In breve:

Malattie rare: si deve fare molto di più

Crisponi

di Fabiana Carta.

Il 29 febbraio sarà un giorno particolare: ricorre infatti la Giornata mondiale delle Malattie Rare. Ne abbiamo parlato con Giangiorgio Crisponi, il pediatra che nel 1996 ha dato il nome a una patologia osservata su 17 neonati in Sardegna                                                                                     

Qual è lo stato attuale delle malattie rare in Sardegna?

Abbiamo un problema serio: la Regione non ha mai avuto un Registro Regionale di ricerca e identificazione delle malformazioni congenite, utile per la prevenzione primaria, tenere il numero dei malati e ricostruire lo stato di salute dei sardi, per capire quanti soldi andrebbero stanziati per l’assistenza. Per realizzare questo Registro non servirebbero grandi sforzi economici, si tratterebbe solo di mandare una persona in uno di questi centri, da qualche parte in Italia, affinché possa imparare e vedere come funziona.

In Sardegna ci sono 20 punti nascita, ognuno di loro potrebbe comunicare, direttamente al centro tramite un computer, ogniqualvolta nasce un bambino con malformazioni o anomalie. In linea generale possiamo fare delle proporzioni, si può stimare la frequenza dei difetti congeniti alla nascita intorno al 3,5 – 5%. Poi ci sono quelle tipologie che non vengono identificate immediatamente ma negli anni successivi, quindi questo numero tenderà a salire nel corso degli anni. In Sardegna si prevede la nascita di meno di 10mila bambini all’anno: contando che l’età in cui si decide di avere un bambino si sta spostando sempre più avanti, ci dobbiamo aspettare 350/500 neonati all’anno con difetti congeniti.

Oggi con l’indagine prenatale si può anche scegliere di non portare avanti la gravidanza. Di queste malattie il 72% sono geneticamente identificabili, la restante percentuale sono legate a fattori ambientali, infezioni, ecc. In generale, il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla tra le sette e le ottomila, ma è una cifra che cresce con l’avanzare della scienza e con i progressi della ricerca genetica. Molte altre non sono diagnosticate o se, lo sono, non hanno terapie, non è stato ancora scoperto il gene e non si sa come intervenire. Oggi oltre il 50% dei bambini all’età di 5 anni non dispone di una diagnosi, anche nei migliori centri medici: questo comporta un ritardo dei trattamenti. Un grande passo avanti è stato fatto con lo screening neonatale: gratuitamente, a tutti i nuovi nati, viene prelevata una goccia di sangue per la diagnosi precoce di 50 malattie metaboliche ereditarie.

Esiste una malattia rara presente maggiormente in Ogliastra?

La Sindrome di Crisponi. In Sardegna ne abbiamo descritto trenta casi, nel resto d’Italia solo due. Diffusa soprattutto nel bacino del Mediterraneo, in Turchia, Arabia Saudita, Libia, Francia, Spagna, la Sardegna ha un incidenza molto alta. Ogni 20mila bambini, uno di questi ha la sindrome di Crisponi. Tanti anni fa, molti in Ogliastra morivano dopo la nascita perché non si conosceva la malattia e le sue manifestazioni, evidenti fin da subito. Grave difficoltà nell’alimentazione, contrattura della muscolatura facciale e dell’orofaringe, comparsa di febbre continua sui 38°C, con puntate oltre i 42°C. La maggioranza dei bambini decede dopo un periodo di alcune settimane o mesi, i pazienti che sopravvivono, attualmente cinque su venti in tutta la Sardegna, sviluppano una severa scoliosi che richiede chirurgia correttiva o l’impiego del busto e una sudorazione evidente in particolare nella stagione fredda, preceduta da brividi di freddo. Ma perché in Ogliastra, e in generale in Sardegna, c’è un’incidenza così alta? La nostra terra è detta “un isolato genetico”, ha avuto nel corso dei secoli pochissima migrazione esterna. Per millenni è rimasta isolata, in più nei paesi continuavano a sposarsi nell’ambito dei parenti. Ci stiamo trascinando queste malattie da secoli. La scoperta del gene causa della malattia, effettuato da un gruppo di ricercatori guidati dalla dottoressa Laura Crisponi, è stata una grandissima conquista.

In Sardegna quali sono i Centri di riferimento per le malattie rare?

Il centro di riferimento resta l’Ospedale Pediatrico Microcitemico di Cagliari, tra i principali centri europei per il contributo apportato alla diagnosi e cura delle malattie genetiche e di patologie rare. Ultimamente, a causa di carenza di personale, ci sono stati problemi, e alcuni medici ricercatori sono stati costretti a spostarsi, distogliendo l’attenzione dalle malattie rare. Il problema è che non c’è la possibilità di fare in giornata tutte le analisi possibili, perciò una famiglia perde giornate di lavoro e affronta costi molto alti per portare il bambino a fare le varie visite.

La Regione stanzia dei fondi per la ricerca?

No, oggi non abbiamo niente. Né dalla Regione, né dallo Stato, e all’Università hanno tagliato i fondi. Il Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) a malapena riesce a pagare gli stipendi dei ricercatori. Per ottenere dei finanziamenti esterni i ricercatori devono preparare e presentare i loro studi partecipando ai bandi di ricerca, con fondazioni come Telethon, ad esempio. Negli anni sono state create delle Associazioni, come quella dalla Sindrome di Crisponi, la quale è stata capace di reperire i fondi paese per paese, fino a riuscire a organizzare la famosa partita del cuore, ottenendo grandi finanziamenti che hanno reso possibile la scoperta del gene.

Quanto il ruolo dell’informazione può incidere nel creare interesse?

Può fare molto. Dal 2008 celebriamo la Giornata delle Malattie Rare, con la scelta del 29 febbraio come “un giorno raro per i malati rari” e vi partecipano più di cento Paesi. Eventi come questi sono utili per attirare l’attenzione sul problema, sensibilizzare l’opinione pubblica, i politici, i ricercatori di tutto il mondo. Diventa una grande copertina mediatica con la diffusione di materiali informativi e promozionali.

Cosa manca e cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione generale?

A livello europeo si sta cercando di creare dei centri nazionali, finanziati specificatamente per tutte queste malattie, dove verranno curati, seguiti e assistiti per tutto il percorso di vita i bambini nati con determinate patologie. Oggi, dopo che i bambini escono dalla fascia pediatrica e passano al medico di base, si ritrovano a dover ricominciare da capo, i genitori sono più informati del medico stesso, si ritrovano a dover spiegare tutto il decorso e la storia. Bisogna pensare anche al dopo genitori. La soluzione è creare questi Centri specializzati, ognuno concentrato su una malattia specifica, che seguano i bambini in tutte le fasi e in modo approfondito. Non ha alcun senso fare tanti piccoli centri sparsi per il territorio.

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