Grazie, don Piras
di Claudia Carta.
A volte un grazie non basta.
Non basta a raccontare tutto l’amore ricevuto e donato. Non basta a dire la bellezza dei gesti, delle parole, dell’esempio. Non basta nemmeno a ritrovare, nei luoghi e tra la gente, il segno evidente di una presenza costante.
Ma oggi dire grazie nel salutare don Mario – semplicemente donPì per tutti noi che in vent’anni siamo cresciuti con lui – è quanto di più naturale possa sgorgaredall’animo.
Grazie al Signore che ce lo ha donato, lo ha donato alla diocesi e alle diverse comunità che lo hanno visto svolgere il suo ministero. Lo ha donato alla nostra comunità jerzese. E ce lo ha donato tutto intero: pregi e difetti, punti di forza incredibili e fragilità, entusiasmo dei diciottenni e testardaggine dell’uomo maturo, oratore sanguigno dal pulpito e curato di campagna, semplice e sorridente. Uomo e sacerdote per sempre: «Se rinascessi cento volte, cento volte sarei un sacerdote».
Sempre. Come il suo essere presente. Come la sua capacità di aiutare tutti. Come il suo modo di unire. Come la volontà di ascoltare. Come il suo farsi vicino con discrezione. Come il suo accogliere chiunque arrivasse in paese: «Da dove vieni? Fermati con noi, ti troverai bene». Esempio luminoso e chiaro di Chiesa in uscita, aperta alla comunità con il suo stile inconfondibile, figlio dei suoi tempi e della sua formazione, ma autentica e senza fronzoli.
I libri, la cultura, la musica, la preghiera. E poi i viaggi, i giovani, l’Azione Cattolica, il Presepe, il caffè insieme la domenica dopo la Messa, la compagnia alla sera in settimana dopo la celebrazione feriale. L’abbiamo visto ridere a crepapelle, dondolarsi allegramente sull’altalena, mangiare con gusto pane e mortadella e coppa gelato, addormentarsi sereno in poltrona al calore del fuoco dopo un pranzo con i suoi ragazzi, arrabbiarsi e rimproverarci quando qualcosa non andava bene. Ma l’abbiamo visto anche commuoversi per la morte delle persone più care, pregare il Rosario e il breviario ogni giorno davanti al Santissimo o passeggiando in piazza, accompagnare ogni momento spirituale con suo instancabile monito: «Non spegniamo il lumicino fumigante».
Quando il primo giorno dell’anno, Maria Santissima Madre di Dio, all’omelia era solito sottolineare: «Ieri a mezzanotte, mentre i botti annunciavano l’arrivo del nuovo anno, ho pregato per tutti voi affidandovi alla Madonna», lo guardavamo sorridendo. Lui si accorgeva. Sapevamo che nemmeno i botti erano capaci di svegliare il suo sonno verace. E quando glielo facevamo notare, strizzava l’occhio aggiungendo: «Però ho pregato prima di addormentarmi».
Grazie don Pì. Tutto quello che siamo oggi, lo dobbiamo anche a te. E tu continui a vivere in noi e in tutto ciò che ci hai insegnato.
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