In breve:

La Sardegna non è (più) una regione per giovani

culle vuote

di Mons. Antonello Mura.
«Il giorno in cui nasce un figlio si capisce cosa ci sto a fare nella vita». Questa affermazione, “rubata” tempo fa a un taxista con la voglia di parlare, mi èrimasta nel cuore come bella opportunità per un “biglietto augurale”, da inviare a chiunque fa l’esperienza della genitorialità.

Ora invece, a far sussultare, e con risultati opposti, sono i dati Istat relativi al 2022, che risultano impietosi per la Sardegna. Non solo un calo della popolazione residente – la Sardegna ha il tasso di decrescita più alto, meno 7%, insieme a Basilicata, Molise e Calabria – ma anche, contemporaneamente, un dato di fecondità che attribuisce alla nostra regione lo 0,95, meno di un figlio per donna. Per chiarezza, la regione con la fecondità più alta è il Trentino-Alto Adige, con un valore pari a 1,51 figli per donna.

In Sardegna per ogni bambino ci sono 7,4 anziani e il 25,1 dei residenti ha più di 65 anni.

I dati sono impressionanti, insieme a un altro elemento, al contempo sorgente e culmine di tutti gli altri, quello cioè che dimentica che la vera ricchezza è il nostro “capitale umano”.

Questo capitale subisce oggi un forte ridimensionamento, non solo a causa della diminuzione della popolazione giovane, ma anche con lo spopolamento scolastico e con la conseguente riduzione, ad esempio, del numero dei laureati. Molti scelgono tra l’altro di lasciare la nostra regione, portandoci via non solo numeri, ma anche qualità e competenze. Mentre i dati continuano a confermare questo fenomeno, nulla sembra cambiare per contenere o arginarne le conseguenze. In particolare non emergono decisioni alternative da parte di chi ha la responsabilità politica e istituzionale di orientare il futuro. Per questo ascoltare un giovane che vuole immaginare il suo futuro in Sardegna è un miracolo, soprattutto se ha fatto altre esperienze fuori dall’isola, ricavandone prospettive che da noi mancano. Ma non possiamo costruire il nostro futuro solo desiderando di confermarci un’isola per le vacanze!

Sarà importante per il futuro affrontare, in modo strutturale, anche il fenomeno dell’immigrazione, da vedere non soltanto come un’emergenza, ma sarà ancora più decisivo il ritorno del tema famiglia nell’agenda sociale, tema paradossalmente più evocato che affrontato.

Nei suoi confronti infatti il clima, nonostante la retorica abbondante, è sempre poco amichevole. Chi ha famiglia non viene agevolato nello spazio pubblico e neanche nel mondo del lavoro. Poche le facilitazioni fiscali, soprattutto quelle per famiglie a medio reddito e modeste, in generale, le attenzioni a chi ha dei figli, tra le quali dovrebbe crescere la facilitazione economica per l’iscrizione agli asili nido. La famiglia italiana, anche rispetto ad altri paesi europei, rischia di essere più abbandonata che sostenuta, nonostante continui a essere un ammortizzatore sociale determinante, esprimendo comunque una decisiva solidità sociale ed educativa.

Se oggi oltre il 50% delle famiglie è senza figli e, tra quelle che ne hanno, oltre la metà si fermano a un solo figlio, la soluzione non passa solo da un’assistenza episodica, fatta di bonus o incentivi contro lo spopolamento. Essa ha bisogno di politiche e di investimenti audaci e duraturi per la crescita, fino a riconoscere alla fecondità e all’educazione una indispensabile funziona pubblica per il futuro della società.

+ Antonello Mura

 

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