di Augusta Cabras.
La vita di Simone è un insieme di vite vissute, sofferte, sfidate, a volte imbruttite, sporcate, negate. Mai perse. Spesso ritrovate. Il racconto che lui ne fa è lucido e appassionato. La sua vita, così complessa e dalle trame intricate gli appartiene fino in fondo. Fin da sempre. Fin da quando piccolissimo arriva in un orfanotrofio. In realtà lui non è un orfano ma è come che lo sia. I suoi genitori, impegnati e persi a tenere in piedi le proprie vite piene di fragilità,non possono badare né a lui né ai suoi fratelli. In quel luogo che si sforza di essere famiglia, Simone rimane fino a quando ha otto anni, fino a quando non viene accolto, insieme a due dei suoi fratelli da un’altra famiglia. Quella sì vera, classica, che vive come nucleo proprio in una casa accogliente, pronta ad amare questi bimbi segnati dall’abbandono e dalla sofferenza.
Ma le cose non vanno come genitori e figli si aspettano. Troppo diversi per carattere, per aspettative, per le esperienze vissute che, soprattutto ai bambini, hanno indurito il cuore e la mente. Simone sente che, nonostante tutto, quello non è il posto giusto per lui; si sente in gabbia, si ribella, prende strade incerte e pericolose. Ha solo 12 anni ma lui sente di essere grande. Sente di poter badare a se stesso, di poter andare a scoprire il mondo anche negli anfratti più bui. Non sembra spaventato. Sente di avere il mondo nelle mani, in una sfida aperta, continua ed esaltante. Sono gli anni dei primi spinelli, dei primi sballi, della cocaina, dei furti, dello spaccio e dei soldi facili. Una vita che via via si perde e si disperde; una vita vissuta sulle montagne russe tra paradisi artificiali, bugie continue, picchi di falso piacere momentaneo e profondo stordimento misto a dolore che dilania l’anima.
(Continua…)
Puoi leggere l’articolo integrale su L’Ogliastra, periodico in abbonamento della Diocesi di Lanusei.
Così sono rinato dopo il buio
di Augusta Cabras.
La vita di Simone è un insieme di vite vissute, sofferte, sfidate, a volte imbruttite, sporcate, negate. Mai perse. Spesso ritrovate. Il racconto che lui ne fa è lucido e appassionato. La sua vita, così complessa e dalle trame intricate gli appartiene fino in fondo. Fin da sempre. Fin da quando piccolissimo arriva in un orfanotrofio. In realtà lui non è un orfano ma è come che lo sia. I suoi genitori, impegnati e persi a tenere in piedi le proprie vite piene di fragilità,non possono badare né a lui né ai suoi fratelli. In quel luogo che si sforza di essere famiglia, Simone rimane fino a quando ha otto anni, fino a quando non viene accolto, insieme a due dei suoi fratelli da un’altra famiglia. Quella sì vera, classica, che vive come nucleo proprio in una casa accogliente, pronta ad amare questi bimbi segnati dall’abbandono e dalla sofferenza.
Ma le cose non vanno come genitori e figli si aspettano. Troppo diversi per carattere, per aspettative, per le esperienze vissute che, soprattutto ai bambini, hanno indurito il cuore e la mente. Simone sente che, nonostante tutto, quello non è il posto giusto per lui; si sente in gabbia, si ribella, prende strade incerte e pericolose. Ha solo 12 anni ma lui sente di essere grande. Sente di poter badare a se stesso, di poter andare a scoprire il mondo anche negli anfratti più bui. Non sembra spaventato. Sente di avere il mondo nelle mani, in una sfida aperta, continua ed esaltante. Sono gli anni dei primi spinelli, dei primi sballi, della cocaina, dei furti, dello spaccio e dei soldi facili. Una vita che via via si perde e si disperde; una vita vissuta sulle montagne russe tra paradisi artificiali, bugie continue, picchi di falso piacere momentaneo e profondo stordimento misto a dolore che dilania l’anima.
(Continua…)
Puoi leggere l’articolo integrale su L’Ogliastra, periodico in abbonamento della Diocesi di Lanusei.