Come sta il nostro cinema?
di Fabiana Carta.
Internet, pirateria digitale, l’invasione di serie Tv di qualità altissima, piattaforme virtuali, hanno danneggiato tristemente il Cinema come luogo in cui vivere l’emozione di un film a trecentosessanta gradi.
Incontro Franco Muceli, proprietario dello storico Cinema Garibaldi di Tortolì aperto nel 1942 grazie a suo padre, per capire qual è lo stato di salute di questo gioiello ogliastrino. «Il cinema oggi sta male. Mi devo necessariamente rivolgere a una fascia di pubblico ampia, dai bambini, ai giovani, agli anziani. La gente affluisce quando c’è un film che gli interessa, in questo periodo vanno di moda i supereroi e mostri. Purtroppo le uscite non le concordano granché tra le varie case cinematografiche, perciò ci ritroviamo in due settimane ad avere in programmazione due film dello stesso genere».
È un problema generale. Il 2017 è stato l’anno nero del cinema italiano: i biglietti venduti sono calati del 25% rispetto al 2016, nessun film ha superato i 10 milioni e si parla di una perdita di più di 70 milioni rispetto la stagione precedente. Un 2016 salvato ai botteghini dalla presenza di Checco Zalone con il film “Quo vado?”, come mi conferma Muceli: «Uno dei problemi maggiori è che non producono più grandi film, a livello di incassi ci stiamo riducendo ad aspettarne uno che sbanchi i botteghini, come i film di Zalone, che resta ancora quello che fa la differenza nei riferimento di incasso annuali. Oggi escono troppi film in una settimana, solo i cinema multisala possono assolvere alla loro programmazione, i piccoli centri come Tortolì con a disposizione solo due sale devono fare delle scelte. In Ogliastra siamo appena sessantamila abitanti, siamo penalizzati, ma siamo fortunati ad avere il nostro cinema».
Mi spiega che se un film, come si dice in gergo, si programma in battuta, ovvero si distribuisce in contemporanea, può andare bene come no, resta un azzardo, nessuno può prevedere la risposta del pubblico, «neanche il distributore può essere certo del successo, per quanto si faccia leva sulla pubblicità a tutto campo». Qualche volta i film non vanno, ma firmando il contratto che ne prevede la proiezione per un certo numero di giorni, in gergo tenitura cinematografica, si è costretti a tenerlo pur non avendo ricavi.
Gli chiedo come si svolge la selezione delle opere: «I film li scelgo io, seppur vincolato o limitato qualche volta dai distributori e dalle regole commerciali, e la scelta si basa sugli incassi prevalentemente in Sardegna. Tempo fa mi sono dedicato al Cinema d’essai (in altre parole si selezionano i film sulla base dell’interesse culturale e sulla qualità artistica), ma nel corso degli anni è cambiato il modo di andare al cinema, c’è meno risposta».
Mi ricorda l’incanto delle estati in cui si dedicarono anche al cinema all’aperto, sotto le stelle, quello che ha segnato felicemente molti momenti della mia infanzia. Oggi perché non si fa più? «Il motivo principale è che la gente durante l’inverno vede tutti i film e in estate non ci ritorna. Un altro motivo è che non posso sobbarcarmi tutte le spese, mi piacerebbe avere la collaborazione di altri enti oppure organizzazioni». Altro tasto dolente: le scuole partecipano poco, pare ci sia una sorta di diffidenza o difficoltà nel portare i ragazzi al cinema. Stranezze. Possono essere più educative delle immagini, una storia proiettata su uno schermo che due ore di lezione in cui si parla solamente. Secondo un’indagine commissionata da Fondazione ente dello spettacolo all’Istituto Toniolo, presentato durante l’ultima edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica della Biennale di Venezia, sono emersi dei dati interessanti: il 92,6% dei giovani vorrebbe andare al cinema più spesso, cosa li allontana? Al 46,4 % i costi. Franco Muceli mi risponde così: «Il problema del prezzo è legato anche al costo del noleggiatore, che ci chiede circa il 50% dell’incasso. Immagina che da un biglietto che costa 6,50 euro, incasso solo 3,50».
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