In breve:

Ai ragazzi dico: “Voi siete meglio di noi!”

Braina

di Augusta Cabras.

Lorenzo Braina, educatore, è fondatore e direttore scientifico del Centro CREA, Centro per la Creatività Educativa. Autore di molti libri, è fermamente convinto che la società cambi attraverso l’educazione

Cosa vorrebbe dire oggi ai preadolescenti e agli adolescenti?

Questi ragazzi saranno quelli che hanno vissuto il coronavirus da adolescenti. Non sappiamo quanto tutto questo durerà, ma le conseguenze di quanto sta avvenendo adesso, socialmente, emotivamente ed economicamente cambieranno tutto. Quello che vorrei dire loro in questo momento è questo: siete una generazione fantastica! Non date retta a chi vi dice che noi eravamo meglio di voi. Voi siete meglio di noi! Siete più sensibili, più attenti. In questo tempo dovete trovare tutte le energie per essere forti e coraggiosi.

Ai genitori invece?

Dico di non aver paura delle paure. Dico di non aver paura della preadolescenza e dell’adolescenza. L’adolescenza in particolare è il tempo dell’assurdo e dell’intimo. Don Lorenzo Milani questo lo ripeteva spesso. Ed è così. Un minuto prima guardi un adolescente e pensi di aver buttato via anni di educazione, di valori, di fatiche; poi un attimo dopo, non il giorno dopo, ti apre l’intimo. Quindi il compito di un genitore è quello di cercare la misura, sia quando l’adolescente è assurdo – e quindi magari va contenuto – sia quando è intimo e regala cose meravigliose.

Come si fa a trovare la giusta misura tra questi estremi, soprattutto ora, in questo tempo in cui tutto è liquido e c’è il rischio reale di essere inghiottiti da questa dimensione?

C’è un aspetto generale che non cambierà mai, che non è legato ai tempi ed è questo: ogni genitore è sempre alla ricerca di questa misura che non è mai trovata una volta per tutte, come per la felicità. Per cercare questa misura, la prima cosa che un genitore deve fare è strettamente connessa con i genitori che lo hanno coltivato. Il suo bisogno di ordine o disordine, di regole o anarchia, parla dei suoi genitori non dei suoi figli. La prima cosa quindi che deve fare un genitore alla ricerca di equilibrio è quella di chiedersi da dove viene e poi fare pace con il suo ricordo emotivo. Per quello che riguarda i tempi invece, dico una cosa che non ha scampo: l’educazione si basa sul tempo logico e non su quello cronologico. Sul tempo del dialogo, della presenza. Per trovare la giusta parola educativa, il giusto atto educativo bisogna aspettare il tempo opportuno. E il tempo opportuno lo si attende solo se si ha una gestione dei tempi a misura d’uomo. Concretamente: se ci si dedica ai figli un’ora al giorno, di rientro dal lavoro, con la stanchezza addosso, non può esserci un buon tempo educativo che invece ha bisogno di tempi lenti. Se questo non avviene, non solo le relazioni con i figli vanno in crisi, ma anche quelle di coppia e le relazioni umane in generale perché tutte si basano su tempi logici.

Cosa ci può salvare allora in questo tempo scarsamente logico?

Ci salvano i riti che rendono sacro il momento. La famiglia ha una dimensione sacra. Parlo di cose semplici: della colazione tutti insieme la domenica, la pizzata del giovedì sera ecc. Pensiamo al rito cristiano della domenica. Molte chiese non vivono con tutta la comunità le liturgie quotidiane, ma il rito domenicale è il cemento della comunità. I riti, anche in famiglia hanno questo scopo, cementare e rinsaldare le relazioni e la comunicazione.

Come si mantiene la comunicazione con gli adolescenti?

Tutto in educazione è comunicazione. E non si può barare. O hai desiderio per quel figlio adolescente o ne hai fastidio. Gli adulti di oggi sembrano schifare l’adolescenza e gli adolescenti. Allo stesso tempo l’adolescenza catalizza i difetti della nostra società: ad esempio, siamo furibondi per l’uso che fanno della tecnologia e poi regaliamo il cellulare a 9 anni. Siamo furibondi perché non hanno relazioni, poi ci sono tantissime coppie di cinquantenni in crisi perché uno dei due ha relazioni virtuali ecc. Gli adolescenti di oggi sono dei mostri, nel senso latino del termine: ci mostrano, ci rivelano quello che siamo, ed è per questo che facciamo così fatica.

Gli adolescenti incontrano spesso insegnanti molto competenti, ma con una scarsa empatia e capacità di comunicazione. Quanto sarebbe importante che la loro selezione passasse anche dalla considerazione delle capacità comunicative?

In qualunque professione ci sono persone con più talento e meno talento. Ora la formazione degli insegnanti è continua e la scuola sta facendo tanto. La vera questione è che in classe sono soli. L’unico feedback che hanno è dato dagli studenti e da se stessi. Manca un elemento fondamentale per la crescita professionale che è la persona che ti guarda. Un insegnante che si rivede nell’atto dell’insegnare può scoprire di sé tantissime cose e quando le scopre può mettere in atto azioni che migliorano il suo essere in relazione con gli studenti.

Qual è l’errore più comune che un adulto, in relazione agli adolescenti, commette in buona fede?

Quello che noto di più è la frenesia educativa. Un genitore ha la necessità di inserire qualcosa di educativo in ogni occasione, un po’ per i rischi che l’adolescenza porta con sé, un po’ perché sente che sono le ultime occasione per incidere. Questo però non serve. Dobbiamo invece fare le domande giuste, come le fanno i bambini, senza giudizio. Ad esempio, la domanda: perché stai fumando? Deve essere libera da giudizio e da rimprovero. Solo così l’adolescente può aprirsi e noi lì possiamo entrare e stare in dialogo con lui.

Pensando a molti adolescenti che vivono situazioni complesse, il rischio è quello di credere che per loro non ci siano opportunità di svolta. Immagino invece ci sia sempre una possibilità.

Assolutamente sì. Il potere degli adulti, anche non familiari, che incontrano gli adolescenti è enorme. Basta una parola, basta un insegnante che non smette di insistere, basta un prete attento, per far sì che un ragazzo non si perda. Ripeto spesso che un ragazzo non è perso quando non lo troviamo dove speravamo di incontrarlo, ma quando abbiamo smesso di cercarlo nelle strade da lui percorse.

 

 

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