In breve:

“Perché tu sei prezioso ai miei occhi”

Rigoldi

Il Premio Persona Fraterna 2023 è andato a don Gino Rigoldi, mente e anima della fondazione che porta il suo nome. Una vita spesa per i ragazzi del carcere minorile di Milano

Non è un bel mondo quello visto con gli occhi dei ragazzi reclusi nel Beccaria di Milano, il carcere minorile del capoluogo lombardo. Il perché traspare dai versi di Francesco Guccini: «Il cielo là in prigione non è cielo: è un qualche cosa che riveste il giorno e il giorno dopo e un altro ancora sempre dello stesso niente».

Un piccolo grande uomo. Gino Rigoldi. Di più. Don Gino Rigoldi. Uno che il vangelo lo vive quotidianamente dietro le sbarre, dove i ragazzi hanno da tempo dismesso i panni dell’innocenza e della spensieratezza senza forse averle mai davvero vissute. Uno che non ha girato la faccia dall’altra parte, ma che ha cercato con insistenza quegli occhi, quello sguardo perso nel nulla, quel viso intriso di rabbia, di noia, di non senso, spesso bullo e spavaldo. Perché? Ne vale la pena? «Sempre», risponde Rigoldi. E non ha dubbi. Occorre saper ascoltare. Senza stancarsi: «L’ascolto delle persone è un arma molto importante affinché si possa comprendere come poter esser di aiuto e come questo aiuto possa essere proficuo. Ma l’ascolto da solo non basta: occorre farsi carico della persona come un fratello, condividerne le paure, le insicurezze, avere un rapporto di vita con lui, facendogli sentire che si è al suo fianco, pronti a sostenerlo, perché la sua vita è molto importante per noi».

A fronte di un problema grosso e irrisolto come quello delle carceri, don Gino suggerisce la possibilità di assicurare dignità e senso alla detenzione, costruendo degli obbiettivi, affinché il percorso di accompagnamento verso la percezione dell’errore sia coadiuvata dal senso di responsabilità, possibilmente tendente a una occupazione capace di accelerare questo processo di reintegrazione nella società.

Creare rapporti, costruire progetti, tessere relazioni, in un incontro io-tu, l’unico possibile perché da quel binomio rinasca prima la fiducia in se stessi e poi quel senso di noi che permetta di riprendere il percorso con rinnovata speranza. Un cammino lungo, complesso, irto di pregiudizi, di rifiuti, di ostacoli, ma davanti ai quali non si può indietreggiare. E don Gino Rigoldi non ci ha pensato mai neppure un istante. Ecco perché il Premio «intende sottolineare il suo impegno portato avanti per oltre cinquant’anni, evidenziando la sua capacità di essere animatore instancabile di relazioni, sia all’interno del mondo dei ragazzi detenuti che nelle istituzioni, sostenuto dalla convinzione che nessuno deve rassegnarsi nei confronti dei ragazzi che hanno compiuto un reato, atteggiamento che genera in tutti un diffuso senso di fallimento educativo».

Ecco la certezza, dunque. Quella di continuare a creare progetti che intendono incidere sui fattori che portano nella società all’esclusione dei giovani, impedendone così la piena integrazione nella comunità e creando delle condizioni per compiere dei reati. In una parola, prevenzione. A partire dalla scuola e dal lavoro, luoghi primari per la costruzione di relazioni.

«Grazie don Gino per il tuo impegno coraggioso e creativo – si legge nella motivazione del Premio – grazie per la fiducia che ispiri nei giovani, grazie perché continui a chiedere – in un tempo disattento e amante delle deleghe – che il tema dei giovani detenuti non esca dall’agenda sociale, ma impegni tutti, affinché il carcere non sia una sterile punizione, ma un luogo di educazione dove poter ricominciare a credere e a sperare nella vita». (c.c.)

 

 

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