E quel giorno Lui passò
di Augusta Cabras.
Dio passa nella vita di alcuni uomini chiamandoli ad essere suoi servitori e servitori dell’umanità. La chiamata può arrivare, improvvisa e inaspettata, a stravolgere un’esistenza o può rivelarsi lentamente, in tempi lunghi e a più riprese finché la risposta arriva come l’approdo dopo un cammino di discernimento, a volte lineare, a volte tormentato, ma mai banale.
«Vieni e seguimi!». Cosa c’è di più complesso che accogliere l’invito dell’Altissimo? Rispondere infatti, non sembra per niente facile! Certamente è emozionante e commovente essere in questo rapporto così diretto e intimo con il Padre, e pensarci dà quasi le vertigini. E forse la vita sacerdotale è l’oscillare continuo tra le vette spirituali più alte ed eteree e l’aderenza più stretta e profonda all’umanità, alla fragilità propria ed altrui, a quell’umano, troppo umano da cui non si può e non ci si deve allontanare. Perché Dio manda i suoi sacerdoti nelle periferie umane ed esistenziali di questo mondo, nelle pieghe complicate delle vite, tra i sorrisi e i pianti dei fratelli, tra le macerie di esistenze fallite, nella gioia dei Sacramenti, nelle morti e nelle rinascite alla vita e alla fede.
Federico Murtas, Daniel Deplano e Antonio Carta sono i tre della nostra diocesi che nel seminario regionale cercano di capire se davvero Dio li vuole sacerdoti, uomini tra gli uomini. Tre storie diverse le loro, accomunate da una formazione cristiana iniziata in famiglia fin da piccolissimi e con un unico Maestro da seguire.
Federico Murtas è di Villaputzu, ha 30 anni, un diploma nel cassetto conseguito al Liceo Scientifico e tanti anni di lavoro nella macelleria di famiglia. Una vita piena di impegni e un tassello mancante. Per lui la chiamata risuona nel cuore quando ancora è molto piccolo e la risposta rimane a lungo in sospeso. «Ero alle scuole medie quando sentii questo desiderio. Ne parlai in famiglia ma i miei genitori pensarono che fossi troppo piccolo per affrontare un impegno così importante. Cercai di non pensarci più nonostante questo non fosse semplice». Intanto la vita per Federico va avanti. C’è la scuola, le attività in parrocchia, il lavoro. C’è la presenza dei seminaristi del paese a cui Federico guarda con ammirazione e nei cui occhi scorge una luce speciale ma soprattutto c’è l’Eucaristia che genera in lui, ieri come oggi, sentimenti di gioia profonda, lode, gratitudine. Per anni Federico mette a tacere la voce che lo chiama; distrae quel desiderio con la soddisfazione di aspirazioni che sono più di altri che sue finché un giorno decide di prendere in mano la propria vita e con coraggio inizia un cammino di discernimento accompagnato da un sacerdote che lo guida e lo sostiene. A 26 anni entra nel Seminario Maggiore di Cagliari per frequentare l’anno propedeutico. Ora frequenta il quarto anno di Teologia insieme a Daniel Deplano, 34 anni, di Sadali.
La vita di Daniel fino a 30 anni circa è segnata dalla vita in famiglia, dallo studio e dai diversi lavori che svolge: taglialegna, cameriere, operatore di call center. Si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza a Cagliari ma dopo due anni si trasferisce alla facoltà di Lettere che abbandona dominato da un’insoddisfazione costante che lo porta a cercare e cercare ancora. Nelle sue preghiere affida la sua vita e la sua ricerca a Dio. A Lui chiede costantemente aiuto, sostegno e qualche buon maestro da incontrare sul suo cammino. Un buon maestro in realtà arriva e per alcuni anni lo aiuta in un percorso di discernimento. Matura la scelta di trascorrere un periodo tra i Frati Cappuccini del Convento di Mores dove trascorre dieci mesi intensi di preghiera, apprendimento, vita comunitaria, lavoro condiviso, esperienza costante di Dio e della sua infinita provvidenza. Per lui è un luogo e un tempo speciale dove rafforza il desiderio e la volontà di rispondere alla chiamata del Signore. Così a 31 anni entra in Seminario dove si prepara per la sua vita futura.
Antonio Carta è il più giovane dei tre. Jerzese, 22 anni, frequenta l’ultimo anno del corso di Laurea in Scienze dell’Educazione e della formazione. Nella sua vita ha sempre sentito la chiamata a servire Dio e i fratelli e il suo impegno è principalmente in Parrocchia. In questi ultimi tempi però la chiamata si fa più forte e insistente da decidere di approfondire il suo percorso spirituale. Compie il cammino dei 10 Comandamenti con i frati francescani di Cagliari, partecipa al Convegno Ecclesiale di Firenze e vari campi scuola. Grazie a queste esperienze profonde e ad incontri con persone speciali medita su quale sia il progetto che Dio ha su di lui e sulla possibilità che la sua chiamata sia ad un ministero ordinato e non solo laicale. Con l’aiuto della preghiera, dei suoi cari e del Vescovo sceglie di fare l’anno propedeutico nel Seminario di Cagliari. E questa è la storia di oggi.
Nelle parole di questi tre giovani c’è l’entusiasmo e la consapevolezza per una scelta non facile, a volte non compresa da amici e familiari, ma che li rende profondamente felici. E a chi li ricorda se il celibato non sia una rinuncia troppo grande loro rispondono che quando si guarda quello che si sceglie con forza non si guarda quello che si lascia. Nei loro propositi c’è la volontà di diventare ed essere sacerdoti di Dio e per tutti gli uomini che incontreranno nella loro vita. Non li spaventa la necessità indiscutibile di essere coerenti, nella vita e nelle opere, con l’annuncio del messaggio cristiano. Federico mi dice che si può testimoniare Cristo solo con l’esempio e la gioia. «Dobbiamo essere noi i primi testimoni dell’amore e della carità» aggiunge Daniel. «Stare chiusi in sagrestia non può essere e non sarà, se Dio vorrà, il nostro modo di vivere il Sacerdozio. Siamo chiamati a spendere la nostra vita a servizio degli altri, degli ultimi, dei più lontani dalla Chiesa. E siamo consapevoli che questo implicherà difficoltà, cadute, responsabilità costanti».
È bello vedere negli occhi di questi ragazzi una luce speciale che parla di un amore incondizionato che potrà portare, dentro la storia, molto frutto.
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