Una Chiesa che accoglie
di Pietro Sabatini.
L’edizione 2019 della rassegna estiva targata Diocesi di Lanusei è stata caratterizzata da un momento introduttivo di cordialità e condivisione chiamato “Prima l’accoglienza”, organizzato e curato ogni sera da una comunità della diocesi.
Ogni anno, a dicembre, quando ha inizio la programmazione della Pastorale del Turismo, si presenta la necessità di coinvolgere le comunità parrocchiali sparse in un territorio diocesano molto vasto e con tanti centri lontani dall’Anfiteatro Caritas di Tortolì, dove la Pastorale del Turismo svolge gran parte delle sue attività. La Diocesi non è una associazione culturale e, ancora meno, un’agenzia di intrattenimento. La rassegna nasce da una sensibilità pastorale che vuole mettere al centro il tema dell’accoglienza e dell’incontro tra le persone, anche perché il turismo è diventato per la nostra terra una realtà molto importante, autentica via di speranza per il futuro. Questo evangelico intento di accoglienza e di fraternità deve fare i conti con il rischio di divenire un fatto puramente verticistico, un’attività realizzata, sì, da un competente gruppo organizzatore, ma che non coinvolge la comunità cristiana. Perché questa attività sia autenticamente pastorale deve invece coinvolgere tutti i battezzati della nostra diocesi.
Ecco perché, in questi cinque anni, abbiamo cercato di arricchire il programma con iniziative che favorissero il coinvolgimento delle comunità parrocchiali. Nei primi anni lo strumento è stata la gastronomia. Alcune serate della settimana erano precedute da un momento in cui una comunità offriva un piatto rappresentativo della propria tradizione. Non si trattava di una delle tante sagre organizzate nei nostri paesi: si chiedeva, infatti, di proporre semplicemente degli assaggi gratuiti, accompagnati da una spiegazione culturale legata a quella pietanza. L’idea non era sbagliata. Il cibo è un elemento importante dell’accoglienza, crea comunione e risponde in modo diretto alla curiosità della gente. La formula è stata riproposta per tre anni, ma aveva un difetto: solo una piccola parte delle persone che partecipavano alle serate viveva questo momento, la maggior parte arrivava all’inizio degli incontri o degli spettacoli e non percepiva il valore della proposta.
Quando abbiamo iniziato la progettazione di quest’anno, ci siamo domandati se non fosse il caso di trovare una nuova formula per coinvolgere paesi e parrocchie. È nata così l’idea di chiedere ad alcuni paesi della diocesi di organizzare, nel lasso di tempo immediatamente precedente la serata, il momento dell’accoglienza: alcuni giovani in costume tradizionale che, all’ingresso dell’Anfiteatro Caritas, accogliessero gli ospiti con un sorriso, un dolcetto e magari la distribuzione di opuscoli illustrativi sul loro paese. Al termine della serata, spazio anche a ringraziamenti e saluti da parte del sindaco del paese accogliente. L’idea è sembrata interessante e, con non poca fatica, è arrivato anche il nome dell’iniziativa: «Prima l’accoglienza».
I paesi coinvolti sono stati Talana, Baunei, Jerzu, Villaputzu ed Escalaplano. Gli stessi primi cittadini delle comunità interessate hanno accolto in modo ottimale la proposta, ritenendola di importanza significativa. Il risultato è stato buono, come credo possano testimoniare le migliaia di persone che hanno partecipato alle diverse serate e che hanno gradito la cortesia; un semplice gesto di accoglienza che ha contribuito ancora di più a creare il clima che distingue un pubblico anonimo di un qualunque teatro, da una comunità che si ritrova fraternamente. Con l’accoglienza è sembrato ancora più evidente l’idea di Chiesa che, anche durante l’estate, continua a riflettere e proporre domande importanti per la vita, anche con strumenti e metodi diversi, forse inusuali, per la sua attività pastorale.
Più difficile è valutare le reazioni e gli effetti che questa iniziativa ha generato nei paesi che hanno aderito a “Prima l’accoglienza”. Credo di non sbagliarmi nell’affermare che, specialmente per le comunità più lontane, la conseguenza più importante è stata la scoperta. Ogni anno, in tutte le parrocchie vengono affissi i manifesti e diffusi gli opuscoli con il programma della rassegna estiva diocesana. Ma la gente passa distratta, dà un’occhiata e pensa: «Non mi interessa!». Avere portato delle persone, da paesi più o meno lontani, a fare l’esperienza della Pastorale del Turismo ha prodotto una pubblicità molto più incisiva del passa parola. Sono tante le persone che a Escalaplano, comunità in cui vivo, hanno detto: «Se avessi saputo che era così, ci sarei andato». Ecco perché ritengo che, il prossimo anno, nei paesi coinvolti per l’accoglienza, sarà molto più semplice parlare di Pastorale del Turismo e che tante saranno le persone che vorranno assistere agli appuntamenti fissati.
A molti potrà sembrare un piccolo gesto secondario, eppure questo semplice servizio delle comunità parrocchiali, ci ricorda che la Pastorale del Turismo non la fa il vescovo o la commissione organizzativa; non la fanno neppure i tanti personaggi famosi che si alternano sul palco. La Pastorale del Turismo la fanno tutti quelli che partecipano, tutti quelli che si lasciano coinvolgere, tutti quelli che si sentono Chiesa.
[Ph by Aurelio Candido]
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