di Mario Girau.
Prima Ales-Terralba, poi Lanusei. Quello che si sta delineando nel panorama ecclesiale sardo, e non solo, è sicuramente un contesto nuovo e inedito che esige un’altrettanto nuova metodologia pastorale capace di affrontare con rinnovata fiducia e slancio le tante sfide di oggi. Le riflessioni del vescovo Antonello.
Un vescovo per due diocesi. Può dirci i motivi per cui i vantaggi e le positività sono superiori agli svantaggi (riduzione dei tempi da dedicare a ciascuna diocesi, etc)?
Ne parleremo eventualmente tra qualche tempo. Certamente il tempo da dedicare a ciascuna delle diocesi sarà inferiore, ma nulla – neanche le distanze – può impedire che diminuisca la qualità e l’intensità della presenza.
Come far capire che non ci sono diocesi di serie A (Nuoro) e di serie B (Lanusei)?
Appunto con l’intensità, e con una presenza che, se non sempre è possibile rendere visibile, mantiene comunque alto il livello di attenzione e di sensibilità, con opportune decisioni e altrettante adeguate collaborazioni da attivare. Presbiterali e laicali.
Non le sembra che a Lei e a mons. Carboni la Santa Sede abbia dato una sorta di missione, disegnare la Chiesa sarda del futuro, non solo in riferimento alla nuove circoscrizioni diocesane, ma anche la nuova organizzazione pastorale interna: decentramento alle parrocchie e alle foranie, unità pastorali, sinergie tra parroci, valorizzazione del ruolo dei laici?
Questo è il programma che dal Concilio Vaticano II in avanti è presente nell’agenda di un vescovo e della Chiesa locale. Con padre Roberto abbiamo un compito arduo, ma anche affascinante: rendere ciascuna delle due Chiese locali, che ci sono state affidate, consapevole che il confine precedente si è allargato e che lo sguardo deve essere più ampio. Con la stessa missione precedente: annunciare il Vangelo.
L’unificazione delle diocesi nella persona del vescovo sarà un fatto irreversibile oppure se non dovesse funzionare si potrà tornare al conosciuto?
La domanda va oltre la realtà, che dice invece che le diocesi rimangono due e che non c’è nessuna unificazione. È solo il vescovo ad avere i due compiti… Quello che succederà in futuro è scritto nelle pagine di Dio, della Chiesa e nella nostra fiducia che queste pagine siano scritte per migliorare la nostra esperienza di credenti.
Il suo programma di lavoro per il primo anno sarà, come annunciato, “conoscere, capire, incontrare”. Conoscere chi e che cosa? Capire…? Incontrare vuol dire che la porta dell’episcopio sarà sempre aperta, per tutti?
Conoscere la realtà che sono chiamato ad accogliere e che mi accoglie, in particolare le persone, iniziando chiaramente dai presbiteri. L’episcopio ancora non c’è, perché non è conclusa la ristrutturazione, ma posso garantire che intanto la “porta” del vescovo rimarrà sempre aperta.
Al suo ingresso a Lanusei disse: «Non camminerò da solo». Sarà così sicuramente anche a Nuoro. Chi saranno i compagni di strada. C’è qualche categoria privilegiata?
L’espressione appartiene al servizio e allo stile di una Chiesa popolo di Dio, chiaramente ciascuno con i propri compiti e responsabilità. Come ho detto in varie occasioni, i primi a camminare con il vescovo (e io con loro) sono i presbiteri e i diaconi, con l’impegno costante di vivere la comunione ministeriale all’interno della più ampia comunione ecclesiale.
Lei ha fatto il parroco per diversi anni. Qual è il suo ideale di parroco?
Non c’è un mio ideale. C’è il compito di vivere fedelmente la missione di annunciatore della fede e di testimone della carità, presiedendo e santificando a nome di Cristo e guidando la comunità. Oggi più di ieri, ma non diversamente dal passato, la sensibilità del nostro tempo modella questi obiettivi, li riveste di nuove responsabilità e ne sottolinea le esigenze.
E il laico ideale per le diocesi di Nuoro e Lanusei?
Intanto, anche qui, il laico reale. Quello che nasce e cresce nelle nostre comunità, che ha una storia di fede e di vita che non posso ignorare, aiutandolo a essere consapevole del valore della fede e della testimonianza del Vangelo in questo tempo.
La Chiesa diocesana vive nel territorio. Lo influenza ma ne è anche influenzata. Quali sono i problemi del territorio nuorese che maggiormente preoccupano il vescovo?
Anche qui ascoltare mi renderà capace di capire e discernere. Donne e uomini di fede, persone con compiti istituzionali, sociali, culturali e politici saranno interlocutori necessari e graditi per attivare una collaborazione concreta e possibilmente risolutiva.
La secolarizzazione si fa sentire anche a Nuoro: aumentano separazioni e divorzi, diminuisce il numero dei matrimoni in chiesa, i bambini di sette e otto anni non conoscono le verità di fede, i giovani girano al largo dalle parrocchie. Che fare?
Questa è la realtà! Non posso lamentarmene fino al punto da rassegnarmi, ma non posso neanche ignorarla, perché non metterei in campo come Chiesa delle risorse di fede e di azione. Diciamo che la realtà ci sta facendo delle sollecitazioni, degli appelli alle quali non possiamo voltare le spalle.
La Sardegna e i nuovi scenari ecclesiali
di Mario Girau.
Prima Ales-Terralba, poi Lanusei. Quello che si sta delineando nel panorama ecclesiale sardo, e non solo, è sicuramente un contesto nuovo e inedito che esige un’altrettanto nuova metodologia pastorale capace di affrontare con rinnovata fiducia e slancio le tante sfide di oggi. Le riflessioni del vescovo Antonello.
Un vescovo per due diocesi. Può dirci i motivi per cui i vantaggi e le positività sono superiori agli svantaggi (riduzione dei tempi da dedicare a ciascuna diocesi, etc)?
Ne parleremo eventualmente tra qualche tempo. Certamente il tempo da dedicare a ciascuna delle diocesi sarà inferiore, ma nulla – neanche le distanze – può impedire che diminuisca la qualità e l’intensità della presenza.
Come far capire che non ci sono diocesi di serie A (Nuoro) e di serie B (Lanusei)?
Appunto con l’intensità, e con una presenza che, se non sempre è possibile rendere visibile, mantiene comunque alto il livello di attenzione e di sensibilità, con opportune decisioni e altrettante adeguate collaborazioni da attivare. Presbiterali e laicali.
Non le sembra che a Lei e a mons. Carboni la Santa Sede abbia dato una sorta di missione, disegnare la Chiesa sarda del futuro, non solo in riferimento alla nuove circoscrizioni diocesane, ma anche la nuova organizzazione pastorale interna: decentramento alle parrocchie e alle foranie, unità pastorali, sinergie tra parroci, valorizzazione del ruolo dei laici?
Questo è il programma che dal Concilio Vaticano II in avanti è presente nell’agenda di un vescovo e della Chiesa locale. Con padre Roberto abbiamo un compito arduo, ma anche affascinante: rendere ciascuna delle due Chiese locali, che ci sono state affidate, consapevole che il confine precedente si è allargato e che lo sguardo deve essere più ampio. Con la stessa missione precedente: annunciare il Vangelo.
L’unificazione delle diocesi nella persona del vescovo sarà un fatto irreversibile oppure se non dovesse funzionare si potrà tornare al conosciuto?
La domanda va oltre la realtà, che dice invece che le diocesi rimangono due e che non c’è nessuna unificazione. È solo il vescovo ad avere i due compiti… Quello che succederà in futuro è scritto nelle pagine di Dio, della Chiesa e nella nostra fiducia che queste pagine siano scritte per migliorare la nostra esperienza di credenti.
Il suo programma di lavoro per il primo anno sarà, come annunciato, “conoscere, capire, incontrare”. Conoscere chi e che cosa? Capire…? Incontrare vuol dire che la porta dell’episcopio sarà sempre aperta, per tutti?
Conoscere la realtà che sono chiamato ad accogliere e che mi accoglie, in particolare le persone, iniziando chiaramente dai presbiteri. L’episcopio ancora non c’è, perché non è conclusa la ristrutturazione, ma posso garantire che intanto la “porta” del vescovo rimarrà sempre aperta.
Al suo ingresso a Lanusei disse: «Non camminerò da solo». Sarà così sicuramente anche a Nuoro. Chi saranno i compagni di strada. C’è qualche categoria privilegiata?
L’espressione appartiene al servizio e allo stile di una Chiesa popolo di Dio, chiaramente ciascuno con i propri compiti e responsabilità. Come ho detto in varie occasioni, i primi a camminare con il vescovo (e io con loro) sono i presbiteri e i diaconi, con l’impegno costante di vivere la comunione ministeriale all’interno della più ampia comunione ecclesiale.
Lei ha fatto il parroco per diversi anni. Qual è il suo ideale di parroco?
Non c’è un mio ideale. C’è il compito di vivere fedelmente la missione di annunciatore della fede e di testimone della carità, presiedendo e santificando a nome di Cristo e guidando la comunità. Oggi più di ieri, ma non diversamente dal passato, la sensibilità del nostro tempo modella questi obiettivi, li riveste di nuove responsabilità e ne sottolinea le esigenze.
E il laico ideale per le diocesi di Nuoro e Lanusei?
Intanto, anche qui, il laico reale. Quello che nasce e cresce nelle nostre comunità, che ha una storia di fede e di vita che non posso ignorare, aiutandolo a essere consapevole del valore della fede e della testimonianza del Vangelo in questo tempo.
La Chiesa diocesana vive nel territorio. Lo influenza ma ne è anche influenzata. Quali sono i problemi del territorio nuorese che maggiormente preoccupano il vescovo?
Anche qui ascoltare mi renderà capace di capire e discernere. Donne e uomini di fede, persone con compiti istituzionali, sociali, culturali e politici saranno interlocutori necessari e graditi per attivare una collaborazione concreta e possibilmente risolutiva.
La secolarizzazione si fa sentire anche a Nuoro: aumentano separazioni e divorzi, diminuisce il numero dei matrimoni in chiesa, i bambini di sette e otto anni non conoscono le verità di fede, i giovani girano al largo dalle parrocchie. Che fare?
Questa è la realtà! Non posso lamentarmene fino al punto da rassegnarmi, ma non posso neanche ignorarla, perché non metterei in campo come Chiesa delle risorse di fede e di azione. Diciamo che la realtà ci sta facendo delle sollecitazioni, degli appelli alle quali non possiamo voltare le spalle.