Quaresima. Vivere come atleti per cercare Dio
di Mons. Antonello Mura.
Quando la bibbia parla del cammino di fede non mancano immagini sportive, assimilando così la vita cristiana a un cammino da compiere, a uno sforzo e a un percorso interiore per rimanere fedeli a Cristo. Se la Lettera agli Ebrei parla di una corsa: «Corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù» (cf. 12,1-2), San Paolo da vero sportivo afferma: «Corro verso la mèta per ottenere il premio» (Fil 3, 12-14), ricordando il dovere della verifica: «Esaminatevi per vedere se siete nella fede; mettetevi alla prova. Non riconoscete che Gesù cristo è in voi?» (2Cor 13,5).
L’atleta – che ha la stessa etimologia del termine “asceta” – è quindi una bella immagine per descrivere i compiti e le condizioni ideali per vivere il tempo quaresimale. Esso mette alla prova se stesso, sfidando anche i propri limiti, ed è come il credente, chiamato a lottare per affrontare seriamente il duro mestiere del vivere di fede.
La Quaresima torna ogni anno come un tempo per riconoscere il mio stato attuale (difficoltà non solo a correre, ma anche a camminare…) riscoprendo la necessità di un opportuno allenamento (che diviene anche una chiamata alla lotta). Le due cose vanno insieme, aprendo quaranta giorni di revisione e di esercitazione, il contrario dell’inerzia e della “sclerocardia” (un cuore ingessato).
“Anche nelle gare atletiche – scrive ancora Paolo – non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole” (2tm 12,6).
La disciplina è la regola fondamentale per un atleta. Faticosa ma necessaria per raggiungere un obiettivo. Facile infatti entusiasmarsi per un successo o per una gara vinta, ma non va dimenticato il prezzo da pagare: esercizi spesso noiosi e ripetitivi, la solitudine del percorso e il non avere garanzie di un esito positivo.
Nella vita spirituale accade lo stesso. Non è semplice sconfiggere l’indifferenza propria e altrui, lottare contro il non senso sempre in agguato, accettare di correre senza perdere di vista il traguardo. Un buon esercizio quaresimale sarebbe quello di riaccendere entusiasmo per le cose grandi che la fede propone, riscoprendo il fuoco nascosto sotto la cenere. La disciplina interiore passa dal dominio su di sé: «Il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo» (Gen 4,7). Una lotta – fatta di soste, cadute e deviazioni – che non è rivolta contro esseri esterni, ma contro le tentazioni, i pensieri, le suggestioni e le dinamiche che portano a consumare il male e a lasciarsi consumare da esso.
Una lotta che nasce dal legame con cristo, cioè nella fiducia della vittoria già riportata dal cristo stesso, e che conduce alla fede, alla sua conservazione e al suo irrobustimento. La spiritualità quaresimale ha indicato molto concretamente le modalità di tale lotta, cominciando dalla preghiera, dall’ascolto e dall’interiorizzazione della Parola di Dio, ma anche dalla vita di relazione e dalla carità intensa e autentica. Lotta che esige una grande capacità di vigilanza su di sé e sui molti rapporti che si intrattengono: col cibo, col proprio corpo e con le cose (i beni, il denaro…), con gli altri, con il tempo, con lo spazio, con l’operare e, infine, con Dio. Evitando le seduzioni del consumo e del possesso, scegliendo invece quello della comunione e della condivisione fraterna, per recuperare quel capolavoro di umanità – libera e bella – che Dio continua a desiderare per ognuno.
+ Antonello Mura
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