Una Chiesa che invita a riflettere con gioia
di Giacomo Mameli.
Una Pastorale del turismo come un esame di coscienza su un oggi dominato da disuguaglianze crescenti, precarietà dominante, pochi progetti sul domani:dall’Ogliastra a fin sotto le Alpi passando per la dorsale appenninica e per la pianura padana, come se la programmazione sia stata cancellata dal dizionario politico. Meno male che “La Pastorale” c’è stata. Da Tortolì a Nuoro. E di alto livello.
Non è un festival. È una sorta di master coram populo. L’obiettivo è approfondire, capire una società sempre più complessa, non ha senso far divertire punto e basta. Ed ecco che una sera, su un palco con maxischermo, in un anfiteatro – sicuramente lo spazio più accogliente e decoroso in tutto il Nuorese –, trovi un giornalista come Beppe Severgnini («mi hanno battezzato sardo ad honorem») e un vescovo-intervistatore (Antonello Mura da Bortigali: presiede la Conferenza episcopale sarda e guida le diocesi di Lanusei e di Nuoro creando di fatto una città metropolitana religiosa tra Ogliastra e Barbagia). Un vescovo che parla a una platea mai vista così numerosa nell’anfiteatro Caritas di Tortolì dove giungono uditori da Tempio e Carbonia, Cagliari e Olbia, per non parlare di turisti veneto-toscani o di una coppia di Pistoia che si chiede: «Perché solo qui la chiesa fa queste cose?».
Vescovo e giornalista-star hanno cominciato duettando tra Inter (cuore di Severgnini) e Juve (aorta di “don Antonello”) e sono finiti a parlare di Trump («altri quattro anni con lui alla Casa Bianca e finisce il sogno americano»), di Renzi «Egocentrico», di Mattarella «molto presente e silenzioso» o di Salvini («dovrebbe stringere molto la mascherina»). Il vescovo chiede di Conte. («Ha fatto gli Stati generici, non quelli generali, è come un bravo maestro di sci messo a guidare una portaerei»). E giù applausi allo scrittore firma del Corriere, The New York Times, The Economist dopo aver cominciato con Indro Montanelli.
Il vescovo vuol “aiutare a far capire i problemi dell’oggi”. Emerge una Sardegna e un’Italia fondata sul precariato, giovani senza lavoro e mal retribuiti, politica blaterante. Si invoca un turismo “intelligente”, l’uomo-faber di se stesso e della società perché – slogan della Pastorale – Tu vali molto più di quanto produci. Messaggio aperto alla speranza «superando questo periodo molto incerto e pieno di paure». Severgnini: «Avere paura davanti al pericolo è intelligenza». Altri applausi. Anche quando dice che non gli piacciono «le omelie noiose», sui pulpiti vorrebbe «buoni comunicatori». Il vescovo non dissente. Il pubblico – non ce n’è uno senza mascherina – segue con interesse.
Si coglie un aspetto in questa Sardegna afona e fragile di analisi e di dibattiti: nel silenzio pesante della classe detta intellettuale o dirigente, è questa diocesi, questa chiesa a proporre un progetto culturale e, perché no, politico di spessore. La Pastorale del turismo sotto Punta La Marmora si è trasformata in uno stage collettivo multidisciplinare. Mette insieme solidarietà cristiana ed economia, suore ricche di fede e appassionate dei musical che vincono il talent show The Voice of Italy. Parla di finanza un’altra suora, Alessandra Smerilli, economista salesiana. Si confronta sulle disuguaglianze e povertà crescenti con un giornalista di nome Ferruccio De Bortoli che affronta da par suo i misteri di Bce e Fondo monetario, la guerra commercial-politica in atto tra Cina e Stati Uniti, l’Europa dei risorgenti sovranismi, sciagura della storia del secolo scorso. Rassegna che dà voce a chi, come Franco Vaccari, fondatore di Rondine Cittadella della pace (provincia di Arezzo) fa diventare amici i “nemici” di Israele e Palestina, Caucaso e Azerbaigian, ex repubblica sovietica delimitata dal Mar Caspio. Vaccari ospita giovani di tutto il mondo, crea diplomatici costruttori di pace, li prende dai Paesi in conflitto, ospita anche studenti sardi (da Sassari, Nuoro, Villanova Monteleone, Bosa). Una Pastorale che sa unire bene cabaret e sport, farmacologi che a Nuoro parlano – e si fanno capire – di “dipendenze” di ogni tipo. Con omaggi a quella indimenticabile voce di Andrea Parodi o al pontificato di Francesco raccontato da Gianni Garrucciu.
Con l’àncora calata in pieno nella Sardegna del fare. Che non è quella delle starlette a tette in mostra, ma i filmati di Vincenzo Ligios col laboratorio orgolese di Maria Corda che alleva bachi da seta, il miele rimasto di Andrea Mura, “Io, la plastica e il 2050” di Edoardo Matacena, “Duas maniàtas e unu mannùcru” con Vittoria Soddu e Sabrina Melis, le solitudini degli anziani con Giampiero Bazzu. Ogni serata diventa una lectio magistralis senza essere ex cathedra, ma piacevole, musiche di qualità (coinvolgente come sempre Gavino Murgia e il suo sassofono).
Regia di un vescovo che, per esaltare lo spirito, studia i problemi concreti dell’agire quotidiano. Come volesse scuotere i troppi sopiti, gli indifferenti. Una Chiesa nuova che ancora “ama il prossimo tuo”, che non propone solo catechesi: invita a riflettere – cum gaudio – sull’uomo che “vale più di quanto produce”.
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