Per favore, non chiamiamolo Giusto
di Tonino Loddo.
Del Dio di cui mi hanno parlato fin da bambino c’è un aspetto che sempre mi ha fatto paura: la sua giustizia. Dio è giusto, mi si diceva; dà a ciascunoesattamente ciò che merita e sempre premia i buoni e punisce i cattivi. Ed è preciso: la sua spada affilata separa bene e male in maniera perfetta, nulla sfugge alla sua attenzione. Comportati sempre bene, perciò, perché se fai il bene ti meriti la salvezza e se fai il male ti meriti la condanna. E nessuna via di fuga è possibile. Così parlavano signorina Grazietta, signorina Celestina e signorina Maria, le mie catechiste. Poi è arrivato Francesco che ha scritto una frase sconvolgente: «Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di essere Dio» (Misericordiae vultus, 21). Quindi, le mie catechiste non avevano capito nulla? No, no di certo: avevano capito molto, ma forse il Dio che presentavano era troppo uomo e poco Dio.
Basta guardare la storia della salvezza, per capire. Scopriremo, così, un Dio che dà al peccatore ciò che non si merita: il perdono invece della condanna, e subisce lui, Dio, nella croce del Figlio suo, il peso della nostra colpa. Non è giusto secondo i parametri umani, insomma. Così, è capace di scatenare l’ira dei vignaioli della prima ora, retribuendoli allo stesso modo di quelli dell’ultima ora o di suscitare la permalosità del maggiore quando riabbraccia il figlio minore che aveva dissipato i suoi averi, ridonandogli intatta la dignità cui colui aveva coscientemente rinunciato. Una giustizia al di fuori dei nostri modi di ragionare. Per qualcuno perfino una non giustizia. È come se chiamati a giudizio per un grave misfatto, il giudice del tribunale ci dicesse: sì, ti condanno a 30 anni di carcere per il tuo delitto, ma non li passerai tu quegli anni in carcere bensì li passerà mio figlio che sconterà la pena al tuo posto. Ma che giudice sarebbe mai costui? Roba da perderci la testa.
(Continua…)
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