «politica dell’accoglienza per chi viene da fuori». Alessandra Todde non la vede così semplice: «Se Area (l’Azienda Regionale per l’Edilizia Abitativa attraverso cui la Regione risponde alla domanda abitativa di soggetti in condizioni economiche e sociali disagiate, ndr) si occupasse davvero di manutenzione, se ci fossero i fondi per gli studenti fuori sede, se si lavorasse per recuperare il senso di coesione sociale, allora si renderebbe più semplice la vita a chi abita nelle piccole comunità». Ma Paolo Truzzu fa notare come «oltre il 90% delle abitazioni sono private. Le strade sono due: o si fanno più figli o si studiano strategie per portare le persone ad abitare quelle case. La vicende dell’Einstein Telescope è una sfida da non lasciarsi scappare».
Sanità e assistenza.
Su sanità e livelli sanitari essenziali il dibattito si fa ancora più corposo, con l’esponente della Coalizione Sarda ad aprire: «Giù le mani della politica dalla sanità: non può essere un luogo dove raccogliere consenso e potere, perdendo di vista la cura alle persone. Occorre entrare nella modernità, investendo sulla transizione digitale della sanità. La spesa sanitaria non è più bassa che nelle altre regioni. Paghiamo la disorganizzazione e un sistema che non funziona, pur avendo ottimi medici. Mancano anche gli infermieri. E non possono pagarne lo scotto i cittadini».
Dal centrosinistra emerge da un lato l’urgenza di mettere mano al «disastro delle infrastrutture stradali» e dall’altro l’importanza che «la sanità resti pubblica. Il privato serve ed è importante, ma non può sostituire il pubblico. Occorre allora rivedere i concorsi, proporre degli attrattori ai medici, ripartire dai distretti e dalla medicina territoriale, realizzare il registro dei tumori. Così come va ripristinato l’Oncologico di Cagliari e messa mano alla prevenzione, totalmente cancellata, e alla gestione del dopo intervento». L’allarme sale anche dal centrodestra: «Le previsioni per quest’anno dicono che un terzo degli ammalati non potrà fare radio terapia in Sardegna. Non serve una nuova riforma sanitaria, quella attuale ha luci e ombre. Piuttosto occorre intervenire sul coordinamento. E serve una nuova classe di medici: per questo sono state aumentate le borse di specializzazione. Così come è fondamentale investire sempre più su telemedicina e nuovi strumenti, sfruttando anche le risorse messe a disposizione dal Pnrr». Sulla riforma degli accessi alla professione interviene la candidata di Sardigna R-esiste, sottolineando le retribuzioni minime dei medici di guardia medica: «È necessario un vero piano di stabilizzazione e una revisione del rapporto tra pubblico e privato. Va anche ripensata la medicina territoriale per una popolazione che sta invecchiando sempre più, parlo dunque di assistenza domiciliare, perché la civiltà di un popolo si misura anche su questo: non lasciare i vecchi da soli a morire. Temo che nessuno stia facendo niente, visto anche le due precedenti riforme che hanno letteralmente asfaltato la sanità, imponendo decisioni solo dall’alto».
Trasporti e continuità territoriale.
Si chiude sui trasporti con la Todde che rileva quanto «la tariffa unica non funzioni: occorre un modello differente per il quale stanziare soldi sufficienti. Le compagnie non possono elaborare un bando di sei mesi in sei mesi, così come è necessario distinguere chi viaggia per motivi di salute o di studio. Non possiamo accettare i numeri dei flussi dettati dall’UE, ma dobbiamo presentare loro quelli che giustificano un nostro bisogno». Truzzu rimarca l’importanza di «andare a Bruxelles accompagnati dal governo e non in solitaria, utilizzare i fondi a disposizione per le regioni periferiche e ragionare sulla concorrenza dei nostri aeroporti», richiamando poi il modello in uso in Corsica e alle Baleari. Per la Chessa se è vero che «il diritto alla mobilità incrocia con le leggi europee», è altrettanto vero che «il diritto di ciascuno a spostarsi viene prima». Chiude Soru a ricordare i trascorsi da capo dell’esecutivo regionale: «Le leggi europee permettono di derogare per garantire il diritto ai residenti: ho avuto la possibilità di migliorare il servizio dei collegamenti, passando da due a otto città. Poi si è deciso di estenderlo a tutti e si è fatta avanti la tariffa unica. A quel punto l’Europa si è fatta sentire ed è riesploso il problema. Se io fossi Presidente, giustificherei il diritto dei sardi e andrei a Bruxelles. Questo lo si può fare».
Dopo oltre due ore la platea applaude a lungo tutti e tutto. Lo stile e il modo di argomentare. La Politica riparta da qui.
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