Non rassegniamoci a una politica senza i cattolici
di Mons. Antonello Mura.
Non ho mai dimenticato, anche perché ascoltate direttamente, le parole che Benedetto XVI pronunciò a Cagliari il 7 settembre 2008, nell’omelia sul sagrato di Bonaria, quando chiese alla Patrona Massima della Sardegnadi renderci «capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile». Parole che ritornano in questo tempo, vigilia di elezioni politiche regionali, che ci consegnerà a fine febbraio un nuovo Consiglio regionale e una nuova Giunta.
Parole che scaldano il cuore, perché ricordano che l’impegno politico va pensato (e preparato) come un compito di altissimo valore. Confesso che non sempre si ha questa sensazione, né tantomeno mi sembra presente l’attenzione ai principi morali e alle regole di condotta che dovrebbero essere presenti in chi assume compiti di gestione del bene comune. Inoltre, forse a causa di un individualismo dilagante, c’è in atto una forte diffidenza verso coloro che intendono dedicarsi a questo incarico, diffidenza che nel migliore dei casi fa dire: “Se ha deciso di fare politica, vuole dire che ha i suoi interessi da organizzare”. Pensieri che si scontrano fortemente con un’altra mentalità, che testimonia quanto la gestione della cosa pubblica fosse considerata importante nel passato, ad esempio tra gli antichi greci, che indicavano come “idioti” coloro che si limitavano a occuparsi delle loro faccende private, senza avere la passione per l’interesse generale della polis. Altri tempi? Certamente, ma non per rassegnarci a una mentalità che mostra, drammaticamente, molte carenze di cui oggi facciamo quotidiana esperienza. Se è vero allora che oggi, nel sentire comune, occuparsi del proprio “orticello” viene ammirato, e chi si interessa della cosa pubblica, molto… meno, è tempo – nuovamente tempo – di affermare che una rinnovata attenzione al bene di tutti, fino ad arrivare alla disponibilità di farsi carico della responsabilità di ciò che accade al di fuori del portone della propria casa, appare sempre più necessario.
I cattolici in particolare, iniziando dalle comunità parrocchiali, sono chiamati a mettere in agenda spazi e temi che rivalutino la loro presenza nella vita politica e sociale, favorendo un dibattito che sulle grandi questioni della vita pubblica recuperi una presenza all’altezza delle sfide di questo tempo. Si tratta di ritrovare la voglia di essere cittadini fino in fondo, con sani principi morali e adeguate competenze. Oggi più che mai, la responsabilità dei cattolici italiani appare grave e pressante, riprendendo quella consapevolezza del proprio ruolo che storicamente ha segnato la storia del nostro Paese, compresa la Sardegna. Non è più importante che tale responsabilità debba essere giocata da destra o da sinistra, anche perché nulla vieta che i cattolici puntino alla direzione sia sull’uno che sull’altro fronte, a qualsiasi livello. È importante piuttosto che arrivino a maturazione delle persone che non si rassegnino a una presenza irrilevante. Siccome la fede sa creare le condizioni per una coscienza illuminata, la testimonianza dei credenti in politica sarà sempre una chiave decisiva per leggere, valutare e trasformare la realtà. E anche in Sardegna ne abbiamo urgente bisogno.
+ Antonello Mura
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