La Visita Pastorale con lo sguardo materno di Maria
di Mons. Antonello Mura.
Il 25 aprile, quarta domenica di Pasqua, celebriamo nel suo Santuario la nostra patrona, la Vergine del Rosario d’Ogliastra. Quest’anno senza pellegrinaggio, senza il tradizionale percorso a piedi, ma sempre – in presenza o meno – con uno sguardo rivolto lassù, alla sommità, dove la chiesa domina la cittadina e l’intero territorio. Uno sguardo difficile da evitare, anche in chi è distratto, che da lontano sembra disegnare Lanusei con un vertice che coincide col Santuario,cima simbolica della fede di un popolo.
Che la solennità coincida anche con la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, suona come un’ulteriore conferma del rapporto stretto che c’è tra la Madre della Chiesa e la vocazione di ognuno.
In questo scenario, l’annuncio della Visita Pastorale che inizierò a novembre trova un fondamento e una prospettiva. Qualunque “Visita” è chiamata infatti a confrontarsi con quella che Maria – con sollecitudine affettuosa – compie quando va a trovare sua cugina Elisabetta. Ineguagliabile riferimento e quindi esemplare gesto anche per un Vescovo, il quale intende incontrare le comunità cristiane nella loro realtà concreta.
L’annuncio della Visita, che inizierà ufficialmente a novembre, è l’occasione per presentare anche la mia seconda Lettera pastorale. Il tema mi è stato suggerito dal Discorso che papa Francesco ha tenuto nella Cattedrale di Firenze il 10 novembre 2015, in occasione del 5° Convegno Nazionale della Chiesa italiana, quando auspicava «una Chiesa lieta con volto di mamma».
Un’immagine molto bella per la Chiesa, che unisce la gioia del servizio al volto di una mamma. Per una Chiesa, aggiunge il Papa che «che comprende, accompagna, accarezza».
Nel tema trovo le finalità di una Visita che privilegerà lo stile dell’ascolto e della condivisione, a iniziare dall’incontro con i sacerdoti e i collaboratori, valorizzando le relazioni e imparando a leggere con sguardi di fede la realtà ecclesiale e sociale. Nei tre verbi utilizzati da papa Francesco trovo, inoltre, una metodologia pastorale adatta al nostro tempo.
Comprendere è compito di una Chiesa che, attraverso le parrocchie, vuole continuare a conoscere e capire la storia delle persone e delle famiglie, ma anche le povertà spirituali, familiari, affettive, economiche e culturali che vi sono presenti.
Accompagnare è lo stile educativo che comporta delle scelte per stare vicino alle persone, in tutte le fasi e le scelte della loro vita. Questo per essere presente come Chiesa accanto alle tante solitudini del territorio, spesso congiunte ad ansie, paure e sofferenze. Accompagnando le persone ferite dalla vita e quelle con una fede messa alla prova per mancanza di serenità, di salute e di lavoro.
Accarezzare è, paradossalmente, in questa stagione che parla di “distanze”, una missione ecclesiale che vuole recuperare consolazione e relazioni, rispettando la salute e più ampiamente la nostra autentica umanità. Mi chiedo quanta fatica dovremo fare nelle nostre comunità, per recuperare i volti, gli sguardi, i sorrisi, le relazioni, i progetti di vita, le memorie e le speranze della nostra gente, anche quella più vicina alla parrocchia. Con l’epidemia abbiamo scoperto che non è solo la vita a sfuggirci – inafferrabile e vulnerabile, pur rimanendo affascinante – ma anche le persone si sono sottratte e perfino allontanate dalla vita comunitaria.
La nostra Diocesi con la Visita Pastorale vuole camminare con questi input e con questa prospettiva. Come fa una mamma con i suoi figli. Come fa Maria con la Chiesa.
✠ Antonello Mura
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