#indueparole. Capaci di accettare la sfida?
di Roberto Comparetti (Il Portico)
Omar Jimenez, rapper, cestista e giornalista della Cnn è stato arrestato in diretta televisiva mentre da Minneapolis riferiva delle proteste per la morte di George Floyd, il cittadino afro-americano morto per asfissia dopo che un poliziotto lo ha bloccato con il ginocchio premuto sul collo.
È solo l’ultimo degli episodi a danni di giornalisti che finiscono nel mirino o delle forze dell’ordine oppure di violenti senza scrupoli.
Eppure non c’è giorno che ci sia chi muove i propri strali sulle rete per attaccare i giornalisti, rei, a loro dire, di esser parte di un sistema che tiene in scacco i più deboli.
Il frutto becero del maldestro utilizzo dei social è sotto gli occhi di tutti. Così allora aveva forse ragione l’intellettuale Umberto Eco che, poco prima di morire, bollò Facebook e le altre piattaforme di scambio, come mezzi che «danno diritto di parola a legioni di imbecilli». Un’espressione un po’ forte. Per alcuni versi, però, l’uso improprio di quegli strumenti sta mettendo in discussione le libertà personali e collettive, con studi che dimostrano come anche le scelte politiche dei singoli elettori possono essere pilotate proprio da un uso distorto dei media.
Lo scorso 24 maggio abbiamo celebrato la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali e la sfida che Papa Francesco ha lanciato ai giornalisti è quella di raccontare le storie «in un’epoca in cui – ha detto – la falsificazione si rivela sempre più sofisticata, raggiungendo livelli esponenziali (il deepfake)». Per questo «abbiamo bisogno di sapienza – ha proseguito il Pontefice – per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni. Abbiamo bisogno di coraggio per respingere quelli falsi e malvagi. Abbiamo bisogno di pazienza e discernimento per riscoprire storie che ci aiutino a non perdere il filo tra le tante lacerazioni dell’oggi; storie che riportino alla luce la veritàdi quel che siamo, anche nell’eroicità ignorata del quotidiano».
L’impegno per i giornalisti è dunque è quello di raccontare il bello, senza dimenticare ciò che bello non è: una bella sfida che vale la pena accettare.
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