In breve:

Una presenza che si fa ascolto

Scuole

Per la Pastorale giovanile
In un primo momento avevo un po’ di timore a tornare tra i banchi di scuola, dove anche io non molto tempo fa sono stato, però la schiettezza dei ragazzi mi èsubito arrivata come un grido di liberazione che mi toglieva ogni possibilità di suggestione, e mi rendeva libero di esserci, di ascoltare, di dialogare. Tantissime le domande, altrettanti i temi: il sacramento del matrimonio, i rapporti sessuali, la pedofilia, l’omosessualità, l’aborto, l’importanza della vita, il Vaticano…

Una in particolarmente mi ha colpito personalmente: «Perché, nonostante tutto, lei rimane al servizio delle comunità, fiero della sua scelta?». Dopo qualche secondo, mi è venuto da rispondere: «Il fatto che ci siano delle persone che si fidano della Chiesa, che si fidano di me…nonostante tutto». Silenzio.

In ogni dialogo abbiamo cercato di aprire orizzonti più grandi, per far comprendere che la Chiesa vive e abita in un mondo più ampio e ha degli spazi belli anche al di fuori dei nostri edifici e dei soliti luoghi di incontro. Don Alfredo

Incontrare i giovani laddove trascorrono la maggior parte del loro tempo è davvero un dono, è quasi come andare a “casa” loro… Mi piace definire questo movimento di uscita della nostra equipe con il motto di don Milani “I care”, “ho a cuore, mi importa, voglio prendermi cura di te”. Questo il primo messaggio che ho desiderato i giovani percepissero con la mia presenza, “ci state a cuore, per la Chiesa siete importanti”. Mi sono messa in ascolto delle parole e dei silenzi, degli sguardi, delle domande e dei dubbi, senza la pretesa di dare risposte esaustive e ricette, ma lasciando aperto il varco del dialogo. Porto con me da questa esperienza i volti pieni di vita ed entusiasmo dei nostri giovani e tante domande: “Nelle nostre comunità parrocchiali c’è spazio per i giovani? Quanto si sentono accolti e compresi? Ci poniamo in ascolto delle loro domande, delle speranze, dei sogni e delle paure per il futuro? Perché una buona parte di giovani non sente più la necessità di esserci nella Chiesa?” Anche noi chiediamoci: “I care”? Suor Lirie

Ritornare a scuola dopo tanti anni mi ha fatto capire che le dinamiche sono cambiate poco. È bello vedere i ragazzi che hanno voglia di sapere alcune cose sulla Chiesa che di solito sono nascoste, che non si sanno o si pensa di sapere, ma che tutti raccontano in maniera talvolta distorta. Penso all’ignoranza su certi argomenti che a volte vengono presentati solo come pettegolezzi per sminuire Chiesa e preti. Pur sapendo che l’ora di religione non è catechismo, ma nemmeno un ora di lezione qualunque, in una scuola “laica”, credo che la figura del sacerdote serva per attivare tanti meccanismi legati non solo alla fede, ma all’esistenza di ciascuno.

La nota più triste è stata quella di sentire tanti ragazzi che non vivono più la parrocchia dopo aver vissuto gli anni di formazione all’Iniziazione Cristiana e alla preparazione dei sacramenti sempre e solo con costrizioni, obblighi e regole da rispettare, e soprattutto perché non hanno percepito accoglienza dal parroco.

Vivere la Parrocchia non dovrebbe essere solo Messa e catechismo, ma coinvolgimento dei ragazzi in tante esperienze della vita parrocchiale; dalle opere caritative alle iniziative diocesane, sempre capaci di progettare e organizzare attività giovanili in parrocchia. Don Federico

 

Tra gli studenti

«Il confronto che c’è stato tra noi studenti e don Alfredo esprime bene il concetto dell’andare “oltre”: oltre quella che sembra l’indifferenza dei giovani nei confronti della Chiesa e della religione, oltre quello che molti dicono e oltre quei concetti pieni di pregiudizi che spesso vengono giustificati attraverso la religione. Per quanto io possa credere e sia però lontana dalla Chiesa e dalla sua posizione su alcuni temi, credo vivamente in quella che è l’affermazione “ama il prossimo tuo come te stesso”: è ciò che mi ha fatto capire l’apertura della Chiesa anche a quelle che sono le esigenze di coloro che da essa si sono allontanati.

Inoltre, è stato bello notare il rispetto nei confronti di tutti. Le parole ascolto e dialogo sono quelle che più descrivono questo progetto di comunicazione con noi giovani, atei o credenti, pieni di ideali e valori che necessitano di un continuo confronto».

«Vorrei ringraziare la Chiesa per il percorso formativo che mi ha offerto come persona, anche se talvolta richiedeva notevoli sacrifici. Dalla Chiesa vorrei sempre il supporto e apprezzo il fatto che apra le sue porte a tutti».

«Ciò che apprezzo di più è che per molte persone la Chiesa rappresenta un rifugio sicuro per riflettere».

«Ricordo una delle cose che non mi piaceva, il senso d’obbligo: quando dovevo fare la comunione o la cresima, la nostra catechista ci pressava molto sul dovere andare per forza ogni domenica in chiesa altrimenti ci avrebbe impedito di prendere il sacramento. Questo rendeva tutto molto meno piacevole e più pesante. La domenica dovrebbe essere una giornata di riposo, non dovrei sentirmi come se fossi ancora a scuola».

«Sarebbe bello se si coinvolgessero i giovani con attività interessanti e giochi. So che non è una richiesta semplice, ma ormai la Chiesa dalla maggior parte di noi viene vista come qualcosa di bigotto e arcaico, come qualcosa che non si apre alle novità e ai cambiamenti di questo nostro tempo».

«Credo che la Chiesa possa aiutarci a essere più rispettosi verso il prossimo e dare risposte alle domande difficili».

«Personalmente non ho mai avuto esperienze negative nell’ambito ecclesiastico. Mi reputo credente, ma non sempre praticante. Apprezzo lo spirito caritatevole e solidale che la Chiesa trasmette alla comunità. Credo che possa andare incontro ai giovani accettando le loro opinioni e aiutando gli adolescenti nelle fragilità, sostenendoli nella propria crescita spirituale, umana e anche nell’accettazione del prossimo senza pregiudizi e differenziazioni sociali».

«Don Federico era talmente a suo agio che sembrava un nostro insegnante!».

«Quando Don Alfredo si è seduto sulla cattedra, l’imbarazzo mi è passato. Sembra un ragazzo come tutti gli altri!».

 

Il coraggio degli insegnanti

Iosè Pisu: «Sono rimasto positivamente colpito dalla partecipazione di tutti gli alunni, sia per l’attenzione che hanno mostrato nell’ascoltare Don Federico, ma anche nel rispondere con sincerità alle domande partendo dalla loro esperienza all’interno della Chiesa. Una preziosa occasione per poter ascoltare i giovani senza che si sentissero giudicati per la loro non vicinanza alla vita ecclesiale».

Mariella Melis: «I ragazzi sono stati travolti e travolgenti. I ragazzi hanno espresso il desiderio di poter rifare questa esperienza, perché il tempo volava. Tanta voglia di parlare ed essere ascoltati».

Pina Rosa Vacca: «La prima e più grande sfida di questo progetto è portare la Chiesa ai giovani e tra i giovani e non chiamare i giovani alla Chiesa. Accogliere Don Federico e Don Alfredo a scuola, nella comfort zone dei ragazzi, è stato molto più semplice e ha fornito loro il coraggio per affrontare un dialogo visto sovente con riserva e titubanza».

a cura della Pastorale giovanile e Pastorale scolastica

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