Oltre la maschera
di Paolo Usai.
“L’uomo è poco se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera e vi dirà la verità”. Questo aforisma di Oscar Wilde interroga e stimola la riflessione sul confine tra mondo reale e mondo immaginario, confine che viene espressamente violato durante una delle feste più trasgressive dell’anno: il carnevale.
Il tempo del carnevale è sinonimo di una sorta di esplosione pulsionale della nostra civiltà regolata dalle leggi e sottomessa alle imposizioni della burocrazia e dell’iper-controllo (di sé stessi e degli altri). La psiche umana è in effetti la sede di forti pulsioni di vita e di morte (Eros e Thanatos), le quali sono sottomesse a numerosi meccanismi di censura. Tra questi si possono citare il controllo interno esercitato dal Super-Io, i numerosi controlli sociali imposti dalle norme culturali che sanciscono le buone maniere, e infine i controlli societari che includono l’insieme delle leggi e dei regolamenti il cui rispetto è garantito dai diversi organismi di pubblica sicurezza. In tale contesto, accentuato dalla corsa verso la riuscita e il successo, il carnevale appare come uno sfottò socialmente accettato, una parentesi durante la quale ciascuno perde la propria identità sotto una maschera e può finalmente liberare la propria energia vitale. Alla pari di un sociodramma, il carnevale rappresenta un’autoironia e un’autocritica che permettono di liberare le pulsioni primarie che abitano dentro di noi e che non smettiamo mai di voler controllare.
Alcuni sociologi e psicologi definiscono il carnevale come un atto attraverso il quale la società si ripulisce dai suoi vizi, dai suoi difetti e da certe regole retrograde. Lo fa con euforia e deliri, nella gioia dei canti e delle danze dei gruppi e dei carri. Per gli studiosi della psicologia delle folle il carnevale non sarebbe altro che un gesto culturale per mezzo del quale la società si rigenera rappresentatosi attraverso una teatralizzazione dei suoi difetti e delle sue incoerenze. È un fenomeno unitario, in cui tutte le classi sociali si ritrovano e formano un tutt’uno.
La scelta delle maschere e dei personaggi che animano le sfilate rispecchia questa volontà di liberarsi dagli intralci dell’energia pulsionale umana: coloro che sono rappresentati corrispondono molto spesso a figure che sono simbolicamente legate a questi controlli. Non è raro osservare delle maschere e dei carri che si prendono gioco di personaggi influenti, che deridono i governanti e il sistema attraverso la satira, gli slogan e le caricature.
Attraverso l’esplosione di colori pungenti, di emozioni forti, di passione e di pulsioni, la società globale mostra ciò che farebbe veramente. Così, con il filtro della musica, della danza, delle risate e degli allegri deliri, fa passare il suo messaggio politico. Perché in fondo, lo schermo di una maschera facilita l’espressione di tutto ciò che pensiamo, di tutto ciò che proviamo, di tutto ciò che altrimenti non oseremmo mai dire.
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