Con gli occhi dei ragazzi
Gli studenti del Liceo Artistico di Lanusei.
Il tema della violenza di genere è spesso ricordato solo per i fatti di cronaca, ma è giusto che i giovani affrontino il problema della quotidianità del fenomeno. Per questo a scuola si tende ad affrontare spesso l’argomento. Proprio in occasione di un tema, due giovani alunni della classe terza di un istituto superiore di Lanusei si sono confrontati e hanno espresso il loro pensiero al riguardo.
Eric Ramos disamina dati allarmanti: «Secondo l’Istat, il 31,5 % delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale (6 milioni e 788mila donne) e purtroppo sono dati recenti». Roberta Sioni commenta così: «Le donne vittime di violenza spesso preferiscono subire piuttosto che denunciare, forse perché si ha paura che chi usa violenza nei loro confronti possa poi fare di peggio, o forse per tenere unita la famiglia o semplicemente perché non si riesce a lasciare il proprio partner neanche dopo tutto il male che provoca. A volte non arrivano alla denuncia anche perché pensano e sperano che il partner possa cambiare, ma raramente questo accade e spesso, andando avanti col tempo, la violenza si tramuta in omicidio o suicidio, dal momento che molte donne, non avendo il coraggio di mettere fine a una situazione così drammatica, preferiscono togliersi la vita. Nei telegiornali non sentiamo tanto parlare di questo tema se non quando si verifica un femminicidio o se ne sente parlare solo il 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne. In questa occasione tutti sottolineano quanto sia importante la sensibilizzazione, ma già dal giorno dopo quasi ci si dimentica della gravità della situazione e cade il silenzio su un problema di grande portata. È ridicolo anche solo pensare di compiere una violenza, fisica o psicologica, su una donna perché la si ritiene qualcosa di proprietà o la si usa come un oggetto che vale poco e niente; ancora più ridicolo è chi giustifica tale violenza dicendo, per esempio, che la vittima “poteva evitarlo vestendosi meno scollata o con una gonna più lunga”, come se fosse normale che una donna si meriti tutto ciò solo per come si veste o perché fa ciò che le piace».
Eric invece affronta il problema da un’altra prospettiva e continua: «Penso che il punto fondamentale sia l’educazione, un processo che potrebbe diminuire drasticamente questa piaga. Per far ciò avremmo bisogno di una politica che funzionasse adeguatamente. Ad esempio, se dalle nostre istituzioni si proponesse una campagna di sensibilizzazione su temi analoghi a partire dalle scuole elementari e medie le cose forse andrebbero meglio. Penso che l’istruzione sia effettivamente l’unica soluzione contro il problema dell’ignoranza, poiché solo attraverso la scuola e grazie a una società che informa e riesce ad avere persone che capiscono, i dati sopra riportati calerebbero drasticamente. Troppo spesso sentiamo dell’ennesimo caso di femminicidio, stupro o violenza da parte di un ex che non accetta la fine della relazione, provando un senso di rabbia nel non poter più possedere la propria donna, come una marionetta di cui muovere i fili. Un qualsiasi uomo nato in un contesto con valori distorti – in cui la donna ha un ruolo prettamente relegato a quello della casalinga che non può avere una vita oltre alle quattro mura domestiche – spesso è portato a pensare che la donna dovrebbe essere punita per avergli mancato di rispetto. Ognuno di noi è il risultato della società in cui è nasce, se vogliamo che le persone cambino la mentalità retrograda dobbiamo partire dall’educazione. Che si tratti di razzismo, omofobia, o appunto di femminicidio, è necessario battersi affinché noi così come le generazioni future siano libere di scegliere di vivere la propria vita al meglio, secondo i propri desideri, poiché la libertà è uno dei doni più preziosi che possediamo e non possiamo permetterci di svenderla».
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