“Stupefatto”. I pericoli della droga
di Fabiana Carta.
Nell’aula magna dell’Istituto di Istruzione Superiore ITI di Tortolì cala il silenzio. Unico elemento di scena: un leggio su sfondo nero. L’attore Fabrizio De Giovanni, allievo del Premio Nobel Dario Fo e Franca Rame, si colloca al centro del palco e inizia il racconto. Solo voce, qualche immagine e musica. Emozione pura, che sfocia spesso in commozione.
Lo spettacolo Stupefatto, che segue il filone del teatro civile, ci presenta la storia di Enrico Comi e del suo gruppo di amici, di come si siano avvicinati al mondo della droga, in un crescendo di avvenimenti e dialoghi interiori che hanno tenuto i ragazzi con gli occhi sbarrati. Poche, angoscianti immagini in bianco e nero, luoghi isolati, una pineta, un motorino, una piazza, un letto d’ospedale. Se lo fanno tutti posso farlo anch’io. La curiosità di provare qualcosa che non si conosce ma che affascina, gli amici che sembrano aver superato per magia ogni problema grazie a quella sostanza e un pensiero che rimbomba nella testa: vuoi essere felice anche tu o vuoi tenere il muso? Cercare una nuova dimensione, un rifugio. Ecco che si entra in quel vortice che credi di poter fermare, come se fosse una fermata del tram, scusate voglio scendere.
La storia vera di Enrico dimostra in modo semplice e diretto, senza demonizzazioni, che la droga è semplicemente inutile, è un circolo vizioso di dolore e solitudine. La droga è furba, ti acchiappa dentro regalandoti brevi momenti di apparente piacere, poi ti cancella le emozioni. Ad un certo punto mi sono guardato allo specchio e mi sono visto davvero.
Diocesi di Lanusei, Caritas e Progetto Policoro hanno fortemente creduto nella compagnia Itineraria Teatro, che vanta più di 85 mila studenti raggiunti e oltre 160 repliche in quattro anni, la vincita del Premio Nazionale Enriquez (miglior attore, miglior drammaturgia, miglior spettacolo 2016) e la firma di un Protocollo d’intesa con il Miur e la Banda degli Onesti per il contrasto alle dipendenze attraverso il teatro civile.
Uno spunto di riflessione, una scossa, per i ragazzi delle Industriali, Ragioneria, Classico e Scientifico di Tortolì, perché come diceva Bertolt Brecht: «Il teatro è il mezzo più diretto per comunicare un’idea o un concetto». Raggiungere i ragazzi e coinvolgerli in argomenti come la droga non è cosa semplice, si rischia sempre di creare l’effetto contrario, l’effetto ribellione. La storia di Enrico arriva dritta e sincera, senza fronzoli, e ti porta dentro i suoi abissi.
Alla fine dello spettacolo, quando i ragazzi scoprono che il vero protagonista della storia era seduto fra loro, lo stupore è generale. Enrico sale sul palco, davanti ai nostri ragazzi, e saluta tutti lasciando una speranza: «Il senso di responsabilità mi ha salvato. Ho trovato la forza di rialzarmi grazie a mia moglie e i miei figli». Una speranza che lascia in bocca un senso di amaro, quando alla fine della storia scopriamo che nove dei suoi amici sono morti. No, non smetto quando voglio.
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