In breve:

Una lunga storia di servizio all’Ogliastra

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di Tonino Loddo.
Tra tutte le testate attualmente edite in Sardegna, L’Ogliastra è in assoluto la più antica, essendone stato pubblicato il primo numero in data 4 marzo 1883 presso la tipografia Vacca-Mameli di Lanusei.

Il giornale che abbiamo in mano ha una storia lunga e gloriosa di servizio al territorio, una storia che – va detto – ha subito lunghe e importanti interruzioni, ma anche originale e perfino unica nel panorama dell’editoria sarda, che narra dell’attenzione e della passione con cui prima un attivo e intelligente tipografo lanuseino e poi la Chiesa diocesana hanno seguito le vicende ogliastrine.
In principio, infatti, fu “L’Ogliastra. Effemeride settimanale” che un gruppo di intellettuali (tra cui Marcello Cossu, Salvatore Sechi Dettori, Giovanni Pischedda e Nicolò Businco) radunati da un fascinoso tipografo lanuseino, Pietro Vacca, mise in stampa tra il 1883 e il 1885, settimana per settimana senza perdere un solo colpo. Era un’impresa impari e cessò dopo pochi anni.
Con lo stesso titolo (ma col sottotitolo “agricola ed industriale”), il giornale fu rimesso in piedi da mons. Emanuele Virgilio (il primo numero è datato 31 gennaio 1921), ma non ebbe lunga vita. Ancora qualche tempo di silenzio e poi – dopo una breve parentesi riempita prima (novembre 1925) da “La squilla dell’Ogliastra” e quindi dal “Bollettino della Diocesi di Ogliastra” (il primo numero data 4 dicembre 1927), voluto da mons. Giuseppe Maria Miglior – finalmente e nuovamente “L’Ogliastra”: il primo numero è datato 14 febbraio 1937. Mons. Lorenzo Basoli è appena giunto in diocesi e subito rimette in piedi l’antica gloriosa testata, prima con il sottotitolo “Quindicinale di Azione Cattolica” e quindi (dal 1 marzo 1942) con il sottotitolo di “Quindicinale Cattolico”. Il giornale (che dal primo numero del gennaio 1947 assume cadenza mensile) rimane in piedi fino a tutto il 1962 quando cessa le pubblicazioni.
Bisognerà, quindi, attendere ancora circa un ventennio per vedere rinascere “L’Ogliastra”. Ne è artefice mons. Antioco Piseddu che dopo due numeri di saggio (aprile e maggio 1982) il 30 giugno 1982 fa ripartire le pubblicazioni ordinarie con cadenza mensile e con il sottotitolo prima di “Mensile diocesano” e poi (dall’ottobre 1982) con quello di “Periodico mensile diocesano” che permane fino al numero di dicembre del 2014.
Col numero di gennaio del 2015, grazie alle nuove determinazioni di mons. Antonello Mura, “L’Ogliastra” continua il suo percorso ma cambiando sottotitolo (“Attualità e cultura nella diocesi di Lanusei”) e formato; passa, infatti, dal classico tabloid al formato magazine e, soprattutto, passa dal bianco/nero al colore totale moltiplicando il numero delle pagine che si assesta in 48. Il giornale è a tutt’oggi vivo, anzi vivissimo con le sue circa 2000 copie a numero e con un notevole incremento degli abbonati.
Una storia lunga, dunque; ma sempre una storia di servizio. Appaiono di una sconcertante attualità le parole con cui la Redazione apriva uno dei primi numeri dell’era Basoli: «L’Ogliastra non è il Giornale che vi porta le grandi notizie; non potrebbe farlo: è il foglio che vi porta, però, la parola buona che vi serve per la vostra vita cristiana… Tutti convengono che soddisfa un bisogno del nostro popolo e che lo si deve aiutare» (19/1937). Per poi aggiungere – in un linguaggio che richiama l’epoca ma che nella sostanza è ancora vero – che il giornale era «come la campana squillante del paese che mette un fremito di vita fra le piccole case fumiganti e porta lontano, anche nella campagna solitaria, la sua nota lieta nei giorni di festa, come pure i suoi rintocchi mesti nelle ore di dolore, infondendo nei cuori conforto e speranza immortali» (2/1938).
E se da un lato è vero che la tensione ecclesiale ne rimane la componente fondamentale, è altresì vero che a leggerne le annate di questi lunghi decenni si coglie quanto l’Ogliastra, intesa come territorio diocesano, sia cambiata e in quali direzioni, perché il giornale sempre ha saputo coniugare tensione morale, coraggio, curiosità intellettuale e passione ecclesiale, riuscendo continuamente a essere un laboratorio d’idee, un coinvolgente luogo di confronto vivace e un sollecito strumento di battaglie civili, oltre a essere sempre stato un punto di riferimento culturale per chi vedeva crescere un territorio che da “isola nell’Isola” (secondo la celebre ma obsoleta definizione del Lamarmora) si apprestava a diventare protagonista nel più vasto panorama isolano.
E in effetti, non si può non riconoscere che il giornale, soprattutto negli ultimi tempi, ha saputo sempre più conquistarsi la fiducia dei lettori, crescendo nella diffusione e nel consenso collettivo. Dai decenni in cui la sua direzione era affidata a pur capaci pubblicisti nuoresi, fino ai direttori ogliastrini formatisi in casa tra menabò, riunioni di redazione, articoli da richiedere e da sollecitare…, il giornale è sempre stato capace (e continua a esserlo) non solo di raccontare il territorio, ma anche di cercare di interpretarlo nei suoi sentimenti più veri, nella sua fede, nelle sue esigenze collettive, nelle sue aspirazioni pubbliche. Un giornale – come attualmente è – che parla alle donne e agli uomini del nostro tempo con un linguaggio di speranza, che vuole costruire futuro e non solo rendicontare il presente. Un giornale che – prendendolo in mano nelle sue varie annate – emoziona e incuriosisce perché sempre capace di annunciare un Dio vicino che ancora vuol parlare a tutti con tenerezza.

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