In breve:

Fede e superstizione. L’impossibile accordo

Superstizione

di Tonino Loddo.
Qualche tempo fa ho conosciuto un tale, persona pure di buona cultura, che per un anno intero non viaggiò in aereo (pur dovendosi recare spesso nel Continente per lavoro) perché mentre passeggiava sotto i portici di Via Romaa Cagliari, da una zingara che gli chiedeva inutilmente l’elemosina fu apostrofato con un «tanto l’aereo già cade!». Ma quante sono le persone di ogni estrazione sociale e di ogni livello culturale che ancora in pieno terzo Millennio credono nel malocchio?
Nei nostri paesi (forse adesso un po’ meno del passato) le pratiche superstiziose sono da sempre innumerevoli e tutte caratterizzate da un unico comune denominatore: il bisogno di attribuire quanto accade (fatti felici o disgrazie poco importa) alla sorte, piuttosto che assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Così, per sconfiggere l’imprevedibilità della sfortuna o per accattivarsi la fortuna, da sempre si è fatto ricorso alla magia e a chi sapeva compiere rituali magici, nella convinzione che ciò fosse sufficiente ad ottenere quanto si desiderava, in verità ottenendo illusioni capaci solo di generare falsi sensi di sicurezza.
Tutto potrebbe concludersi in una risata, se non fosse che spesso tali pratiche sono accentuate dalla pronuncia di preghiere (a volte segretissime, tramandate di padre in figlio) da parte di maghe, fattucchiere o guaritori che ammantano i propri rituali di un forte senso di religiosità, spesso facendo ricorso anche a sacramentali, come l’acqua santa. La Chiesa da tempo (SC 60) ha chiarito che i sacramentali hanno due significati, ambedue spirituali: «disporre a ricevere l’effetto dei sacramenti» e «santificare le varie circostanze della vita». Per questi fini e solo per questi fini la Chiesa prega, benedice e asperge i fedeli. Della stessa acqua delle fonti di Lourdes si legge che le prime persone che ne bevvero o vi si immersero provavano una grande pace interiore. Usare i sacramentali con altri fini significa non agire secondo le intenzioni della Chiesa.
Ma vi è un altro aspetto, altrettanto grave e persino pregiudizievole della crescita nella fede. Ciò accade quando si induce qualcuno a pensare che accendere candele o lampadine dinanzi ad una statua, o fare a Dio o alla sua Santissima Madre promesse le più paradossali, possa servire ad allontanare la malattia o la malasorte o a propiziare accadimenti positivi: ciò significa solo illudere la gente e, spesso, abusare dell’ignoranza o dello stato di sofferenza di molti. Significa far credere che tutto funzioni alla moda dei vecchi telefoni a gettone o dei vecchi jukebox: io metto dentro un gettone e tu mi fai sentire una canzone o mi assicuri tanti minuti di conversazione. Ricordo le botte o i calci ai fianchi del jukebox di turno che, scelta la canzone e messo il gettone, se ne stava muto! Tale è spesso l’atteggiamento nei confronti dei santi o, perfino, di Dio. Io ti ho acceso le candele, e anche di quelle grosse, non quelle candeline smilze che non valgono nulla, e tu la grazia me la devi fare! Io ti ho promesso che andrò ogni domenica a Messa per quanto campo e già ci sto pure andando…, e tu la grazia me la devi fare! Io sono andato a san Basilio e ti ho lasciato una gamba di cera e tu mi devi curare la gamba! Io ti ho portato un bell’occhio d’argento, cara santa Lucia, e tu mi devi ridare la vista! Io sono andata alla processione che era pure caldo e non ne avevo molta voglia, e tu il lavoro a mio figlio me lo devi trovare. Si potrebbe insistere con infiniti esempi – ognuno ne conosce perfettamente qualcuno – di persone che ricorrono alla religione con la mentalità contrattuale del do ut des, io do qualcosa a te e tu dai qualcosa a me, confidando nel rito materiale come se automaticamente esso dovesse produrre un effetto.
Questo atteggiamento è pura superstizione che sconfina nella magia, ed è atteggiamento mille miglia lontano dall’umile fede del credente. Dall’umile fede di Abramo e di Maria di Nazareth e da quell’intenso e coraggioso porsi dinanzi a Dio in tutta la loro profonda pochezza che li ha portati pronunciare il fiat: che la Tua volontà si compia! Perché questa è la vera preghiera del cristiano: sia fatta la Tua volontà, oggi e sempre. Perché ti so Padre di misericordia e di amore.
Tutto il resto lascia, ahimè, il tempo che trova. Occorre ben farsene una ragione.

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