L’Ogliastra e lo spettro del virus
di Fabiana Carta.
Di questo triste periodo ricorderemo senz’altro il continuo aggiornamento dei numeri: le persone contagiate, le persone guarite, i tamponi effettuati, i morti. Ma c’è anche tutto il buono della solidarietà, dell’aiuto reciproco e della spiritualità ritrovata
Oltre 1300 i positivi nella nostra isola, da quando è iniziato quest’incubo. La minaccia Covid-19 ha allungato la sua ombra spaventosa sull’Ogliastra in un paio di occasioni. Ansia e paura, allerte e attese. La chiusura temporanea del reparto di Cardiologia del Nostra Signora della Mercede di Lanusei, con all’interno i pazienti, due medici, due infermieri e un operatore di servizi sanitari e la chiusura del reparto di Ostetricia sono stati i momenti più bui, insieme alla notizia delle due donne di Loceri risultate positive al virus, ma contagiate all’ospedale di Sassari dove prestavano servizio.
Adesso che l’emergenza sta leggermente scemando e stiamo passando alla fase due, è saltato alle cronache il primo caso nel comune di Bari Sardo (dopo i due “di importazione” in quello di Loceri), ma l’Ogliastra resta sempre una delle zone meno colpite in tutta Italia.
Vivere isolati ha avuto i suoi vantaggi: la bassa densità di popolazione, il distanziamento sociale dovuto alla lontananza tra i paesi e alla conformità stessa del territorio hanno fatto un piccolo miracolo. Una teoria ancora da studiare e approfondire, quando le priorità saranno altre, è che la resistenza dei geni ogliastrini al Covid-19 sia connesso agli anticorpi della malaria presenti nella maggioranza della popolazione. La notizia è rimbalzata anche sulle testate nazionali, la nostra piccola isola felice, terra di centenari, una delle cinque zone blu del mondo è rimasta protetta, ma mai abbassare la guardia.
Non sono mancati i momenti di tensione e di polemica, come la richiesta dei sindaci di avere informazioni più dettagliate da parte della protezione civile regionale sulle persone in quarantena; siamo stati in balìa della confusione causata dai rientri nelle proprie case, a volte vere e proprie fughe.
Ancora oggi si denuncia la gestione poco trasparente dei dati, comune per comune, in modo da poter avere la reale consapevolezza della situazione in Sardegna. A questo proposito il presidente Christian Solinas ha annunciato che partirà l’attività di screening della popolazione, un’operazione che andrà avanti per almeno un mese. Nei paesi e nelle città della Sardegna che saranno presi a campione si faranno le postazione in strada per il test rapido per accertare la presenza di anticorpi nel sangue, rivelando se una persona è venuta a contatto con il virus Sars Cov-2.
Nei giorni più caldi dell’emergenza ricordiamo l’esposto presentato da un’operatrice sanitaria dell’ospedale Nostra Signora della Mercede di Lanusei che riguardava la carenza di dispositivi di protezione individuale, in particolar modo di mascherine, per il quale è stata aperta un’inchiesta. La denuncia è arrivata anche da altri medici e operatori sanitari ormai allo stremo, in prima linea ma senza protezioni adeguate.
Nell nostra Ogliastra, terra che vive del settore terziario, di agricoltura, artigianato, pastorizia e turismo, sta crescendo l’angoscia per lo scenario economico futuro e per gli effetti devastanti di questa crisi. Angoscia che cresce per l’intera Sardegna, perché l’emergenza Coronavirus rischia di avere un impatto sull’economia ancora più tragico rispetto a quello del resto d’Italia, con il Pil in crollo del 9,6 %. Il Centro Studi della CNA Sardegna si è espressa in questo modo: «L’economia sarda nel 2020 rischierebbe di vedere andare in fumo almeno 3 miliardi di euro (4,4 miliardi nel caso del protrarsi delle restrizioni fino a giugno)».
Questo momento di crisi generale, però, ha messo in luce anche aspetti positivi, come la generosità, la tendenza alla solidarietà e beneficienza del popolo ogliastrino. Non sono mancate le donazioni da parte di comitati impegnati nell’organizzazione di feste paesane, direttamente all’ospedale di Lanusei, alla Croce Verde, per acquistare materiale di protezione per medici, infermieri e volontari. Gesti di solidarietà sono arrivati anche da parte di singoli cittadini, aziende, cooperative sociali, imprenditori, ristoratori, che hanno messo a disposizione il loro tempo per creare dispositivi di protezione sanitaria, o donare del cibo a chi più ne aveva bisogno.
E la scuola? Anche lei ha dovuto adeguarsi, con modalità di insegnamento a distanza, su piattaforme digitali, social, e scambio di materiali e compiti via chat. Non facile districarsi per chi non è avvezzo alla tecnologia, e se si aggiungono le difficoltà causate da una connessione Internet inadeguata e non omogenea, famiglie sprovviste degli strumenti, il pasticcio è presto fatto. Alcune amministrazioni comunali, per questi motivi, hanno provveduto a distribuire gli strumenti necessari per garantire la didattica, sia agli istituti che alle famiglie. La scuola non può e non deve fermarsi, per garantire il diritto allo studio a bambini e ragazzi, garantendo il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 2 della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
La parola d’ordine di questi tempi, insomma, è stata adattarsi alla situazione che ci è piombata addosso. E si è dovuta adattare anche la Chiesa tutta. Il divieto di assembramento non ha risparmiato nessuno, il blocco delle celebrazioni con la presenza dei fedeli è stata una decisione difficile quanto necessaria. Sono state diverse le iniziative social diocesane o dei singoli parroci, per mantenere viva la preghiera e la vicinanza ai fedeli, soprattutto durante la Settimana Santa, garantendo le Messe e i riti in diretta streaming e radio-Tv, così come stabilito della indicazioni della Conferenza Episcopale Italiana, perché il momento più importante dell’anno liturgico fosse vissuto nella maniera più intensa e partecipata possibile.
Il nostro vescovo Antonello ha celebrato la Messa di Pasqua nella Cattedrale di Lanusei, in diretta su Telesardegna, in streaming su Facebook e su Radio Barbagia.
In questa nuova fase di convivenza con il Covid-19 le Messe sono ancora bandite, decisione che ha fatto sussultare tutto il mondo cattolico, tanto che è stato pubblicato un comunicato dei Vescovi Italiani, con pronta risposta del Governo: «Nei prossimi giorni saranno elaborati protocolli per le Messe che consentiranno la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza».
In questo tempo di incertezze e isolamento, solitudine, pensieri e riflessioni, la fede e la ricerca di conforto sembrano la via per una spiritualità ritrovata.
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