Coccoliamo i nostri giovani
di Mons. Antonello Mura.
La reazione spontanea al titolo, potrebbe essere: “… ma come? Più di così!!”. In realtà, dati alla mano, riflessioni meno spontanee fanno emergere situazioni che meriterebbero verso i nostri giovanimaggiore attenzione e sensibilità. Più coccole, quindi, per dirla in termini immediatamente comprensibili.
I dati, si diceva. La Sardegna è tra i primi posti nell’elenco con le percentuali negative. Intanto le nascite, ridotte a numeri persino impietosi. Si nasce poco, pochissimo. Mentre la speranza di vita ha raggiunto livelli insperati, con una previsione – secondo uno studio dell’Istat – che prevede nel 2050 una vita media di 86 anni, c’è un altro elemento che gli fa da contrappunto: ormai un italiano su cinque è ultrasessantacinquenne, e i cosiddetti «grandi vecchi» (dagli ottant’anni in poi) rappresentano oltre il 5,3% della popolazione italiana. Pochi giovani quindi, in un mondo sempre più “vecchio”.
L’aumento del numero degli anziani ha un altro effetto negativo: la riduzione dell’offerta di lavoro e quindi del numero di occupati. E la tanto temuta “invasione” degli immigrati non ha mitigato gli effetti negativi dell’invecchiamento, perché non sufficiente a compensare il declino della quota di popolazione in età di lavoro, dovuto sia al calo delle nascite sia all’aumento della longevità.
Espressioni come “inverno demografico”, appaiono oggi non solo veritiere ma anche allarmanti. Grazie al silenzio complice delle istituzioni e all’assenza di politiche organiche, quest’ultime spesso improvvisate. I settori trascurati sono soprattutto due: il sostegno alla famiglia e ai genitori che desiderano avere più figli (basti pensare a quanto è avvenuto positivamente in Francia) e i servizi per le madri e i padri che lavorano, con bambini piccoli (nidi, scuole materne, ecc.).
Quando poi si riflette sulla situazione giovanile, sono diversi gli aspetti da considerare. Secondo l’Istat «i giovani escono dalla famiglia di origine sempre più tardi sperimentando, rispetto alle precedenti generazioni, percorsi di vita più frammentati che spostano in avanti le tappe principali». Oltre la metà dei giovani vive almeno con un genitore, anche a causa della mancanza di una indipendenza economica e alla difficoltà di trovare un’occupazione che porti a sostenere le spese, in primo luogo quelle per la casa.
Se aggiungiamo inoltre, la constatazione nei giovani di oggi di una limitata inclinazione culturale a promuovere delle scelte in prima persona, soprattutto dove mancano garanzie di stabilità e di sicurezza, lo scenario diventa oltremodo problematico, non in sintonia con la flessibilità richiesta dall’attuale mercato del mondo del lavoro.
Ma una certezza s’impone: i giovani non vanno colpevolizzati. Li vediamo non solo fragili, ma anche “dimenticati”. Dalla politica e dalla società. Ribelli lo dovrebbero essere di più e meglio, ma scelgono altre strade, non sempre feconde per il loro futuro.
Sì, dobbiamo coccolarli, anche nei nostri ambienti parrocchiali. Perché nessuno lo fa, e loro lo sanno. E ne pagano le conseguenze. Impossibile, ma purtroppo verosimile non “vedere” la marea – proprio così – di giovani che decidono di lasciare l’Italia per altri Paesi. Sono in numero maggiore degli immigrati che arrivano, anche se in “tanti” fanno finta di non sapere.
Coccoliamoli di più, perché in quella marea che parte c’è la fine di molte certezze. C’è la loro delusione, insieme alla nostra sconfitta.
✠ Antonello Mura
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