In breve:

Un sogno chiamato Caledonia

Caledonia

di Fabiana Carta.

Quella di Marco e Chiara, due giovani di Ardali e Triei, è la storia di una partenza e di un ritorno. A novembre 2022 hanno aperto al centro del paese un tipico pub scozzese, una dichiarazione d’amore verso le terra che li ha accolti per cinque anni, ma è anche un regalo per tutta l’Ogliastra

L’altro giorno diluviava, i vetri delle finestre all’inglese erano tutti appannati. Dentro faceva molto caldo e il pub era pieno; i boccali di birra allineati sul bancone, la musica scozzese in sottofondo: tutto era perfetto, ogni cosa era come doveva essere. Ma non siamo a Edimburgo e questo non è un sogno da cui bisogna svegliarsi.

Marco Monni e Chiara Chironi, rispettivamente di 33 e 35 anni, hanno fatto una scelta inusuale: dopo cinque anni trascorsi in Scozia, per una combinazione di circostanze – o semplicemente perché era scritto nel loro destino, di questo ne sono convinti – scelgono di trasferirsi di nuovo nel paese d’origine. Di solito accade il contrario, partono per non tornare. Loro fanno di più, non solo scelgono di proseguire la loro vita nel paese delle ginestre, con un pizzico di follia aprono un pub scozzese lungo la via Carlo Alberto a Triei.

Marco e Chiara si conoscono dai tempi dell’asilo, frequentano le stesse scuole ed entrambi portano a casa un diploma Tecnico Commerciale. «Durante l’estate ho sempre lavorato nel campo della ristorazione, con grande passione. Per un periodo mi sono occupato di consegnare i prodotti ai ristoranti, in questo modo ho potuto conoscere anche quello che c’è dietro, ad esempio come si conservano, come sono classificati, ecc. Per tre anni ho preso il posto di mio fratello in un bar ad Ardali, durante l’anno del diploma», racconta Marco.

Chiara invece lavora in una pizzeria, poi come commessa, e infine decide di seguire una signora anziana del suo paese. Intanto tra lei e Marco scoppia l’amore. «Qui la situazione era morta, non avrei voluto fare quel lavoro tutta la vita. Così abbiamo iniziato a pensare al nostro futuro», spiega. Tutti siamo attratti da qualche posto nel mondo, senza un reale motivo, per un incanto irrazionale. Marco ha sempre avuto una passione smodata per l’Irlanda e ha sempre subito il fascino dei tipici pub, eppure il destino l’ha portato poco più a nord. «Mio fratello aveva deciso di partire un periodo per la capitale scozzese – ricorda Chiara – e dopo averci raccontato questa città, nel 2015 abbiamo deciso di partire. Lui intanto era già andato via. Non sarei mai voluta partire in una città enorme, venendo da Triei, un piccolo paese, temevo di non sentirmi a mio agio. Edimburgo è la capitale, ma sembra una cittadina».

Preparano i biglietti di sola andata e due valigie, alle famiglie dicono: «Partiamo all’avventura, non sappiamo cosa succederà, può essere che tra due settimane saremo di nuovo qui». Ma due settimane diventano cinque anni. Prima tappa Dublino, per una vacanza di cinque giorni, poi proseguono per la Scozia. Per loro è amore a prima vista. «Edimburgo è splendida, medievale, sembra di vivere in mezzo a vecchi castelli, ci sono tanti spazi verdi dentro la città, ti guardi intorno e vedi le montagne. Per Chiara l’unico problema è stato abituarsi al clima tipico, ci ha impiegato circa un anno!».

Dopo un periodo di assestamento trovano lavoro entrambi, lei in un hotel al centro della via più bella e suggestiva della Old Town, lui nel campo della ristorazione. La loro idea era restare a Edimburgo per almeno dieci o quindici anni, tanto che comprano casa. «Ma è arrivata la pandemia mondiale a modificare tutti i piani. Il posto in cui lavoravo ha chiuso – ricorda Marco –. Durante l’estate siamo rientrati in Ogliastra per staccare un po’, volevamo aspettare che il brutto periodo passasse, per poi ripartire. Una serie di eventi ci ha fatto cambiare direzione: la prima settimana di settembre abbiamo scoperto di aspettare un bambino e, sempre in quei giorni, ci hanno proposto di investire in un locale a Triei, che prima era una pizzeria d’asporto».

A Ottobre tornano a Edimburgo, ma scoprono che la situazione è peggiorata, la scelta di tornare a casa diventa definitiva. Il piccolo locale è poco più che un garage, ha bisogno di lavori di ristrutturazione, la missione dei ragazzi è trasformarlo in un tipico pub scozzese. Marco si fa aiutare dai suoi fratelli, Simone lo aiuta con le preparazioni in cucina e Marcello con i lavori manuali, il resto è frutto della sua buona volontà: «Ho costruito il bancone, le mensole, le panche, le cornici dei quadretti, poi ho voluto aggiungere le travi di ginepro per richiamare lo stile sardo in mezzo a tutta questa Scozia!».

Ne viene fuori un gioiellino, curato nei minimi dettagli, che prende il nome di Caledonia Pub, il nome che gli antichi romani avevano attribuito alla Scozia. L’atmosfera che si respira all’interno è magica, un luogo fuori dal tempo. Marco e Chiara hanno deciso di non rompere del tutto con la tradizione sarda, nel menu si possono trovare alcuni piatti tipici, come le tzipulas di Triei e una selezione di vini dell’isola. Ogni venerdì, per gli amanti del cibo anglosassone, propongono il fish and cips, con il pesce impanato nella tipica pastella alla birra, e in futuro potrebbe arrivare anche un piatto tipico scozzese, l’Haggis, un insaccato a base di interiora di pecora. «Vorrei portare anche la loro birra artigianale, ma è molto complicato. Ricordo che nelle passeggiate notturne a Edimburgo sentivo nell’aria un profumo che sembrava pop corn misto a malto, era l’odore che proveniva dai numerosi birrifici. Mentre pioviggina sei accompagnato da questi profumi, fa tutto parte del fascino della città», afferma Marco.

Gli abitanti del paese sembravano un po’ scettici all’idea della nuova apertura e le persone anziane non avevano ben chiaro cosa fosse un pub, ma Caledonia è un locale soprattutto per una clientela giovane, e sembra stia avendo grande successo. «Siamo felici di aver investito nella nostra terra, resta solo una leggera nostalgia della Scozia. Ci manca l’ambiente, potevi vivere tutte le stagioni: d’estate era un tripudio di verde, l’autunno un tappeto di foglie arancioni, in inverno c’era la neve. Qui a Triei è un’altra vita, è una piccola oasi di pace, un angolo di paradiso tranquillo. Non succede niente, ma forse dopo i trent’anni va bene così!», concludono.

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