In breve:

Due donne alla guida del Molino Demurtas

Mugnaie

di Federica Cabras.

«Sin da piccole, abbiamo respirato il profumo della farina e passato i pomeriggi tra i sacchi della crusca che, accatastati, ci sembravano dei fortini tra i quali nasconderci. Eravamo incuriosite e affascinate dal meccanismo e dal fragoroso rumore emesso dai macchinari». 
Sembra di vederle, lì, Nandina e Maria Grazia (rispettivamente trentaquattro e trentatré anni), a giocare in mezzo a quei profumi caratteristici, a quei suoni meccanici, al duro lavoro degli uomini della famiglia, alle esclamazioni di soddisfazione e ai rantoli di fatica. E chissà come avrebbero reagito, le due bimbe, se avessero saputo che sarebbero state loro, a distanza di decenni, le prime donne a tenere le redini di un’attività di famiglia tramandata di generazione in generazione fin dagli anni Trenta.
Ma facciamo un passo indietro. Fu Daniele Demurtas, il bisnonno delle ragazze, a creare il Molino Demurtas, oggi considerato realtà storica. Molti i traguardi, da allora. Basti pensare che l’imponente impianto a dieci passaggi di molitura – con cui ancora ora si lavora – venne installato nel ’57 e fu il primo in Ogliastra. All’epoca, presenti nell’impresa di famiglia anche i fratelli Serafino e Vincenzo.
«Noi rompiamo gli schemi», affermano con la luce negli occhi. Perché, checché se ne dica, le passioni più forti, quelle che danno una ragione per sperare e che si legano a doppio filo alle persone, nascono quando si è giovani, appunto, e il loro non è stato un destino imposto bensì scelto. Amato. Rispettato. Inseguito.
Nonno Giuseppe fece conoscere loro le peculiarità del mestiere che svolgeva con tenacia ed entusiasmo; proprio lui, che lavorò fino agli ottant’anni, tramandò alle sue nipoti l’amore per un lavoro duro, certo, ma denso di soddisfazioni.
E ancora, dopo di lui, furono Daniele e Tonino a continuare quest’importante opera.
«Nostro padre Daniele ci ha trasmesso la passione per un mestiere che ha portato avanti con grande orgoglio».
Le sorelle imparano da lui come intrattenere rapporti con i clienti, come selezionare le materie prime – rigorosamente prese dai singoli produttori, perlopiù del campidano in modo da poter avere un prodotto finito sardo di grande qualità –, come riconoscere i diversi tipi di farina. Ma, soprattutto, imparano a pensare che, sì, benché fino ad allora fosse stato considerato un lavoro prevalentemente maschile, questa regola non scritta si potesse – e si dovesse – cambiare.
«Il passaggio di testimone da nostro padre a noi è avvenuto nel novembre 2019».
Obiettivo odierno? Salvaguardare – come raccontano – il patrimonio inestimabile, frutto di dedizione e sacrifici spesso gravosi, giunto fino a loro: «Non ci siamo scoraggiate – raccontano – sebbene fosse considerato un mestiere da uomini. L’abbiamo affrontato come una sfida a noi stesse».
Lo scoglio più grande, adesso, è quello della forza fisica. «Ci penalizza», chiarificano, per nulla spaventate. È più un dato di fatto. Un qualcosa da prendere e considerare, ma che non le ferma. C’è da caricare, con sacchi molto pesanti, il mezzo che porterà poi la farina ai clienti; in più, bisogna considerare anche la parte meccanica, relativa al funzionamento dei macchinari.
«Stiamo perfezionando l’arte molitoria con il grande aiuto del nostro collaboratore storico Mario Monni, a cui siamo estremamente grate. Nonostante sia in pensione, è sempre attento e disponibile a ogni nostra esigenza e pronto a sostenerci ogni qualvolta ce ne sia bisogno, trasmettendoci il suo sapere dovuto alla sua grande esperienza».
Mantenere alto il livello di qualità è la regola d’oro del Molino Demurtas: «I nostri prodotti, dei quali siamo particolarmente fieri, sono fatti esclusivamente con grano duro sardo certificato e non contengono alcun tipo di conservante».
E, a dimostrazione di ciò, molti sono i premi e i riconoscimenti ottenuti dai clienti per pistoccu e carasau. Senza contare che, nonostante stia scomparendo, le due Demurtas offrono un prodotto di qualità anche a tutti coloro i quali, nostalgici dei tempi che furono, producono pane, pistoccu e dolci tipici in casa. Un tuffo in quel mare blu della tradizione.
«Per gestire una realtà simile, occorrono tanta determinazione, passione, sacrificio e tenacia»
E in tempo di pandemia – viene da chiedersi? Come si svolge un lavoro simile quando l’economia, già da prima in bilico, zoppica ogni giorno di più?
«Nonostante il nostro settore non abbia sofferto quanto gli altri perché, rientrando tra le attività commerciali che vendono beni di prima necessità, i mulini sono potuti rimanere aperti, noi abbiamo subito un calo di richieste». Ristoranti chiusi, produzione a picco: è una conseguenza che si palesa quotidianamente, forte e chiara. È uno dei mali scaturiti da questo incerto e devastante periodo di emergenza sanitaria. «Inoltre – continuano – la pandemia ha comportato la difficoltà nel reperire le materie prime e il relativo aumento esponenziale del prezzo del grano. Tutte cose che non facilitano una piccola realtà come la nostra che deve fare i conti, oltre che con la concorrenza, anche e soprattutto con la grande distribuzione»
Dicono che chi si ferma sia perduto; ah, dicono anche che è in momenti come questo che sia necessario rimboccarsi le maniche. E serve coraggio, certo, ma bisogna sempre credere nel futuro.
Le sorelle Demurtas non si fermano, non vacillano, non mollano. È troppo grande quello che è stato costruito.
«Per il futuro, ci auguriamo, in primo luogo, che la pandemia abbia fine e si possa ritornare presto alla normalità, di riuscire a essere all’altezza del patrimonio che abbiamo ricevuto tenendo sempre alta la qualità dei nostri prodotti, che il cammino intrapreso sia ricco di soddisfazioni e gratificazioni e che si possa sentire parlare del Molino Demurtas per le generazioni a venire».
È c’è anche un pensiero rivolto ai più giovani: «Sentiamo di dire loro che siamo fortunati a vivere in Ogliastra, una terra piena di bellezze incontaminate, tra mare e montagna, ricca di tradizioni e cultura, che merita di essere valorizzata, conosciuta e apprezzata. L’invito è a mettersi in gioco sfruttando le risorse che offre il territorio in modo da restare e non andare via».

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