In breve:

Quaresima. Correre o salire?

trekking

di Mons. Antonello Mura.
Siamo tutti, consapevolmente o meno, dei gran corridori: dall’alba al tramonto, e anche dopo. Corriamo prendendoci più impegni di quelli che sarebbe opportuno o forse semplicemente possibile, altre volte siamo proiettati in un continuo slalomtra appuntamenti per lavoro, per la famiglia e per le amicizie, e si corre anche nel tempo libero. Da qui l’impressione di non aver mai tempo, dell’essere sempre in ritardo o di aver dimenticato qualcosa di importante. Ma non solo: correre comporta sperimentare il nervosismo e, come corde di violino, essere sempre in tensione, passando dall’essere imbronciati o chiusi al diventare taglienti anche solo con una battuta.

Un tale stile di vita svuota e conduce sempre fuori da se stessi, lontano dai luoghi autentici di ristoro e, soprattutto, mai sazi, perché la sete vera, quella dell’anima, rimane inappagata.

La Quaresima è un tempo per conquistare piena consapevolezza che anche la nostra anima ha una fame da soddisfare: fame di luce, fame di consolazione, fame di bellezza, fame di orientamento, fame di autenticità, fame di verità, di punti fermi, di valori, di pace, di gioia. Che si riassumono in una fame ben evidente: fame di preghiera, fame di Parola. Dove anche il digiuno è una bella occasione per ascoltare l’altra fame che c’è in noi.

Gesù nel Vangelo propose un giorno ai suoi discepoli un impegno ben più decisivo del camminare e del correre: «Saliamo a Gerusalemme». Salire a Gerusalemme è metafora del cammino quaresimale, e forse della stessa vita. Gerusalemme è il traguardo dove ci si rivela per quello che veramente si è, e per Gesù rappresentò il luogo del dono di sé e della vittoria sulla morte.

Mentre altre scalate possono essere più attraenti, e non mancano arrampicatori che si affannano per altri traguardi, farsi pellegrini verso Gerusalemme sazia come nessun’altra sorgente.

Lo sanno, per rimanere alla metafora, tutti quelli che custodiscono nel cuore la suggestione di una cima raggiunta, dopo ore faticose; quelli che amano l’andare in silenzio, in compagnia di uno zaino, stringendo solo le labbra e immaginando che, dietro l’angolo, presto comparirà la cima desiderata. E nel salire avvertono la gioia di sentirsi liberati da tutto ciò che soffoca pesantemente la vita, fino a respirare, al traguardo, un’aria nuova.

Questa è la Quaresima: salire a Gerusalemme e contemplare dall’alto il giorno pasquale, un giorno di risurrezione. Avendo avuto, prima, il coraggio di “tirarsi fuori” dal correre quotidiano, dal camminare senza meta, dal non senso di molte esperienze.

Occorre però coraggio per “ritirarsi” e avere delle pause, come faceva Gesù nel deserto. Il coraggio di non lasciarsi macinare dalla ruota delle cose e il coraggio di scegliere cosa mettere di essenziale nello zaino, il quale non regge – non fosse altro che per mancanza di spazio – cose futili o non necessarie.

L’anima si coltiva con una Parola giusta, quella del Vangelo, con una preghiera autentica, carica di umanità e di fiducia nella vita e in Dio, e con un amore che eviti che gli altri – come diceva il poeta Pessoa – siano solo un “puro paesaggio”. Ecco perché nella Quaresima, nel salire verso Gerusalemme, posso finalmente scoprire l’ennesima possibilità della mia conversione.

+ Antonello Mura

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