di Giuseppina Nieddu.
Il nuovo che avanza, diciamolo, spaventa sempre un po’. Sostanzialmente perché non lo si conosce. Parlarne, confrontarsi, domandare, ascoltare si rivelano, allora, chiavi importantissime che consentono di fare luce sulle ombre, di portare chiarezza e verità nelle situazioni complesse, di fare sintesi per essere pronti a ricominciare.
A parlare del nuovo nel panorama diocesano locale e regionale, stimolati dalle tante domande di un’assemblea attenta e partecipe, sono stati i vescovi Antonello Mura e Mauro Maria Morfino
Quello che ha avuto luogo nel pomeriggio del Convegno ecclesiale è stato senza alcun dubbio un momento particolarmente ricco di spunti e di riflessioni, a fronte di un tema che reca già con sé, nel titolo, la complessità del momento storico che anche la nostra realtà ogliastrina sta attraversando e vivendo.
A delineare “i nuovi scenari ecclesiali”, il vescovo Antonello Mura non si è presentato da solo. È stato proprio lui a introdurre l’ospite d’eccezione che, come ogni anno, caratterizza i convegni diocesani. Questa volta è toccato a Padre Mauro Maria Morfino, vescovo di Alghero-Bosa. I due presuli sono profondamente uniti da una lunga e cara storia di fede e amicizia: Padre Mauro, infatti, è stato suo vescovo per diversi anni, lo ha accompagnato nel suo ministero sacerdotale, prima, ed episcopale, poi.
Il vescovo Antonello si concede quasi con tenerezza qualche nota autobiografica: nella diocesi di Alghero-Bosa, infatti, ritrova le sue radici, il suo essere stato generato alla fede e al sacerdozio.
Trova bello che in questo convegno si dibatta sul cambiamento in atto, faticoso ma irreversibile, della diocesi di Lanusei e di Nuoro dallo scorso 2 Luglio 2019.
E si rivolge direttamente a Padre Mauro ricordando che già nel 1972 si prospettava la possibilità di un vescovo per due diocesi. Dal pastore di Alghero-Bosa arrivano pronti i ringraziamenti e i ricordi, sottolineando per prima cosa quella che è la funzione autentica di un vescovo, “ambasciatore e vicario di Gesù Cristo”, per poi accennare alla trasformazione della sua diocesi concretatasi in Alghero-Bosa nel settembre 1986 con l’episcopato di Mons. Giovanni Pes.
Si è inoltre soffermato a lungo su quel trattino che unisce “Alghero-Bosa”, a indicare un cammino non ancora concluso, ma che inizia a dare i suoi frutti.
Abitare il trattino significa molte cose: affrontare una situazione inedita per i vari vescovi che si sono succeduti e per i sacerdoti che hanno accettato di spostarsi da Bosa ad Alghero e viceversa; vivere una situazione di passaggio tutta da inventare, senza ripicche, collaborando nonostante le differenze, la diversità e le chiare difficoltà.
Si tratta di abitare e vivere questa storia, di assumerne tutto il travaglio per costruire insieme. La vocazione della Chiesa è, infatti, diventare una; per la Chiesa di Nuoro e di Lanusei questo tempo di passaggio è un’opportunità di crescita. Ne consegue che le distanze chilometriche per fare in modo di essere presente sul territorio non sono, dunque, la cosa più difficile, né quella più rilevante; ci sono sensibilità, tradizioni e culture differenti, ma il fatto di assumerne la storia è un grande dono.
Ecco perché per Lanusei, come per Nuoro, il vescovo condiviso «non è un ammanco», ma un’occasione di crescita unitaria che vede ogliastrini e barbaricini racchiusi in una visione più organica, con uno sguardo e una prospettiva comuni.
Gli interventi dell’assemblea hanno evidenziato le preoccupazioni per le diversità culturali, per le difficoltà territoriali, per una presenza fisica necessariamente meno visibile del vescovo, ma hanno anche fatto emergere la disponibilità forte e determinata a lavorare per l’unità delle due Chiese, per ora, ancora sorelle.
Il vescovo Antonello ha ribadito fermamente la sua e la nostra appartenenza alla Chiesa, il nostro essere Chiesa, per cui si risponde a una chiamata, a un servizio che senza la fede non avrebbe senso.
E se sono da mettere in conto, talvolta, la stanchezza e la tristezza, è altrettanto vero che non si può e non si deve rinunciare o abbandonare luoghi, compiti, servizi e responsabilità, anzi: aumenta l’impegno sostenuto dalla collaborazione autentica e dalla preghiera di tutti.
«La funzione del vescovo – ha detto bene Morfino – è di fare sintesi nella diversità, di indicare cammini, e il popolo non ha niente da temere se vede nel suo vescovo colui che intercetta il ministero dello Spirito, colui che spezza la Parola e celebra l’Eucarestia».
Resta in tutti e in ciascuno la consapevolezza che un nuovo scenario si è aperto ormai anche nella nostra diocesi davanti al quale tutti noi, da cattolici, come è stato espressamente detto, non possiamo che dire: «Eccoci, ci siamo, di noi può fidarsi».
La diversità è opportunità
di Giuseppina Nieddu.
Il nuovo che avanza, diciamolo, spaventa sempre un po’. Sostanzialmente perché non lo si conosce. Parlarne, confrontarsi, domandare, ascoltare si rivelano, allora, chiavi importantissime che consentono di fare luce sulle ombre, di portare chiarezza e verità nelle situazioni complesse, di fare sintesi per essere pronti a ricominciare.
A parlare del nuovo nel panorama diocesano locale e regionale, stimolati dalle tante domande di un’assemblea attenta e partecipe, sono stati i vescovi Antonello Mura e Mauro Maria Morfino
Quello che ha avuto luogo nel pomeriggio del Convegno ecclesiale è stato senza alcun dubbio un momento particolarmente ricco di spunti e di riflessioni, a fronte di un tema che reca già con sé, nel titolo, la complessità del momento storico che anche la nostra realtà ogliastrina sta attraversando e vivendo.
A delineare “i nuovi scenari ecclesiali”, il vescovo Antonello Mura non si è presentato da solo. È stato proprio lui a introdurre l’ospite d’eccezione che, come ogni anno, caratterizza i convegni diocesani. Questa volta è toccato a Padre Mauro Maria Morfino, vescovo di Alghero-Bosa. I due presuli sono profondamente uniti da una lunga e cara storia di fede e amicizia: Padre Mauro, infatti, è stato suo vescovo per diversi anni, lo ha accompagnato nel suo ministero sacerdotale, prima, ed episcopale, poi.
Il vescovo Antonello si concede quasi con tenerezza qualche nota autobiografica: nella diocesi di Alghero-Bosa, infatti, ritrova le sue radici, il suo essere stato generato alla fede e al sacerdozio.
Trova bello che in questo convegno si dibatta sul cambiamento in atto, faticoso ma irreversibile, della diocesi di Lanusei e di Nuoro dallo scorso 2 Luglio 2019.
E si rivolge direttamente a Padre Mauro ricordando che già nel 1972 si prospettava la possibilità di un vescovo per due diocesi. Dal pastore di Alghero-Bosa arrivano pronti i ringraziamenti e i ricordi, sottolineando per prima cosa quella che è la funzione autentica di un vescovo, “ambasciatore e vicario di Gesù Cristo”, per poi accennare alla trasformazione della sua diocesi concretatasi in Alghero-Bosa nel settembre 1986 con l’episcopato di Mons. Giovanni Pes.
Si è inoltre soffermato a lungo su quel trattino che unisce “Alghero-Bosa”, a indicare un cammino non ancora concluso, ma che inizia a dare i suoi frutti.
Abitare il trattino significa molte cose: affrontare una situazione inedita per i vari vescovi che si sono succeduti e per i sacerdoti che hanno accettato di spostarsi da Bosa ad Alghero e viceversa; vivere una situazione di passaggio tutta da inventare, senza ripicche, collaborando nonostante le differenze, la diversità e le chiare difficoltà.
Si tratta di abitare e vivere questa storia, di assumerne tutto il travaglio per costruire insieme. La vocazione della Chiesa è, infatti, diventare una; per la Chiesa di Nuoro e di Lanusei questo tempo di passaggio è un’opportunità di crescita. Ne consegue che le distanze chilometriche per fare in modo di essere presente sul territorio non sono, dunque, la cosa più difficile, né quella più rilevante; ci sono sensibilità, tradizioni e culture differenti, ma il fatto di assumerne la storia è un grande dono.
Ecco perché per Lanusei, come per Nuoro, il vescovo condiviso «non è un ammanco», ma un’occasione di crescita unitaria che vede ogliastrini e barbaricini racchiusi in una visione più organica, con uno sguardo e una prospettiva comuni.
Gli interventi dell’assemblea hanno evidenziato le preoccupazioni per le diversità culturali, per le difficoltà territoriali, per una presenza fisica necessariamente meno visibile del vescovo, ma hanno anche fatto emergere la disponibilità forte e determinata a lavorare per l’unità delle due Chiese, per ora, ancora sorelle.
Il vescovo Antonello ha ribadito fermamente la sua e la nostra appartenenza alla Chiesa, il nostro essere Chiesa, per cui si risponde a una chiamata, a un servizio che senza la fede non avrebbe senso.
E se sono da mettere in conto, talvolta, la stanchezza e la tristezza, è altrettanto vero che non si può e non si deve rinunciare o abbandonare luoghi, compiti, servizi e responsabilità, anzi: aumenta l’impegno sostenuto dalla collaborazione autentica e dalla preghiera di tutti.
«La funzione del vescovo – ha detto bene Morfino – è di fare sintesi nella diversità, di indicare cammini, e il popolo non ha niente da temere se vede nel suo vescovo colui che intercetta il ministero dello Spirito, colui che spezza la Parola e celebra l’Eucarestia».
Resta in tutti e in ciascuno la consapevolezza che un nuovo scenario si è aperto ormai anche nella nostra diocesi davanti al quale tutti noi, da cattolici, come è stato espressamente detto, non possiamo che dire: «Eccoci, ci siamo, di noi può fidarsi».