In breve:

Nulla di fatto

Bollette

di Claudia Carta.
Non so dire esattamente quale sia la parola più adatta a definire il tempo che stiamo vivendo. Forse perché una non basta, o forse perché avrebbe infiniti sinonimi a disegnare un quadro dalle tinte fosche, dove le ombre prevalgono sulle luci. Una frase, oggi, vera nel senso letterale dei termini. Luci spente. Nei negozi e nelle aziende. Laddove le saracinesche non sono abbassate definitivamente, le vetrine sono opache, illuminate per metà e con luci soffuse all’interno. Nelle case forse si sta imparando a spegnerla, qualche luce, emblema abbagliante di brutte abitudini che fanno rima con spreco e noncuranza.

In tutto questo buio, alle stelle ci sono solo i prezzi delle bollette. Costi insostenibili che pesano come macigni sulle spalle di famiglie e imprese. Vedo chi ha lavorato una vita, chiudere. Vedo chi gestisce un’azienda, licenziare padri di famiglia o giovani che una famiglia se la stanno costruendo, fra mutui, sogni e progetti. Vedo contratti a tempo pieno diventare a metà tempo, dunque metà stipendio. Le spese, però, restano sempre intere e tre volte tanto. E aveva ragione Woody Allen: «Se il denaro non dà la felicità, figuriamoci la miseria». Ma è altrettanto vero, per dirla con Montesquieu, che «un uomo è povero non già quando non ha niente, ma quando non lavora». Ed è allora questa povertà che occorre sconfiggere, non perché sia un atto di carità, ma perché è un atto di giustizia, parafrasando le parole di uno che risponde al nome di Nelson Mandela. E mentre apprezzo Bukowski quando dice che «solo i poveri conoscono il significato della vita; chi ha soldi e sicurezza può soltanto tirare a indovinare», riconoscendo la profonda dignità e la caratura morale di chi oggi ha perso tutto e tenta di non soccombere dinanzi a difficoltà economiche schiaccianti, credo che davvero vadano dati segni e risposte concrete, tangibili, più materiali possibili, per affrontare una congiuntura pazzesca nella sua negatività.

Alla luce della fede. Sì. C’è rimasta solo quella, direbbe qualcuno. E per fortuna non si paga! Ma chi la fede non ce l’ha? La fede senza le opere è morta in se stessa. A noi il compito di portare luce. Va bene. Di dare ragione della speranza che è in noi. Va bene. Di pregare e farci prossimi di chi è in difficoltà. Va bene. Poi, però, c’è bisogno anche di decisioni prese e non di proclami elettorali. Di onestà politica a servizio del bene comune. Perché se è vero che Dio è capace di costruire sul nulla, ci chiederà conto anche del nulla che abbiamo fatto.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>