L’incanto del vino
di Tonino Loddo.
È fresco di soddisfazioni, Giacomo Lecca. Sta rientrando dal Meetforum (Mediterranean European Economic Tourism), uno tra i più importanti eventi sul turismo nel’area del Mediterraneo, dove alla cena di gala hanno servito i vini della sua Azienda. Complimenti a manetta e incontri con i principali esperti del turismo internazionale. E pensare che ancora sei anni fa le uve prodotte nei sei ettari di vigneto che la sua famiglia possiede nelle morbide colline di Loceri, venivano conferite alla Cantina Sociale di Tortolì con proventi che quando consentivano di rifarsi della spese sostenute era già un successo! «Babbo, continuare così è inutile; perché non ce lo facciamo noi, il vino?». Così aveva esordito, nei giorni successivi all’esame di maturità, rivolto al padre Gianfranco. Sul futuro suo e su quello di suo fratello Cosimo di poco più grande, per la verità, in casa avevano idee diverse: avrebbero dovuto portare avanti l’avviato studio professionale materno o, quantomeno, gestire il camping sulla costa; scambiare un tavolo da disegno o il mare con il lavoro agricolo, sembrava un vero e proprio inutile azzardo! Nulla da fare. Giacomo aveva deciso. E senza perder tempo inizia a frequentare con profitto un corso postdiploma di Tecnico per la trasformazione enologica, per subito buttarsi a capofitto nel lavoro in Azienda.
I fatti gli daranno ragione. Il primo anno prova con 6.000 bottiglie. Vanno letteralmente a ruba. Nel 2012 già si arriva a 20.000. Oggi la produzione è stabilmente attestata intorno alle 60.000 bottiglie. Mai un invenduto. Fatturato, rispetto ai tempo in cui si conferiva l’uva alla Cantina Sociale, praticamente decuplicato. «Non c’è da diventare paperoni, ma si produce abbastanza da poterci vivere discretamente», ammette con qualche soddisfazione. Ora anche Cosimo ha deciso di lavorare in Azienda occupandosi del commerciale e delle consegne. Naturalmente, papà Gianfranco è sempre lì a consigliare e incoraggiare. Giacomo, sorridendo, lo chiama il supervisore!
Il segreto? Spiega con calma, da vero esperto. Innanzitutto il vitigno. «Nelle nostre vigne c’è il vero cannonau», dice con orgoglio. Quando suo padre aveva impiantato il vigneto, infatti, era stato molto attento a utilizzare solo cloni di cannonau provenienti direttamente dagli antichi vigneti di Loceri e dei paesi vicini; una scelta che conferisce al vino il caratteristico colore rosso rubino che – grazie all’invecchiamento – vira poi verso decise sfumature granate e, soprattutto, gli dona quei particolari profumi floreali che si trasformano col tempo in caldi sentori di rose e viole passite che sono alla base del suo tipico gusto armonico e di buon struttura.
Il cannonau rappresenta circa il 70% dei vigneti; il rimanente 30% è costituito da bovale sardo («produce pochissimo, ma è pieno di profumi»), monica («c’è sempre stata in Ogliastra») e vermentino, con residui di malvasia nera e cabernet. Nascono da queste uve, il re dell’Azienda, il Luceres, rosso IGT, 14,00-14,50 % vol., ottenuto dalla vinificazione in rosso di cannonau, cabernet e bovale che subisce un piccolo affinamento in legno di rovere; un vino dal profumo fruttato, delicato con note speziate di vaniglia, che è particolarmente adatto per antipasti di terra, brasati di carne e arrosti. Poi c’è lo Stilaj, cannonau DOC, dal caratteristico sapore reso gradevole da una spiccata morbidezza. Ed infine Ostuni, un prezioso monica DOC; Sirtanas, un delicato vermentino DOC; Villa Lucheria, un bianco IGT e Praidas, ottenuto dalla selezione di uve monica, vinificate in rosso.
Il mercato è prevalentemente sardo (90%) con puntate a Roma e nel Nord Italia e Londra. La ricerca costante della qualità del prodotto e la non elevatissima produzione rendono i vini prodotti da questa Azienda non interessanti per l’estero: «servirebbero grandi quantità che non siamo in grado di produrre», spiega Giacomo, così come non c’è alcun interesse neppure per la grande distribuzione («ci si accorge facilmente dal fatto che nelle nostre etichette manca il codice a barre»). «A noi va bene così», confessa, aggiungendo che non hanno mai avuto giacenze di prodotto. Ci sarà qualche difficoltà? «Beh, la più importante è la solitudine: noi facciamo tutto da soli, dalla produzione alla commercializzazione e, spesso, perfino alla consegna. Il nostro prodotto non è appetibile per gli agenti di commercio che vivono sulle grandi quantità». Ma ripete che per ora va bene così. Domani? Si vedrà. Bisognerà capire se esistono termini per lavorare ad un consorzio di produttori. Ma già così la soddisfazione è al massimo: «Facciamo un vino pregiato che ci sta ripagando di tutte le cure che mettiamo nel produrlo».
E in questi pochi anni di attività neppure sono mancati i riconoscimenti. Dal 2014 al Concorso Enologico Nazionale per vini DOC e DOCG Premio Douja d’Or cui partecipano mediamente 1700 vini, Ostuni e Sirtanas ottengono puntualmente la medaglia d’oro. E d’oro sono ancora le medaglie di Luceres, Stilaj e Sirtanas all’edizione 2016 del celebre Concorso Enologico Nazionale di Pramaggiore, in Veneto. Riconoscimenti preziosi e di cui andar giustamente fieri. «Ma noi siamo soprattutto fieri del riconoscimento che ci viene ogni giorno dai nostri clienti».
In vista c’è un’altra produzione tipicamente ogliastrina: l’olio. Ormai i 15 ettari di ulivi messi a dimora nel corso degli ultimi vent’anni stanno arrivando ad una buona maturazione. Ed anche in quel campo si cimenteranno Giacomo e i suoi familiari. La sfida continua.
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