In breve:

Diamante o grafite?

Diamante

di Claudia Carta.
Scegliere. Di gran lunga una delle cose più difficili.
Dipende dalla scelta, direte voi, e potrei essere d’accordo. Ma anche dietro l’opzione a prima vista più semplice eimmediata, c’è sempre una conseguenza pronta ad avvalorarla o screditarla.
Ciò che conta, però, è la possibilità di scegliere, cioè a dire qualcosa che possiamo fare perché lo vogliamo: «Libero atto di volontà per cui, tra due o più offerte, proposte, possibilità o disponibilità, si manifesta o dichiara di preferirne una, ritenendola migliore, più adatta o conveniente delle altre, in base a criteri oggettivi oppure personali di giudizio, talora anche dietro la spinta di impulsi momentanei, che comunque implicano sempre una decisione». Così il vocabolario alla voce “scelta”.

Un atto libero di volontà, dunque. Come dire che siamo le scelte che facciamo. «Tu da che parte stai? Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati o di chi li ha costruiti rubando?», canta Francesco De Gregori.

Un ragionamento che ha fatto da sfondo ai miei pensieri ascoltando le parole di Bergoglio durante il suo ultimo viaggio apostolico in Africa. La metafora del diamante è di rara bellezza. Il richiamo al pesante sfruttamento, all’avidità dei Paesi più ricchi, al “colonialismo economico schiavizzante”, a cui ha fatto seguito il monito pesantissimo «giù le mani dall’Africa!», è di portata mondiale. E qui la differenza: «È interessante – sottolinea Francesco – che a costituire i diamanti siano semplici atomi di carbonio i quali però, se legati diversamente tra loro, formano la grafite: in pratica, la differenza tra la luminosità di un diamante e l’oscurità della grafite è data dal modo in cui i singoli atomi sono disposti all’interno del reticolo cristallino. Fuor di metafora, il problema non è la natura degli uomini o dei gruppi etnici e sociali, ma il modo in cui si decide di stare insieme: la volontà o meno di venirsi incontro, di riconciliarsi e di ricominciare segna la differenza tra l’oscurità del conflitto e un avvenire luminoso di pace e prosperità».

Penso a chi ha responsabilità politiche, a chi si mette in gioco per averne, nelle nostre comunità e a tutti noi che dobbiamo scegliere. E allora Africa o Italia, Congo o Sardegna, Kinshasa o Tortolì non fa differenza: «Chi detiene responsabilità civili e di governo è chiamato a operare con limpidezza cristallina, vivendo l’incarico ricevuto come un mezzo per servire la società. Il potere, infatti, ha senso solo se diventa servizio».

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>