Come ti scrivo la pace
di Claudia Carta.
Come le lancette di un orologio. Otto movimenti in tutto, da destra verso sinistra. È l’alfabeto semaforico. A parlare sono le bandiere. Le lettere nasconoposizionando le braccia ad angoli diversi. Facile. Non proprio.
Gerald Holtom. Disegnatore e pacifista britannico. Laurea al Royal College Art di Londra. L’alfabeto semaforico lo conosceva eccome. Nella terra dei centenari oggi avrebbe avuto 108 anni. Oltre Manica si è fermato a 71. Non senza lasciare traccia indelebile.
21 febbraio 1958. Dentro un cerchio, tre linee. Combinazione della lettera N – rappresentata da due braccia distese verso il basso a 45° – con la lettera D – un braccio disteso sopra la testa, l’altro disteso in basso –. Nuclear Disarmament. Esattamente 64 anni fa, il popolo della pace poteva disegnarsi il volto, le mani, i muri, i libri, le strade con il no alla guerra ideato da Holtom. In quel cerchio così piccolo si agitava il clamore del mondo, fatto di giovani e studenti, di dissenso alla forsennata corsa agli armamenti nucleari, di terrore e ansia dinanzi ai freddi blocchi contrapposti di Usa e Urss. Se il secondo conflitto mondiale si era rivelato drammatico, catastrofica era l’immagine di un imminente nuovo conflitto. Guerra di nervi. E non solo.
Il simbolo della pace univa il movimento di protesta, sorto in quegli anni, sotto una sola voce e una sola lingua.
Ma l’artista, nato nel 1914 in un sobborgo di Londra, aveva negli occhi anche un’altra immagine: quella cupa dell’uomo di Francisco Goya nell’olio su tela del “3 maggio 1808”, conservato al Prado di Madrid, che racconta il sacrificio dei patrioti spagnoli in opposizione all’invasione delle truppe napoleoniche. La scena: oscurità. Solamente una lanterna illumina il buio della sera. La luce è diretta verso un ribelle, condannato a morte. Un povero contadino. Dignitosamente affronta il suo sacrificio a favore della libertà. Il contadino è inginocchiato, con le braccia alzate, e guarda direttamente il plotone di esecuzione.
Holtom inizialmente immagina il simbolo della pace con le linee divergenti rivolte verso l’alto, come quelle braccia alzate. Disperate. Rassegnate. All’ultimo momento, però, l’artista decide di abbandonare ogni simbologia negativa e rovescia il disegno originale, oggi custodito al Museo della Pace di Bradford in Inghilterra.
Perché la pace non è mai rassegnazione. Non è mai debolezza. Nemmeno oggi che i venti di guerra soffiano minacciosi a due passi da casa nostra. «La guerra è il controsenso della creazione», ha affermato il Papa. Allora rimettiamo insieme le lettere giuste e non stanchiamoci di scriverla questa pace.
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