In breve:

Capaci di meraviglia

stupore

di Claudia Carta.
C’è da chiedersi che estate sarà. Forse già lo sappiamo. Ne abbiamo visto i presupposti, ne intuiamo il compiersi. Eppure resta quel desiderio immutato di riposo, di ristoro, di freschezza e, mai come quest’anno, di aria pura e libertà. Quanto al silenzio, abbiamo già dato. Il vociare dei bambini nelle piazze, il chiacchiericcio degli anziani nei vicoli, i saluti per strada: come musica che risuona nelle sere calde e piene di luce fin dopo il tramonto. E, sì, ci piace. Perché non siamo fatti per stare soli.

C’è da chiedersi, allora, che persone saremo noi in questa estate. Preoccupate, paurose, diffidenti, disfattiste, bacchettone, ansiose. Tristi. Un’eredità per niente entusiasmante quella che ci ha lasciato la clausura forzata, con tutto il suo bagaglio di notizie, numeri e immagini terribilmente reali.

Ma quella forza straordinaria che si sprigiona dal solstizio in poi ci avvolge e ci coinvolge. Ancora una volta. Anche quest’anno. Camminare, correre, pedalare, nuotare, arrampicare, giocare. Respirare. Perché siamo vivi. E perché la vita genera vita. Sempre e comunque.

Al bambino che gli chiedeva quanti anni avesse, il vecchio dalla barba lunga, le rughe profonde sulla fronte e sotto gli occhi, una pelle dura e scavata così rispose: «Ho gli anni che hai tu!». «È impossibile! – disse il bambino – tu sei tanto più grande di me». «Hai ragione – riprese il vecchio – ma mi accorgo ancora di tante cose». «Per esempio?», ribatté il bambino. «Mi accorgo del calore del sole, di un uccellino che lascia il nido e spicca il volto, corro a vedere, quando piove ma c’è anche il sole, se potrò scorgere i colori dell’arcobaleno e del suo doppio, a volte se ne possono vedere anche tre, sento l’odore della terra, la musica dell’acqua, vedo la magia della neve, i riflessi sul mare, i giochi dei pesci. Ho una girandola colorata che gira con il vento, canticchio quando passeggio, accarezzo un cagnetto, raccolgo le pigne e lancio i sassi nel torrente per farli rimbalzare». «Ma queste sono le cose che faccio io!», disse stupito il bambino. «Appunto», rispose il vecchio.

Con gli occhi sgranati e il cuore pronto a raccogliere il nuovo che c’è, anche laddove sembra che tutto sia finito, chiuso, rovinato, perduto. Perché in quello sguardo diverso, in quella parola improvvisa, in quel sorriso che abbraccia, c’è il seme di ciò che domani sboccerà rigoglioso.

Buona estate!

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>