di Valentina Pani.
La vita: dono grande che il Signore concede per realizzare noi stessi.
Come discernere la nostra strada? Matrimonio, sacerdozio, vita consacrata;le coordinate sono già dentro di noi. La vocazione è il progetto che Dio ha pensato perché ognuno di noi possa arrivare alla sua pienezza. Si manifesta attraverso dei segni che è importante sapere riconoscere e decifrare.
Sono proprio i nostri seminaristi e novizi a raccontarci come loro abbiano risposto alla chiamata del Signore. Ogni chiamata è personale e ha in sé una chiave unica, come una combinazione che solo chi la riceve conosce, e si sviluppa in un tempo e in un contesto specifici, tracciando una storia unica, costituita da momenti determinati e significativi. Questa scelta implica un lungo percorso di riflessione, preghiera e studio, perché è una decisione che va messa alla prova, finché non ci si sente davvero sicuri.
È il vescovo Antonello a rompere un silenzio denso di emozione. Dopo una breve presentazione dei protagonisti, ha chiesto loro che significato avessero dato alla rete da pescatore portata fino all’ambone con l’aiuto di alcuni giovani della Diocesi, durante la cerimonia di apertura del convegno. Differenti le emozioni per ciascuno: da un’immagine evangelica, come la chiamata di Pietro, fino alla ricchezza della Chiesa dove anche se diversi siamo tutti catturati dalla parola di Dio. Da lì alla domanda successiva, il passo è breve: cosa realmente li affascina di Gesù? Egli rappresenta soprattutto un modello che li ha entusiasmati, portandoli a lavorare su se stessi per poter diventare simili a lui, uomo povero, ma che con il suo amore non smette mai di affascinare e offre sempre la possibilità di ricominciare con nuove sfide. Questa visione così idilliaca però nasconde anche delle lecite paure, come l’essere inadeguato o il timore di non essere sempre all’altezza della situazione.
È il momento, giunti quasi al termine della conversazione, in cui ognuno di loro risponde a una domanda più dettagliata e specifica rispetto alla propria vocazione; ognuno di loro ha un percorso differente che lo ha portato a essere ciò che è oggi. La vocazione non è un rifugio, non si vuole scappare da quelle responsabilità e da quei compiti che il proprio stato di vita comporta. Semmai si tratta di “sentirsi a casa”, sentire che questo “vestito” è fatto su misura per noi. Nonostante le avversità possano far sembrare questo “vestito” irraggiungibile e non adatto, la fede, costante compagna di viaggio, sarà sostegno nelle attese, forza per ricaricarsi per proseguire sulla giusta strada. Quindi, la stoccata finale: «Chi ve lo ha fatto fare?». Le risposte sono tante, ma in realtà è una scelta così intima che spesso viene fraintesa o non condivisa da occhi esterni. Si devono fare rinunce e sacrifici, ma l’arrivo è meraviglioso. Dio è sempre dalla nostra parte, è il primo a credere e a scommettere su di noi. Per questo motivo dona tutte le grazie necessarie per rispondere.
Perché la vita non è una scelta, è una risposta!
“Chi te lo fa fare?” La scoperta della vocazione sacerdotale e religiosa
di Valentina Pani.
La vita: dono grande che il Signore concede per realizzare noi stessi.
Come discernere la nostra strada? Matrimonio, sacerdozio, vita consacrata;le coordinate sono già dentro di noi. La vocazione è il progetto che Dio ha pensato perché ognuno di noi possa arrivare alla sua pienezza. Si manifesta attraverso dei segni che è importante sapere riconoscere e decifrare.
Sono proprio i nostri seminaristi e novizi a raccontarci come loro abbiano risposto alla chiamata del Signore. Ogni chiamata è personale e ha in sé una chiave unica, come una combinazione che solo chi la riceve conosce, e si sviluppa in un tempo e in un contesto specifici, tracciando una storia unica, costituita da momenti determinati e significativi. Questa scelta implica un lungo percorso di riflessione, preghiera e studio, perché è una decisione che va messa alla prova, finché non ci si sente davvero sicuri.
È il vescovo Antonello a rompere un silenzio denso di emozione. Dopo una breve presentazione dei protagonisti, ha chiesto loro che significato avessero dato alla rete da pescatore portata fino all’ambone con l’aiuto di alcuni giovani della Diocesi, durante la cerimonia di apertura del convegno. Differenti le emozioni per ciascuno: da un’immagine evangelica, come la chiamata di Pietro, fino alla ricchezza della Chiesa dove anche se diversi siamo tutti catturati dalla parola di Dio. Da lì alla domanda successiva, il passo è breve: cosa realmente li affascina di Gesù? Egli rappresenta soprattutto un modello che li ha entusiasmati, portandoli a lavorare su se stessi per poter diventare simili a lui, uomo povero, ma che con il suo amore non smette mai di affascinare e offre sempre la possibilità di ricominciare con nuove sfide. Questa visione così idilliaca però nasconde anche delle lecite paure, come l’essere inadeguato o il timore di non essere sempre all’altezza della situazione.
È il momento, giunti quasi al termine della conversazione, in cui ognuno di loro risponde a una domanda più dettagliata e specifica rispetto alla propria vocazione; ognuno di loro ha un percorso differente che lo ha portato a essere ciò che è oggi. La vocazione non è un rifugio, non si vuole scappare da quelle responsabilità e da quei compiti che il proprio stato di vita comporta. Semmai si tratta di “sentirsi a casa”, sentire che questo “vestito” è fatto su misura per noi. Nonostante le avversità possano far sembrare questo “vestito” irraggiungibile e non adatto, la fede, costante compagna di viaggio, sarà sostegno nelle attese, forza per ricaricarsi per proseguire sulla giusta strada. Quindi, la stoccata finale: «Chi ve lo ha fatto fare?». Le risposte sono tante, ma in realtà è una scelta così intima che spesso viene fraintesa o non condivisa da occhi esterni. Si devono fare rinunce e sacrifici, ma l’arrivo è meraviglioso. Dio è sempre dalla nostra parte, è il primo a credere e a scommettere su di noi. Per questo motivo dona tutte le grazie necessarie per rispondere.
Perché la vita non è una scelta, è una risposta!